La Conferenza delle Regioni ha dato il via libera al piano vaccinale presentato dal ministero della Salute, che prevede anche la possibilità di arrivare a vietare l’ingresso in classe ai non vaccinati dopo un ''aggiornamento” della normativa. Il capogruppo Pd in commissione affari sociali Donata Lenzi: "Tener conto che la scuola oltre che un diritto è anche un obbligo"
Resta il discusso obbligo di vaccinazione per i bambini che vengono iscritti a scuola e restano le sanzioni, con la collaborazione degli ordini professionali, per i medici che non dovessero seguire le indicazioni. L’intesa in Conferenza Stato-Regioni sul piano vaccinale 2016-2018 del ministero della Salute è slittata su richiesta del ministero del Tesoro, ma i governatori hanno già dato il via libera a un documento che vede tra i punti chiave proprio il divieto di iscrizione a scuola per i piccoli non vaccinati. L’obbligatorietà dovrà però essere regolata da un ”aggiornamento” della normativa, si legge nel testo del piano: “Potrà essere generata una normazione aggiornata, garantendo la protezione degli individui e delle comunità, con misure correlate, come, ad esempio, l’obbligo di certificazione dell’avvenuta effettuazione delle vaccinazioni previste dal calendario per l’ingresso scolastico”.
Insomma: per l’obbligatorietà servirà una legge ad hoc, perché è necessario un passaggio parlamentare per contemperare il divieto di iscrizione dei bambini non vaccinati con il diritto allo studio e l’obbligo scolastico fino ai 16 anni. Il capogruppo Pd in commissione affari sociali della Camera, Donata Lenzi, ha peraltro frenato dicendo che ritiene più praticabile l’ipotesi di limitare l’obbligo ad asili nido e scuole materne “dove l’età è più bassa e i rischi di contagio tra bambini non vaccinati sono più elevati”, dribblando così il problema. “Le decisioni in materia di vaccinazioni devono essere informate e prudenti“, ha detto Donata Lenzi. “Bisogna tener conto che la scuola oltre che un diritto è anche un obbligo. E’ necessario inoltre che il piano vaccinale chiarisca quali vaccinazioni siano necessarie nel primo anno di vita. Credendo più nel dialogo che nelle imposizioni, comprendo la resistenza dei genitori a un piano di ben 18 tra vaccinazioni e richiami da effettuarsi nel primo anno di vita. Dobbiamo comprendere le ragioni delle resistenze alla vaccinazione per poter mettere in campo una strategia efficace”.
Per introdurre le misure, si legge ancora nel piano, sarà necessario anche un controllo continuo “delle possibili violazioni del supporto alla pratica vaccinale e dell’offerta attiva delle vaccinazioni da parte dei medici e del personale sanitario dipendente e convenzionato con il servizio sanitario nazionale. Saranno concertati percorsi di audit e revisioni tra pari che possano portare anche all’adozione di sanzioni disciplinari o contrattuali se se ne ravvisa l’opportunità”.
“È stato dimostrato che per ogni euro investito in vaccini lo Stato ricava almeno 4 euro per effetto di costi evitati e vantaggi per la fiscalità”, sottolinea il documento per corroborare l’ipotesi obbligatorietà. “Non vaccinare contro una malattia prevenibile, quindi, se da un lato determina un risparmio, limitato, di risorse legate all’acquisto e alla somministrazione dei vaccini, dall’altro rappresenta invece un costo spesso assai più rilevante tanto in termini di salute (qualità della vita) che economici (costi diretti e costi indiretti). La mancata vaccinazione comporta la persistenza del numero dei casi di malattia, di ospedalizzazioni e morti ai livelli ordinari pre-vaccinali”.
Il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha spiegato che il rinvio del parere finale dipende “da ragioni tecniche. Il testo è complesso e il tempo per analizzarlo è stato scarso. Ne parleremo col ministero della Salute per condividere la relazione tecnica e pensiamo di concludere positivamente entro la prossima conferenza straordinaria”.