Il copione è spesso simile: benzina, fuoco e via. In altri casi si utilizzano bombe carta per incendiare e distruggere le serrande dei locali di quartiere. In altri casi ancora le fiamme avvolgono le auto dei boss. Succede tutto in poco più di un anno. E sempre nelle stesse strade. Zona nord di Milano, quartiere di Bruzzano, periferia dura e difficile per anni fortino del crimine organizzato. Ai tempi del far west metropolitano e di gangster in doppio petto come Pepè Flachi. Odore di ‘ndrangheta allora, identici sospetti oggi, dopo le indagini della procura che, sentenza dopo sentenza, hanno azzerato vertici e livelli direttivi. Tutti dentro, dunque?
In attesa di una risposta a parlare è la cronaca. Dal gennaio 2014 a oggi. O meglio ieri, poco prima di mezzanotte, quando “ignoti” (frase ripetuta come un mantra) hanno dato fuoco alla serranda del mini-market indiano Jasmina. Aperto da pochi giorni e subito annerito. Danni lievi, in realtà. Ciò che conta è il gesto. Su Facebook lo denuncia subito l’assessore alla Sicurezza Marco Granelli: “Ieri sera a Bruzzano incendio ad un negozio etnico che aveva appena aperto in via Marchionni 12. Due settimane fa stessa via al n. 3 incendio simile a una panetteria attiva da molti anni. Un anno fa incendio più ampio al bar della stazione dello stesso quartiere in via Oroboni 11”.
In via Marchionni intervengono le volanti del commissariato Greco-Turro. Nessun testimone. Il fatto, come prassi per tutti gli incendi dolosi, viene comunicato alla Direzione distrettuale antimafia. Fatto, che come spiega Granelli, non è isolato. Il 20 ottobre 2015, nella stessa via, va a fuoco la serranda di una nota panetteria della zona gestita da Nino Lampugnano. Anche qui stesso copione: benzina, fuoco e la serranda s’infiamma. Nino, che oltre al panettiere, è attivo in politica con la casacca del Movimento cinque stelle su Facebook, scrive: “Sono pieno di rabbia ma io non mollo”. Lui in quel locale ci sta in affitto, i muri sono di proprietà di una cooperativa. Due atti incendiari in poche settimane. “Siamo tutti molto preoccupati– spiega Beatrice Uguccioni presidente del consiglio di zona 9 – , a Bruzzano ci ho vissuto per oltre 30 anni e ricordo molti locali che andavano a fuoco, ora dopo questi due episodi ho già parlato con il presidente della commissione antimafia del comune David Gentili e anche con Nando Dalla Chiesa”.
Dal canto suo Gentili promette di “mantenere alta l’attenzione in quel quartiere”. Lo stesso dove andò a fuoco il Centro sportivo Iseo, infiltrato, si seppe dopo, dalla ‘ndrangheta dei Flachi. Dopo quella inchiesta (era il 2011), su Bruzzano è arrivata una sola segnalazione. “Si tratta – spiega Gentili – di un locale aperto da poco e dove lavora il figlio di un noto boss”. Segnalazioni, sospetti, ma poche certezze. Ripartiamo allora dall’incendio di ieri e dalla strada: via Marchionni dove la notte di capodanno del 2014 qualcuno, utilizzando bombe carta, distrusse le serrande della caffetteria Marchionni. Prima di andarsene i “bombaroli” lasciarono sul muro una scritta: “Buon 2014”. La caffetteria, che negli anni Ottanta era luogo di ritrovo di balordi legati al crimine organizzato, si scoprì essere stata trasformata dai nuovi titolari in un locale No-slot.
Pochi mesi dopo, il primo ottobre 2014, le fiamme divampano ancora. Sempre a Bruzzano, in via Oroboni accanto alla stazione. L’incendio è grosso e devasta un bar gestito da cinesi. Il primo marzo 2015, invece, ad andare a fuoco è una macchina, una Renault Megane. Bruciata sempre in via Oroboni a due passi da via del Danubio, case popolari trasformate in fortino criminale. L’auto bruciata è intestata a una donna. In realtà, chiarirà la polizia, è usata abitualmente da Rocco Agostino Pompeo di Isola Capo Rizzuto, una storia criminale tutta lombarda, prima sotto il cappello di Epaminonda e poi in proprio. In realtà, raccontano le carte, il ruolo di capo Agostino lo eredita dal fratello Domenico più giovane di lui e oggi, racconta radio quartiere, persona totalmente riabilitata e totalmente fuori da ogni traffico illecito. Già perché, sempre radio quartiere, spiega che non sui vecchi ma sui giovani (“quasi tutti nipoti e figli di…”) bisogna puntare oggi per comprendere i fuochi di Bruzzano.