La sua rimozione arriva con una frase contenuta quasi alla fine della lunga consueta nota diramata da Palazzo Chigi al termine del Consiglio dei ministri. “Su proposta del ministro dell’Interno Angelino Alfano – si legge nel comunicato – il prefetto Francesca Rita Maria Cannizzo cessa dalle funzioni di prefetto di Palermo per essere destinata ad altro incarico”. Una rimozione, quella del prefetto Cannizzo, che era nell’aria e che nei giorni scorsi era stata chiesta in Parlamento dal Movimento 5 Stelle. Nominata nell’agosto del 2013 al vertice della prefettura del capoluogo siciliano, Cannizzo è infatti “inciampata” nell’inchiesta aperta dalla procura di Caltanissetta sulla gestione dei beni sequestrati a Cosa nostra. L’ormai ex prefetto di Palermo non figura tra gli indagati, ma aveva suscitato più di un imbarazzo il rapporto intrattenuto con Silvana Saguto, ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale, sotto inchiesta per corruzione, induzione e abuso d’ufficio. Un trasferimento, precisa in serata il Viminale, richiesto dallo stesso prefetto.

Quello che emerge dall’indagine è un vero è proprio “sistema” fatto di raccomandazioni, regali e favori all’ombra della gestione dei beni sequestrati a Cosa nostra. E nelle decine di intercettazioni della Guardia di finanza emerge anche il nome della Cannizzo. Come quando Saguto le chiede aiuto per trovare un incarico al Cara di Mineo per Carmelo Provenzano, docente universitario fedelissimo del magistrato. È il 12 giugno del 2015 quando Provenzano contatta Saguto, “ringraziandola per la segnalazione del suo nome al prefetto di Palermo quale potenziale commissario del Cara di Mineo”, si legge nei brogliacci delle fiamme gialle. “Ti volevo dire che ieri, davanti a me, ha telefonato quella da Roma per chiedere i dati al prefetto”, dice il magistrato sotto inchiesta al suo pupillo. E Provenzano è felicissimo: “Mamma mia se è così, prima di festeggiare, un bacio in bocca ti do guarda. Sei una potenza”. Il 28 agosto scorso, invece Saguto contatta l’amministratore giudiziario Alessandro Scimeca e dice: “Io ti devo chiedere il favore per il prefetto: di quello là da assumere”. Ma non solo. Perché tra l’ex zarina delle misure di prevenzione e la Cannizzo s’instaura un forte rapporto di amicizia, con il magistrato che arriva a festeggiare il suo sessantesimo compleanno nella splendida Villa Pajno, residenza privata dei prefetti di Palermo. E quando Saguto invita a cena a casa sua l’amica Cannizzo, ecco arrivare in dono sei chili di pesce dall’amministratore giudiziario del complesso turistico Torre Artale. “Il prefetto – dice il magistrato intercettato – era impazzita letteralmente, una cosa così non l’ha mai mangiata”.

È un inferno”, dirà invece Cannizzo, riferendosi al traffico cittadino, in una giornata ottima per andare al mare. Poco male, perché Saguto sa come evitare noiose code e andare a fare il bagno: “Ce ne possiamo fregare dell’inferno se vieni con me, abbiamo la mia macchina, c’è la preferenziale”. Il riferimento, ovviamente, è per l’auto blindata guidata dagli agenti della scorta. Martedì scorso il Csm aveva sospeso dalle funzioni e dallo stipendio il magistrato, sotto inchiesta a Caltanissetta insieme a quattro colleghi e alcuni amministratori giudiziari. Tre giorni dopo ecco arrivare il provvedimento per il prefetto.

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