E’ crisi nel governo della città metropolitana di Bologna, la prima a meno di un anno dalla sua nascita. Il vicesindaco Daniele Manca (Pd) – che occupa anche la poltrona di primo cittadino di Imola – ha annunciato le dimissioni. A provocare lo scontro, all’interno della giunta, la cosiddetta “colata di Imola”. Dopo il terremoto nel Pd, causato dalle presunte minacce al sindaco Isabella Conti che ha bloccato la “colata di Idice” a San Lazzaro di Savena (Bologna), a far litigare gli amministratori dem è dunque ancora una volta il piano edilizio.

Il Psc di Imola prevede di trasformare ad uso edilizio 18.500 metri quadri nelle colline che attualmente sono destinati ad uso agricolo. Manca, fedelissimo di Virginio Merola, sindaco della città metropolitana (e di Bologna), è a favore della colata mentre, a dire “no” all’edificazione imolese, è stato proprio la Conti, che oltre a essere primo cittadino è anche assessore delegato alla Pianificazione territoriale nella nuova istituzione. Conti, dopo aver ricevuto un report negativo dal settore Pianificazione di Palazzo Malvezzi, ha deciso di dare parere contrario alla realizzazione dell’opera. Un atto necessario per bloccare, prima della scadenza di domani, un progetto che altrimenti verrebbe approvato dalla giunta metropolitana con la formula del “silenzio-assenso”. Gli uffici della città metropolitana nella loro relazione hanno spiegato che: “I Comuni sono tenuti a stabilire una disciplina urbanistica che salvaguardi le valenze paesaggistiche di queste zone. Perciò quelle aree vanno preferibilmente conservate all’uso agricolo e quindi si chiede di eliminare l’ambito di nuovo insediamento”.

Il sindaco di Bologna, a cui spetta il parere finale sulla questione, ha deciso di appoggiare la linea contro la cementificazione, provocando un terremoto in giunta e le dimissioni di Manca che ora attacca sia Conti che Merola. “Ho restituito il mandato – spiega – perché sono venute meno le condizioni di fiducia” e perché “la Città metropolitana ha dimostrato tutta la sua debolezza”. Manca punta il dito contro Conti, accusandola di protagonismo. Il problema “non è il merito di quel progetto, il cui stralcio mi va benissimo – spiega -, ma il metodo. E’ stata usata questa vicenda per avere visibilità e per riproporre un conflitto tra sviluppo e consumo del territorio che non andava aperto e non volevo aprire. Ognuno faccia il sindaco nel proprio Comune”. Lapidaria la replica di Conti: “Io sono portata a guardare gli atti. Su questi mi baso, sui contenuti. Il resto non mi interessa”.

Manca se la prende anche con Merola. “Qui non va bene niente – attacca – non emerge l’indirizzo strategico della Città metropolitana e mancano guida e collegialità”. “Questa vicenda – sottolinea – ha messo in luce la debolezza della Città metropolitana che dovrebbe essere una federazione di territori e non un crogiuolo di persone che lottano per la propria visibilità”. Merola replica, gelido, a stretto giro: “Oggi ho approvato i provvedimenti relativi al Psc di Imola, tranne l’ambito non compatibile con gli indirizzi del Ptcp che non permettono edificazioni. Dunque una guida c’è, anche se in questo caso non rispondente ai desiderata di un Comune”.

Il progetto edilizio di Imola risale al 2007. Riguarda 18.500 metri quadri nelle colline di Imola, all’altezza di via Roncaglie, da cui il Psc imolese vorrebbe ricavare 180 alloggi nel giro di 15 anni. Inizialmente si pensava di realizzare 327 appartamenti ma, dopo i primi rilievi dei tecnici metropolitani, il numero è sceso a 180. Prima della bocciatura degli uffici della città metropolitana, due settimane fa, la realizzazione di nuovi appartamenti era infatti già stata respinta dal Pgtp (il Piano territoriale di coordinamento provinciale). Il progetto, inoltre, è da tempo fortemente osteggiato dagli ambientalisti del forum “Salviamo il Paesaggio”.

Il duro scontro all’interno alla giunta metropolitana ripropone in modo evidente il tema della fragilità della legittimazione della città metropolitana. L’istituzione è guidata da un sindaco non eletto dai cittadini della provincia bolognese che decide, però, sul loro futuro. La legge attualmente prevede che il sindaco dell’istituzione sia necessariamente quello del capoluogo. “Bisogna assolutamente modificare la norma – dicono dal Pd, dove serpeggia l’amarezza per l’ennesima lite interna –. Devono essere i cittadini a eleggere il sindaco. Altrimenti si ripresenterà sempre il problema della sua legittimazione a decidere su tutto il territorio”.

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