Nuovo fronte giudiziario, è la prima inchiesta dell'Aif che non riguarda ecclesiastici o organizzazioni della Chiesa. Indagini su 4 conti correnti del manager. Intanto fascicolo chiuso sull'ex direttore generale e sul suo vice dell'Istituto per le opere religiose
Un riciclaggio di denaro per il quale è stata utilizzata l’Apsa, cioè l’ente che gestisce il patrimonio della Santa Sede. E’ l’accusa mossa dal promotore di giustizia del tribunale della Città del Vaticano nei confronti del banchiere Gianpietro Nattino, presidente di Banca Finnat Euramerica, con sede a Roma a piazza del Gesù con filiali anche a Milano e Novi Ligure. E’ un nuovo fronte giudiziario e una nuova partita per la trasparenza finanziaria che il Vaticano apre nei giorni della bufera del secondo Vatileaks (anche se non ha nulla a che vedere con la fuga di documenti e di notizie”. Le indagini sono iniziate a febbraio e riguardano operazioni di compravendita di titoli e transazioni. L’inchiesta, condotta dal procuratore Gian Piero Milano, verte sulla verifica di ipotesi di riciclaggio di denaro, abuso di informazioni privilegiate e manipolazione di mercato in relazione ai conti di Nattino. E riguarda anche personale interno dell’Apsa.
La Procura, ha aggiunto il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi “ha richiesto la collaborazione dell’Autorità giudiziaria italiana e svizzera mediante lettere rogatorie inoltrate per vie diplomatiche il 7 agosto 2015”. Non è escluso dunque che anche le autorità giudiziarie italiane stiano indagando sul caso. Il nome di Nattino era emerso in un rapporto di “investigatori del Vaticano”, pubblicato dal sito di Reuters, relativo ad “eventuale riciclaggio di denaro, insider trading e manipolazione del mercato” in cui sarebbe stata utilizzata l’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica che gestisce finanze ed immobili d’Oltretevere. “Ribadisco – ha detto Nattino – di aver sempre operato nel pieno rispetto delle normative in vigore, con la massima trasparenza e correttezza. Sono ovviamente a disposizione delle Autorità competenti per fornire ogni chiarimento”. Si tratta della prima inchiesta dell’Aif che viene resa nota pubblicamente e che non riguarda ecclesiastici o organizzazioni della Chiesa. L’unico caso arrivato finora allo scoperto aveva riguardato monsignor Nunzio Scarano, funzionario dell’Apsa, sotto processo in Italia per operazioni sospette realizzate tramite lo Ior.
Il rapporto di 33 pagine che interessa Nattino, invece, riguarda operazioni di una persona estranea al Vaticano (anche se il banchiere era addetto di Anticamera del Papa), e sospetta che l’Apsa sia stata utilizzata da persone estranee alla Santa Sede, con eventuale complicità di personale Apsa, in violazione dei propri regolamenti. Secondo il rapporto citato da Reuters, gli investigatori del Vaticano sospettano che Nattino abbia utilizzato conti Apsa per transazioni personali sul mercato azionario italiano, con un saldo di oltre due milioni di euro spostato in Svizzera nel momento in cui i conti erano stati chiusi, alcuni giorni prima che il Vaticano introducesse regole più severe contro il riciclaggio che comportano maggiori controlli sui trasferimenti di denaro.
Nattino, secondo le indiscrezioni sul rapporto, dal 22 maggio del 2000 al 29 marzo del 2011 è stato titolare della “Rubrica 339“, che consisteva di quattro distinti conti. Il rapporto parla di “dubbia origine e dubbia destinazione finale dei fondi alla chiusura della rubrica 339” e si chiede, in primo luogo, perché a Nattino fosse consentito di avere conti in Apsa, con una apparente violazione delle regolamento del dipartimento. Questo regolamento, pubblicato nel sito web del Vaticano e citato nel rapporto, dice che il dipartimento può svolgere operazioni finanziarie per singole persone solo “eccezionalmente” e solo dopo previa autorizzazione del cardinale presidente.
I pm: “Lo Ior ha operato per 40 anni senza autorizzazioni”
La notizia arriva nello stesso giorno in cui la procura di Roma – che si appresta a notificare avvisi di chiusura indagine all’ex direttore generale Paolo Cipriani ed al suo vice Massimo Tulli – ha accertato che per 40 anni, cioè fino al 2011, lo Ior ha operato in Italia senza essere autorizzato. Sia Cipriani che Tulli rischiano ora di finire sotto processo. Abusiva attività di raccolta del risparmio, abusiva attività bancaria e abusiva attività finanziaria le violazioni contestate agli indagati dal pm Stefano Rocco Fava. Per i predecessori di Cipriani e Tulli i fatti sono prescritti.
Dagli accertamenti è emerso che l’Istituto per le opere di religione ha svolto attività di banca, fino a quando Bankitalia ha imposto agli istituti di credito di considerarlo alla stregua di una banca extracomunitaria (2011), senza alcuna autorizzazione da parte di palazzo Koch. Lo Ior, secondo piazzale Clodio, avrebbe agito attraverso conti aperti in 11 istituti di credito. Dopo il diktat di Bankitalia, lo Ior trasferì gran parte delle proprie attività finanziere in Germania.