Quattordici inquadrature con macchina da presa fissa per seguire la storia di una 14enne cresimanda che vive una quotidianità apparentemente normale in un paese del sud della Germania. La fede della Fraternità di San Paolo la vuole “soldato di Cristo” per stanare il diavolo nei brani musicali, nella cioccolata e nelle attenzioni dei compagni, ma il delirio dogmatico finisce in tragedia
La gabbia della fede estrema. Pesantissima, impenetrabile, gigantesca. A Maria (Lea Van Acken), 14 anni, prossima cresimanda, protagonista di Kreuzweg – nelle sale italiane distribuito da Satine Film – tocca viverla così. Niente brani musicali perché satanici, nessun contatto o pensiero impuro, e nemmeno una barretta di cioccolato o una tazza di tè. Tutto può essere peccato, e tutto può essere sacrificato a Dio.
La ragazzina longilinea e innocente vive una quotidianità apparentemente normalissima in una piccola città del sud della Germania con una madre che si fa chiamare tutrice, il padre silente, una ragazza alla pari francese che guarda caso si chiama Bernadette, e tre fratellini di cui il più piccino con una sorta di inabilità a parlare. La ragazzina oltre ad una scuola “normale” frequentata la mattina vive costantemente gomito a gomito con padre Weber, bel giovanotto della cinematograficamente fittizia Fraternità di San Paolo che però si ispira alla vera tedesca Fraternità di San Pio X. Una comunità spirituale che rifiuta tutte le riforme redatte dalla Chiesa cattolica a partire dal 1960 e diffonde una fede molto rigorosa, la stessa che si presume sia stata insegnata identica da secoli.
Un sistema chiaro e semplice, dove il pensiero radicale non lascia il minimo spazio alla crescita individuale e alla realizzazione personale. L’indottrinamento subito da Maria al catechismo più che conoscenza, sapere o fede, sembra però la preparazione ad una possibile clausura. Dolorosa, faticosa, incomprensibile la dottrina viene compressa a forza nella mente della ragazzina costretta così a non poter più andare nemmeno al coro dove non si suona Marilyn Manson ma Bach e i canti gregoriani. Lì c’è anche il compagno di scuola Christian che vorrebbe diventare il suo fidanzatino. Invece nulla: per Maria non esiste una laica e grama consolazione della carne. Vanità e piacere sono peccati mortali. Lei è programmata, sì perché non esiste altro termine se non quello che si può usare con un cyborg tutto crocifisso e chiodi del martirio, per essere un “soldato di Gesù Cristo“. Così tra i compagni di classe che la prendono in giro, la cancellazione della vita sociale e la totale diffidenza verso ogni tipo di distrazione materiale, la ragazzina deperisce, si ammala, finisce in ospedale, non prima di aver ricordato la promessa fatta a Dio: la sua vita al posto della guarigione del fratello. E ci sarà perfino qualcuno, in famiglia, che griderà al miracolo.
Raccontato in quattordici inquadrature con macchina da presa fissa, solo un paio i movimenti a carrellare verso destra nella sequenza della cresima e verso l’alto nella sequenza della sepoltura, Kreuzweg diretto dal tedesco Dietrich Bruggemann è la metaforica via crucis (Kreuzweg è la traduzione letterale, ndr) di Maria che viene illustrata ad inizio di ogni capitolo/inquadratura con un pannello nero in cui vengono titolati gli ultimi attimi di vita di Gesù fino alla morte sulla croce e alla tomba. La messa in scena con questa sua fissità nel punto di vista, e la totale mancanza di montaggio interno alle singole sequenze, non fa sconti al gorgo progressivo dell’autoannullarsi della protagonista. Un film che tutto sommato più che alla follia dell’estremizzazione di un credo sembra quasi essere più rivolto, come fosse una cartina tornasole, a quei cristiani della messa domenicale da una comparsata in chiesa e via. “Mentre nel secolo scorso eravamo portati a credere che la religione fosse divenuta più o meno irrilevante, oggi vediamo l’opposto ovunque: la diffusione dei Cristiani Evangelici in America, la costante presenza nei media dei militanti islamici”, ha spiegato Bruggemann nel presentare il film all’ultimo Festival di Berlino dove ha vinto un premio per la meglio sceneggiatura.
“La Fraternità di San Pio X che ha fornito l’ispirazione per la Fraternità sacerdotale di San Paolo nel film, se viene paragonata ad altre confraternite non è un movimento di massa, però ha i suoi seguaci. E lungi dall’essere ai margini del cattolicesimo, è praticamente al centro della Chiesa. Secondo questa confraternita, la Chiesa stessa si è auto-censurata e solo la Fraternità di San Pio X è rimasta fedele al vero nucleo della fede. La loro posizione radicale pone qualche domanda piuttosto scomoda alla Madre Chiesa: quanto sei seria? Stai diffondendo la fede con impegno e coerenza o sei una sorta di moderna boutique di società di servizi che in realtà non interessa più a nessuno?”.