La sharing economy fa gola. Expedia ha annunciato di avere raggiunto un accordo per l’acquisizione di HomeAway al prezzo di 3,9 miliardi di dollari. Specializzata nell’affitto di stanze o case, HomeAway è la rivale di Airbnb, la società leader di questo segmento del mercato turistico che, secondo l’amministratore delegato di Expedia Dara Khosrowshahi, ha un potenziale da cento miliardi di dollari.
L’acquisizione da parte di Expedia può fornire ancora un maggiore sviluppo a Homeaway che dopo avere proceduto all’acquisto di Dwellable, la rivale basata a Seattle, al prezzo di 18 milioni di dollari ha recentemente annunciato il suo sviluppo in Asia dove ha acquistato Travelmob, specializzata nella regione Asia-Pacifico. Contemporaneamente la società ha lanciato 14 nuovi siti locali in Cina, Giappone, India, Indonesia, Corea e altri paesi della regione.
Nel suo sviluppo Homeaway come Airbnb ha dovuto fare fronte alla risposta delle amministrazioni locali che hanno cercato di porre restrizioni all’affitto delle abitazioni per tutelare gli alberghi. Per questo le due società hanno cercato di organizzare i loro host con una strategia che inizia a dare i suoi frutti. In un post pubblicato un paio d’anni fa sul blog di Homeaway si incitavano i proprietari delle case a formare alleanze a livello locale oltre che fra gli host con le società di pulizie e tutti quei soggetti che potevano avere un impatto positivo dallo sviluppo del mercato degli affitti temporanei. Questi gruppi dovevano contrastare l’azione del legislatore fornendo dati sicuri che smentissero le tesi contrarie, creare una presenza online con mail e Facebook per sostenere le proprie ragioni e spiegare alla comunità come le tasse frutto degli affitti avessero un effetto positivo sulla zona. Airbnb è andata oltre dando una patina politica alla sua azione.
Nei giorni scorsi a San Francisco si è svolto un referendum che proponeva di fissare un tetto agli affitti di 75 notti l’anno. La proposta è stata bocciata dal 55% dei votanti e i sostenitori del no hanno potuto usufruire di 8,4 milioni di dollari investiti da Airbnb per la campagna referendaria, otto volte la somma investita da chi ha votato sì. Duemila volontari fra host e utenti del sito hanno parteicpato da volontari alla campagna bussando a 285mila porte. Non contenta, dopo la vittoria, Airbnb ha organizzato un incontro per ribadire le sue ragioni che voleva suonare come un avviso per altre città che avessero tentato di imitare San Francisco cercando di imporre limitazioni alla sua attività.
Così, se da una parte in un’intervista il ceo Brian Chesky tende una mano spiegando che possono essere partner e non avversari degli hotel, dall’altra nell’incontro di San Francisco Chris Lehane, consulente politico ed esperto di comunicazioni della società, soprannominato master of disaster per i suoi metodi spicci nelle campagne elettorali per il Partito Democratico, ha definito l’azione di San Francisco come un attacco alla classe media. Perché, ha ribadito, la vittoria nel referendum è una vittoria della middle class. Nella conferenza stampa ha mostrato le foto di alcune persone che aderiscono alla piattaforma come fossero un blocco elettorale potente che, come i membri di un sindacato, mostreranno alle elezioni la loro forza soprattutto in caso di basse percentuali di votanti, così come è successo a San Francisco.”Ci sarà sempre più gente che affitterà la propria casa – ha concluso -. Questo è ormai un movimento”.