Circa 35 milioni di birmani sono chiamati alle urne nelle attese elezioni legislative cruciali per le riforme democratiche promosse dopo la fine delle giunte militari nel 2011: non accadeva dal 1960. La Premio Nobel non può aspirare alla presidenza: le è stato proibito attraverso la Costituzione, con la motivazione che ha due figli con passaporto britannico
La Birmania all’appuntamento con la Storia. Circa 35 milioni di birmani sono chiamati alle urne nelle attese elezioni legislative cruciali per le riforme democratiche promosse dopo la fine delle giunte militari nel 2011. Sul voto pesa l’incognita del previsto successo della Lega nazionale per la democrazia (Nld) della leader d’opposizione e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Bandita dalla presidenza perché madre di stranieri, Suu Kyi ha infatti annunciato che governerà comunque, se il suo partito vincerà. Il presidente Thein Sein, primo ministro nell’ultima giunta militare, e diversi leader del Partito della solidarietà e dello sviluppo per l’unione (Usdp), nato nel 2010 e legato alla giunta, si sono impegnati a rispettare i risultati del voto e a cedere il potere, se perderanno. Le ultime elezioni generali celebrate in Birmania durante un governo democratico risalgono al 1960, due anni prima che il generale Ne Win prendesse il potere con un colpo di Stato.
Oggi le strade di Rangoon, capitale del Paese sino al 2005, si sono svegliate più calme del solito, mentre molti birmani dichiarano che voteranno per l’Nld. “Voterò per la Lega e per Aung San Suu Kyi, perché porteranno la democrazia”, ha detto Wi Za Ya, 51enne, mentre si trovava nella famosa pagoda di Shwedagon. Suu Kyi, che durante la dittatura ha trascorso quasi 15 anni ininterrotti agli arresti domiciliari, è amata da molti birmani. Secondo i sondaggi sulle intenzioni di voto, molti analisti prevedono la vittoria del suo partito, anche se è incerto se questo otterrà sufficienti seggi per dominare le Camere a livello nazionale e i Parlamenti regionali. Secondo la Costituzione, infatti, l’esercito nomina il 25% dei deputati del Parlamento nazionale ed è previsto vasto sostegno ai partiti legati ad alcuni gruppi etnici, come Shan e Rakhine.
Suu Kyi non può aspirare alla presidenza: le è stato proibito attraverso la Costituzione, con la motivazione che ha due figli con passaporto britannico. La Premio Nobel ha però ribadito, in campagna elettorale, che se il suo partito vincerà guiderà il governo. È il presidente, eletto dal Parlamento, l’incaricato della nomina dei membri dell’esecutivo. La Nld vinse le elezioni già nel 1990, ma la giunta rimase al potere. Nel 2010, i militari convocarono elezioni che furono accusate di irregolarità e boicottate dal partito di Suu Kyi, poi liberata dagli arresti domiciliari alcuni giorni dopo il voto. L’anno successivo, la giunta militare cedette il potere a un governo civile formato da ex generali, che iniziò a promuovere una serie di riforme politiche ed economiche. Thein Sein divenne presidente.
Tra le riforme ci sono state l’eliminazione della censura sulla stampa e la liberazione di migliaia di detenuti politici. Negli ultimi anni, molti birmani sono passati da non avere un telefono a disporre di un cellulare con connessione a internet, oltre che ad avere accesso a informazione senza censura. “Pensiamo che queste elezioni porteranno il cambiamento che i giovani bramano”, ha detto Thuya Win Zaw, imprenditore di 29 anni. Con un socio, ha fondato nel 2013 un servizio di catering e di consegna pasti a domicilio, che usa i social network per contattare i clienti. Tuttavia, la Birmania continua a far i conti con gravi problemi. Tra essi la diseguaglianza sociale, il conflitto etnico con alcuni gruppi di guerriglieri, gli arresti di giornalisti e attivisti, la discriminazione dei musulmani e soprattutto della minoranza Rohingya.