I tecnici nominati del pubblico ministero Morena Plazzi, che indaga sulla frana causata dai lavori per la grande opera, hanno depositato una seconda consulenza sulla vicenda del paesino di Ripoli, nell'appennnino bolognese
Durante le fasi di progettazione prima dell’inizio degli scavi “non si è mai avuto percezione di situazioni critiche legate alla presenza di frane attive” nella zona di Ripoli Santa Maria Maddalena e “non si è valutata la possibile interferenza tra lo scavo e i movimenti del versante”. I tecnici nominati del pubblico ministero della Procura di Bologna Morena Plazzi, che indaga sulla frana causata dai lavori per la Variante di valico, hanno depositato una seconda consulenza sulla vicenda del paesino di Ripoli, nell’appennnino bolognese. Lo studio era stato conferito nell’ambito dei nuovi approfondimenti disposti dal giudice per le indagini preliminari Andrea Scarpa, che a gennaio 2015 aveva rigettato la richiesta di archiviazione dell’inchiesta per frana colposa, a carico di ignoti. Ma ancora una volta, nonostante l’esplicita richiesta del gip, dalla lunga relazione sembrano non emergere nomi di responsabili per la progettazione di un’opera che aveva portato la terra a muoversi.
Dopo il rigetto della archiviazione, la Procura aveva immediatamente chiesto una nuova consulenza tecnica. Il lavoro – firmato dall’esperto di gallerie, Paolo Berry dell’Università di Bologna, lo stesso che aveva redatto una prima consulenza poi sfociata, appunto, in una richiesta di archiviazione – doveva focalizzarsi sull’analisi della progettazione dell’opera, culminata nel progetto definitivo datato 2004 e nel progetto esecutivo datato 2008: quanto emerge è che “fin dalle prime fasi della progettazione si è considerata la presenza di frane lungo il tracciato, ma per nessuna di esse è stata indicata la presenza di movimenti attivi”. Insomma chi doveva costruire l’opera (la società Autostrade per l’Italia, prima pubblica oggi privata, e i diversi appaltatori) non aveva messo in conto che ci sarebbero stati problemi di questo tipo, e allo stesso tempo gli stessi enti pubblici coinvolti “non hanno mai manifestato perplessità sul tracciato e sulla fattibilità dell’opera”.
Nella lunga relazione però non vengono mai individuati i responsabili. Il consulente infatti giustifica tutti gli attori della vicenda: le cartografie geologiche, cioè le mappe che indicano le frane sui territori, non avevano evidenziato fino a dopo l’inizio degli scavi nel 2008 la presenza di frane attive. Infine con l’avvio dei lavori, ricostruisce lo studio di Berry, l’intero progetto “è stato profondamente modificato” per limitare i problemi in superficie e in galleria e sono stati adottati una serie di aggiustamenti.
La relazione consegnata alla Procura studia anche i dati del monitoraggio sui movimenti della frana di Ripoli Santa Maria Maddalena e delle altre tre grandi frane che caratterizzano il tracciato di quasi 4 chilometri della galleria Val di Sambro. Nonostante il paese continui a muoversi, e con esso parti della vecchia Autostrada del sole che passa a monte, Berry spiega come dopo una accelerazione durante i periodi di scavo (terminati a novembre 2014) ora sia in corso una tendenza alla stabilizzazione delle frane. Inoltre, secondo il consulente della pm ci si è messo pure il meteo: “nel 2013-2014 si sono avuti eventi piovosi che hanno determinato un significativo incremento della velocità di spostamento” delle frane.
L’inchiesta della Procura di Bologna era partita nel 2011 da un esposto di residenti di Ripoli, riuniti nel Comitato Autosole, che dall’inizio dei cantieri hanno avuto danni alle case. Case dalle quali molte famiglie sono state evacuate.