Nel giorno in cui la Corte dei Conti muove i suoi rilevi sulla legge di Stabilità (“Per finanziare uscite governo lascia nodi irrisolti e riduce protezione dei conti pubblici”, la sostanza delle critiche mosse dai giudici contabili), il governo rimette sul piatto l’antico tema degli statali che non lavorano. “Un dipendente pubblico che dice che va a lavorare e poi non ci va, deve essere licenziato“. Lo ha detto il ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia intervenendo alla presentazione del Rapporto Rete Imprese Italia-Cer sulla burocrazia, in riferimento alle “recenti cronache”, in primis riconducibili al caso del comune di Sanremo, dove 35 dipendenti sono stati arrestati per assenteismo. Anche se, ha poi aggiunto, “non è vero che tutti i dipendenti Pubblica amministrazione siano fannulloni“. Il ministro ha quindi invitato a “superare i luoghi comuni” sui lavoratori pubblici, ma alzando la guardia verso eventuali comportamenti sistematici di false presenze sul luogo di lavoro.
Presentata dal ministro come fosse una novità assoluta, la possibilità di licenziare è già prevista dalla legge firmata dalla stessa Marianna Madia, secondo cui un’azione disciplinare non potrà essere più conclusa con un nulla di fatto, ma dovrà essere portata a termine entro 100 giorni senza escludere il licenziamento (resta però la tutela dell’articolo 18, ovvero l’ipotesi del reintegro). Ma per trovare piena applicazione il testo, approvato in via definitiva alla Camera il 17 luglio, necessita di decreti attuativi che – pur annunciati dal ministro la scorsa estate – non hanno ancora visto la luce.
La possibilità del licenziamento era tuttavia già prevista dal sistema sanzionatorio contenuto nella riforma firmata da Renato Brunetta, ministro che peraltro coniò l’espressione “fannulloni” riferita ai dipendenti pubblici: tra le fattispecie individuate per l’interruzione del rapporto di lavoro dal testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale alla fine dell’ottobre 2009, c’è anche il ripetersi di assenze ingiustificate.