L'ex rappresentante del Partito democratico in una nota se la prende con il presidente del Consiglio e allude ai suoi rapporti con una persona di cui non fa il nome ma che potrebbe "rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo"
“Renzi sa che io so”. In una nota il senatore Corradino Mineo attacca il segretario Pd e presidente del Consiglio. Il giornalista ha lasciato il partito in polemica con la linea renziana e ora, dopo i vari botta e risposta, torna con dichiarazioni che fanno riferimento in modo confuso a notizie di cui sarebbe a conoscenza e che non può (o vuole) rivelare: “Renzi non si fa scrupoli, rivela conversazioni private, infanga per paura di essere infangato. E sa che io so. So quanto si senta insicuro quando non si muove sul terreno che meglio conosce, quello della politica contingente. So quanto possa sentirsi subalterno a una donna bella e decisa. Fino al punto di rimettere in questione il suo stesso ruolo al governo. Io so, ma non rivelo i dettagli di conversazioni private. Non mi chiamo Renzi, non frequento Verdini, non sono nato a Rignano“. Mineo allude a una donna che sarebbe a fianco dell’ex segretario e che avrebbe, sempre secondo le parole del senatore, un’influenza sulle sue scelte.
Nella nota il giornalista risponde poi alle critiche che lui voglia restare attaccato alla poltrona: “A differenza forse di qualcun altro”, si legge, “io non ne ho bisogno. Ho lavorato per 40 anni, salendo passo dopo passo il cursus honorum, da giornalista fino a direttore. Probabilmente ho ancora ‘mercato’, potrei tornare a fare quello che ho dimostrato di saper fare. Non ora, perché ho preso un impegno accettando la candidatura che Bersani mi propose nel 2013, e lo manterrò, quell’impegno, in barba a chi vorrebbe ‘asfaltare’ il dissenso”. Mineo è stato “liquidato” dal capogruppo Luigi Zanda con la frase “non ha stile” in riferimento al suo modo di opporsi alle decisioni della maggioranza del partito: “Diciamo che Matteo Renzi”, dice ora il senatore, “non ha stile. Non ho mai manifestato l’intenzione di dimettermi dal Senato, se non in un sms che mandai proprio a lui, disgustato dall’attacco volgare e strumentale che mi aveva mosso davanti all’assemblea Pd, dopo la vittoria alle Europee. Fu poi Cuperlo a riprendermi per i capelli e spiegarmi che la politica, ahimè, è anche questo, scorrettezza cialtrona, e che bisogna saper resistere. Grasso mi ricordò che avevo un mandato da onorare”.
Il senatore chiude la nota con un riferimento a quando litigò con il presidente del Consiglio perché lo aveva definito “un bambino autistico”: “E’ stato Renzi a strumentalizzare i bambini autistici nel modo più squallido per ‘spianarmi’. Li ha usati per strappare un applauso in assemblea e non ha fatto poi seguire un solo provvedimento per andare incontro alle tante famiglie in difficoltà. I fatti hanno la testa dura”.