Cleo Li Calzi e Antonio Fiumefreddo lasciano il governo regionale. Il primo rimpiazzato da Antony Barbagallo, deputato Pd della corrente che fa capo a Dario Franceschini; il secondo per far posto alle altre forze politiche rimaste deluse dal rimpasto. Intanto è di nuovo emergenza acqua: il governatore ha fatto sapere di avere già convocato l'esecutico allo scopo di dichirarare lo stato di calamità naturale per la crisi idrica di Messina
Il quarto governo a tre anni dalle elezioni e subito una goffa marcia indietro, con il cambio record di due assessori, Cleo Li Calzi e Antonio Fiumefreddo. È quello che è stato costretto a fare il governatore della Sicilia Rosario Crocetta per mettere una pezza al brutto pasticcio andato in onda al vertice del potere politico siciliano. Una situazione tragicomica, con il governatore sconfessato dal suo stesso partito pochi minuti dopo avere presentato la nuova giunta. “In quella lista deve esserci un errore…”, diceva il segretario del Pd Fausto Raciti dopo aver letto le ultime nomine del governatore. E dire che il segretario dem risultava in teoria protagonista dei vari vertici tenuti da Crocetta (nel frattempo volato in Tunisia per tre giorni, causa improrogabili impegni istituzionali) per preparare il quarto governo, quello in cui finalmente il governatore ha aperto le porte della sua giunta ai big politici, sconfessando tre anni di nettissime prese di posizione di senso opposto.
E invece qualcosa è andato storto: in pratica Crocetta ha diramato alla stampa una lista di assessori non concordata con il suo partito. Alla fine è bastato liberare una casella per Antony Barbagallo, deputato Pd della corrente che fa capo a Dario Franceschini (in Sicilia guidata da Giuseppe Lupo), per fare cambiare completamente opinione a Raciti. “Adesso è il governo politico che volevamo”, ha detto il segretario dem, evidentemente sazio dalla poltrona di assessore al Turismo liberata in extremis da Cleo Li Calzi.
“Chi ha parlato di pasticcio a proposito del mio annuncio della squadra è stato smentito dai fatti: l’ho fatto per accelerare un percorso difficile”, tiene duro il governatore. E mentre il clima politico siciliano ricorda sempre più il pirandelliano Sei personaggi in cerca d’autore, a finire silurato 24 ore dopo la nomina è anche l’avvocato Antonio Fiumefreddo, fedelissimo del governatore, già al fianco di Raffaele Lombardo, e assessore di Umberto Scapagnini, medico personale di Silvio Berlusconi, al comune di Catania.
Il legale era stato nominato al vertice dell’assessorato alla Funzione pubblica, ma non ha fatto in tempo ad insediarsi che faceva già sapere, di “non accettare l’incarico”, preferendo rimanere alla guida di Riscossione Sicilia, l’ente delle gabelle dove è stato piazzato dallo stesso Crocetta. Per spiegare l’eufemistica rinuncia, Fiumefreddo scomoda addirittura Simone Weil: “Dove c’è bisogno c’è l’obbligo”, dice motivando il gran rifiuto, anche perché sottolinea di non vedere “le condizioni per una decisione diversa, nella quale non credo”. Come dire che quella poltrona Fiumefreddo l’avrebbe pure accettata, se solo non fosse stata sgradita ad alcune forze di maggioranza: in ogni caso Crocetta ha subito accettato il suo rifiuto.
Una scena molto simile a quella andata in onda un anno e mezzo fa, quando il presidente aveva nominato Fiumefreddo al vertice dell’assessorato ai Beni culturali. L’avvocato, però, era finito al centro delle polemiche, a causa di una fattura del teatro Bellini di Catania (guidato in passato da Fiumefreddo) intestata alla Geotrans, società sequestrata dalla Dia perché riconducibile al boss Pippo Ercolano, in passato assistito proprio dal penalista. Anche in quel caso, Fiumefreddo era stato costretto a dimettersi poche ore dopo la nomina, ma quella volta aveva citato in suo soccorso niente poco di meno che le sacre scritture. “L’indicibile dolore provocatomi in questi giorni è piccola croce rispetto a quella imposta al Cristo”, aveva detto Fiumefreddo, due volte assessore con Crocetta, in carica meno di 48 ore in totale: un record.
La poltrona del penalista, adesso, è rimasta vuota, in attesa che Crocetta regoli i conti con le altre forze politiche rimaste deluse dal rimpasto. Si va da Sicilia Futura dell’ex ministro Salvatore Cardinale (che, a proposito dei personaggi in cerca d’autore, a Roma si muove da dirigente del Pd ma a Palermo è da anni animatore di liste e gruppi parlamentari autonomi e diversi rispetto ai democrat), fino al Megafono, la lista fai da te di Crocetta, che adesso sembra quasi passata all’opposizione del suo creatore. “Prendiamo atto della composizione del nuovo governo da parte del presidente Crocetta, ma constatiamo che nessun rappresentante del nostro gruppo è stato designato né tra i politici né tra i tecnici”, dicono i deputati Giovanni Di Giacinto, Antonio Malafarina, Nino Oddo e Antonio Venturino: a parte quest’ultimo, ex M5s, sono tutti ex fedelissimi del governatore, eletti nella sua lista.
Nel frattempo Crocetta fa sapere di avere già convocato la nuova giunta per il pomeriggio, con un solo punto all’ordine del giorno: la dichiarazione di calamità naturale per la crisi idrica di Messina. Per la cronaca, la città peloritana è senz’acqua da quasi undici giorni, e nel frattempo la crisi idrica ha colpito anche Gela (città del governatore, dove l’acqua arriva ogni tre giorni e spesso è giallastra) e alcuni comuni in provincia di Agrigento, dove sono state trovate tracce d’inquinamento nelle tubature: in attesa di approfondite analisi è stata sospesa l’erogazione. La Sicilia avrà finalmente un nuovo governo, ma quello che manca – quasi fossimo tornati agli anni ’50 – è l’acqua.