Scusi Presidente Renzi, francamente non riesco proprio a capire cosa ci trovi di così divertente in una legge di Stabilità che taglia circa 17 miliardi di euro alle Regioni per i prossimi tre anni. Cos’è che la fa sorridere, se anche molti rappresentanti istituzionali, anche del suo partito, si preoccupano per come tutto questo si tradurrà in termini di sostenibilità per i bilanci delle Regioni e chiedono subito un incontro con Lei?
C’è poco da divertirsi, Presidente Renzi, perché una serie di documenti lasciati agli atti del Parlamento dalle Regioni mettono nero su bianco come nel triennio 2016-2018 i tagli imposti nei loro confronti aumenteranno di circa l’ottanta per cento, con tutte le conseguenze nefaste che possiamo immaginare.
Per il patto per la salute 2014-2016, lo si è detto in tutte le salse, si prevedevano per l’anno 2016 oltre 115 miliardi di euro, ma con le ultime leggi di Stabilità il finanziamento è sceso a 111 miliardi e l’aumento previsto per il prossimo anno, grasso che cola, se raggiunge un miliardo, senza contare che il settore sanità ha già assicurato negli scorsi anni un contributo al risanamento dei conti pubblici di 12,5 miliardi di euro.
Ora ci mancava pure un altro taglio di 72 milioni di euro sul Fondo Nazionale Trasporti che fa capo a un settore che già versa in condizioni allucinanti.
E Lei si diverte? Io proprio no. Direi proprio di no. Magari si faccia un giretto sui mezzi pubblici qui a Roma e poi magari se ne renderà conto. Poi dico Roma tanto per dire, è chiaro, dove avete mandato il vostro esperto senatore sul Tav, ma si potrebbero fare anche altri esempi di altre bellissime città.
Ma veniamo a noi.
La dotazione del Fondo Nazionale Trasporti, istituito dalla legge di Stabilità 2013 (di circa 4.929 milioni di euro annui a decorrere dal 2013) – se ne discute da tempo in Parlamento, lo sa tutto l’universo mondo e vine ribadito dalle Regioni – non riesce a garantire in alcun modo il pieno ristoro delle risorse del settore rispetto ai tagli operati negli ultimi anni perché è insufficiente per far fronte, oltre agli oneri derivanti dai contratti di servizio in essere, anche alle spese per il rinnovo del materiale rotabile ferro/gomma, per la manutenzione straordinaria delle infrastrutture, per l’innovazione tecnologica e per il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro. Perché, per garantire un ristoro completo rispetto alle decurtazioni precedenti, la dotazione del Fondo dovrebbe essere elevata da 4.929 milioni di euro a 6.330 milioni di euro.
Con la nuova legge di Stabilità 2016, peraltro, si introduce questo nuovo Fondo per l’acquisto di autobus dove le risorse verrebbero di fatto “centralizzate” dallo Stato, ma le Regioni già temono che l’operazione si riveli un disastro, perché cambierebbero di punto in bianco le regole del decreto dei riparto dei finanziamenti per gli anni 2015-2019 e si metterebbe a repentaglio la programmazione già effettuata. Ma che cos’è? Un nuovo modo per incasinarci ancora di più? Possibile che non ci sia mai un minimo di politica di accompagnamento in tutto quello che fate?
Poi ti accorgi che in giro per l’Italia si promuove la sharing economy, la mobilità condivisa, anche con interessanti progetti che, per carità, possono risultare utilissimi soprattutto in alcune realtà cittadine, ma quello che dovrebbe essere alla base di una seria politica pubblica dei trasporti e cioè l’efficentamento e il finanziamento del trasporto pubblico locale in senso stretto non si fa, non ci sono soldi neanche per valorizzare qualsiasi altra forma di mobilità innovativa, visto che non è stato neanche ricostituito il Fondo per la mobilità sostenibile introdotto a suo tempo da Prodi, e guai poi a ripristinare le agevolazioni fiscali per gli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, tanto si sa, i pendolari non contano nulla per questo governo.
Così è e si continua ad andare avanti con queste politiche sui trasporti concepite al ribasso, con il rischio concreto di svendere o cancellare servizi essenziali per le persone. Per neutralizzare le disparità sociali e offrire una mobilità decente anche a quei cittadini non abbienti, ma paganti, perché pagano le tasse, che non sempre possono permettersi di sostenere i costi della mobilità privata per andare a scuola, a lavoro, in ospedale e godere di un sistema di trasporto pubblico concretamente accessibile che gli consenta di gestire in modo dignitoso gli aspetti essenziali della propria vita.