Il gruppo tedesco ha ammesso con l'agenzia Reuters che i 6 cilindri turbodiesel di Porsche Cayenne, VW Touareg, Audi A6, A7, A8 e Q5 montano gli stessi software sia in America sia in Europa. Però questa volta si difende dall'accusa dell'Epa: non servono a truccare le emissioni, ma a fare funzionare i filtri dopo gli avviamenti a freddo
Il gruppo Volkswagen ha detto all’agenzia Reuters che il software montato sui V6 TDI americani di modelli Volkswagen, Audi e Porsche – quello che l’Epa accusa di modificare le emissioni su 10.000 auto negli Stati Uniti, e che secondo VW è legale – si trova sugli stessi modelli anche in Europa. Il gruppo tedesco non ha diffuso il numero di esemplari interessati nel Vecchio Continente, ma può essere stimato in circa 20 volte quelli americani. Il dispositivo di cui si discute è differente rispetto a quello che, a settembre, la Volkswagen ha ammesso di aver predisposto su 11 milioni di 4 cilindri TDI Euro 5. La questione dei V6 TDI è molto più recente: l’accusa dell’Ente per la protezione ambientale americano e la relativa smentita tedesca risalgono all’inizio della settimana.
Lunedì, infatti, l’Epa ha notificato al gruppo tedesco una seconda accusa di violazione del Clean Air Act (dopo quella dei quattro cilindri TDI) che questa volta riguarda circa 10.000 VW Touareg, Porsche Cayenne, Audi A6 Quattro, A7 Quattro, A8, A8L e Q5 degli anni 2014-2016 con motore turbodiesel TDI 6 cilindri 3.0 litri. Questi modelli, accusa l’Epa, sono equipaggiati con un “dispositivo ausiliario di controllo delle emissioni” (auxiliary emission control devices, AECD) in grado di riconoscere quando il veicolo è sottoposto al test e di operare, in quel caso, in una modalità che emette meno NOx. “Esattamente un secondo dopo il completamento delle fasi iniziali del test, il veicolo cambia improvvisamente parametri e si sposta in modalità ‘normal’, durante la quale emette fino a nove volte gli NOx ammessi dagli standard Epa. In altri test in cui il veicolo non sperimenta condizioni di guida simili a quelle iniziali del test, le emissioni sono più alte fin dall’inizio”, dice la nota ufficiale dell’Epa. Che conclude durissima: “L’azienda non ha rivelato, descritto e giustificato l’AEDC nelle sue richieste di conformità per i modelli. Ogni costruttore deve fare approvare all’Epa, ogni anno, per ogni modello, un certificato di conformità, senza il quale è illegale introdurre le auto sul commercio”.
La Volkswagen, lo stesso giorno, ha riposto di non aver installato alcun software che alterasse le caratteristiche delle emissioni e ieri ha spiegato all’agenzia Reuters perché il sistema AECD montato sui V6 non viola i regolamenti né europei né statunitensi. “Il software AECD non altera i livelli di emissioni ma assicura che dopo un avviamento a freddo del motore i catalizzatori raggiungano in fretta la loro temperatura di lavoro e quindi attivino gli effetti di pulizia dei gas”. Il dispositivo serve anche, secondo la VW, a proteggere alcune parti del motore interessante del processo di combustione e ad assicurare la durata dei sistemi di post-trattamento dei gas di scarico.
In questo scandalo di cui è sempre più complicato definire i confini, l’accusa di aver “barato” sulle emissioni di NOx dei V6 TDI è l’unica da cui la Volkswagen si difenda. Sui 2.0 TDI ha già ammesso da tempo di aver ingannato l’Epa sui livelli degli NOx, mentre sul terzo fronte – quello delle emissioni di CO2 falsate su 800.000 auto, anche a benzina, anche in Europa – si è addirittura autodenunciata in seguito a un’indagine interna.
Gli sviluppi sul fronte della seconda accusa dell’Epa dipenderanno dalla capacità della Volkswagen di convincere l’agenzia federale della funzione del dispositivo montato sui V6: Mary Nichols, presidente del Carb californiano che insieme all’Epa ha notificato il secondo avviso alla VW, l’ha definito un “arduo compito” perché gli esperimenti svolti ripetutamente dalle autorità hanno mostrato che il livello di emissioni cresceva sempre un paio di secondi dopo la fine dei test. “È praticamente impossibile dare una spiegazione diversa da quella che il software controlli le operazioni”, ha detto alla Reuters.