Nel documento del presidente Tito Boeri, che era stato consegnato all'esecutivo a gennaio, c'è anche il reddito minimo di 500 euro per gli over 55. Parte delle risorse dovrebbe arrivare da un taglio degli assegni non giustificati dai contributi versati, compresi quelli "per cariche elettive". Eliminate poi le integrazioni versate ai pensionati che si trasferiscono fuori dall'Ue
Dal “sostegno di inclusione attiva” per gli over 55 all’uscita flessibile dal mondo del lavoro a partire dai 63 anni. Misure che verrebbero finanziate almeno in parte attraverso penalizzazioni sulle pensioni più alte, se non giustificate dai contributi versati. A partire dai vitalizi dei parlamentari, che dovranno essere ricalcolati e “chiamati col loro vero nome: vere e proprie pensioni sottratte alle riforme previdenziali degli ultimi 25 anni”. L’ultimo capitolo dell’operazione trasparenza messa in campo dal presidente dell’Inps Tito Boeri passa per una mossa inedita: l’economista e cofondatore de lavoce.info ha aggirato il governo pubblicando sul proprio sito la proposta di legge in 16 articoli che l’esecutivo ha ricevuto a giugno ma ha deciso di non mettere in pratica, visto che la legge di Stabilità, come evidenziato dall’economista, in questo campo prevede solo “interventi selettivi e parziali”. In serata, fonti di governo hanno fatto sapere che la diffusione della proposta era concordata e non c’è “nessuno scontro” tra Palazzo Chigi e Inps. Il ministero del Lavoro ha poi definito il documento “un contributo utile al dibattito”, salvo sottolineare che le misure “mettono le mani nel portafoglio a milioni di pensionati, con costi sociali non indifferenti e non equi”. Mentre “per non far pagare questi costi ai pensionati servono risorse che, al momento, non ci sono. Si vedrà presto come intervenire in modo organico sul tema, ma senza effetti collaterali”.
Via le integrazioni al minimo per i pensionati che emigrano fuori dall’Ue – Il documento di 69 pagine, che oltre all’articolato contiene le motivazioni e la valutazione di costi ed effetti distributivi di ogni misura, è intitolato Non per cassa ma per equità. E prevede tra il resto il riordino delle prestazioni assistenziali per gli ultra 65enni, una stretta sulle pensioni dei sindacalisti ma anche l’eliminazione delle integrazioni al minimo e maggiorazioni degli assegni versati ai pensionati italiani che risiedono fuori dall’Unione europea. Persone che, ha spiegato Boeri poche settimane fa, hanno già diritto all’assistenza di base nel Paese in cui si sono trasferiti.
Reddito minimo di 500 euro per gli over 55 – Gli obiettivi della proposta? “Abbattere del 50% la povertà” tra i lavoratori senior che non hanno ancora maturato i requisiti per l’assegno, dare più libertà di scelta sull’età di uscita dal lavoro e “aumentare il benessere delle famiglie”, ma anche migliorare la “sostenibilità finanziaria del sistema” e “complessivamente ridurre il debito pubblico”. In ultima analisi, il risultato sarebbe quello di “rendere il sistema previdenziale più equo e dunque anche socialmente più sostenibile”. Non per niente l”articolo 1 prevede l’introduzione di un reddito minimo garantito di 500 euro a regime (400 euro nel 2016 e nel 2017) per le famiglie con almeno un componente ultra cinquantacinquenne. Una famiglia formata da due adulti di cui uno con più di 55 anni e redditi da lavoro complessivi di 500 euro avrebbe per esempio diritto a 250 euro al mese.
Uscita dal lavoro flessibile dai 63 anni. Con pensione più bassa – Per quanto riguarda la flessibilità in uscita, “il principio è che chi va in pensione prima non può avere diritto ad una pensione piena per quanto riguarda la quota retributiva dovendo spalmare questi diritti su molti più mesi di chi va in pensione più tardi”. Dunque “ogni anno in meno di lavoro rispetto all’età normale di pensionamento comporta una riduzione di questi pagamenti mensili”. L’istituto immagina uscite anticipate a 63 anni e sette mesi, con una riduzione dell’assegno che si applica alla sola quota retributiva e che tende ad assottigliarsi nel corso del tempo. Quindi le diminuzioni medie “non eccedono il 10-11% e diminuiscono negli anni”. L’istituto dedica poi un articolo alle ricongiunzioni, prevedendo l’unificazione senza oneri delle pensioni che fanno capo a diverse gestioni previdenziali, a differenza di quanto accade oggi.
Costi a carico di 250mila pensionati “privilegiati”. Compresi ex parlamentari – La proposta nel suo complesso comporta dei costi. Ma l’idea di Boeri è che sostenerli dovranno essere “230.000 famiglie ad alto reddito (appartenenti perlopiù al 10% della popolazione con redditi più alti) che si vedono ridurre trasferimenti assistenziali loro destinati in virtù di una cattiva selettività degli strumenti esistenti” e “250.000 percettori di pensioni elevate, legate in gran parte all’appartenenza a gestioni speciali e non giustificate dai contributi versati durante l’intero arco della vita lavorativa, oltre che più di 4.000 percettori di vitalizi per cariche elettive“. Calcolando che gli ex parlamentari potenzialmente interessati dal provvedimento sono 2.470 e che “il differenziale complessivo tra vitalizio lordo in pagamento 2015 e quello ricalcolato con il sistema contributivo è pari circa a 111,4 milioni di euro”, con il ricalcolo proposto dall’istituto ognuno arriverebbe a perdere negli anni di vita che gli restano una media di 45.101 euro lordi. Quanto ai consiglieri regionali, “i soggetti interessati a fine 2015 sarebbero 1.650 con un differenziale complessivo tra vitalizio lordo 2015 e ricalcolo contributivo di circa 35,2 milioni di euro”, con una perdita media di oltre 21.300 euro.
Tagli anche per gli ex dirigenti sindacali – Ma tagli, oltre che per i politici, arriverebbero anche per tutte le categorie ingiustamente privilegiate da regole più generose che per il resto degli italiani: dai ferrovieri ai piloti di aereo, dai lavoratori del settore elettrico a quelli delle forze armate fino ai componenti delle Autorità indipendenti, come messo in luce dall’Operazione trasparenza avviata nel 2014 dall’istituto. Che sottolinea come “molti fondi speciali” siano “confluiti nell’Inps con bilanci già in rosso e avendo già eroso il loro patrimonio e abbiano così finito per gravare pesantemente sul bilancio dell’Istituto”. Sforbiciata anche per i dirigenti sindacali, che in base alla proposta dell’Inps non potranno più applicare alla contribuzione aggiuntiva “le regole di calcolo più vantaggiose presenti per la gestione pubblica fino al 1992”.