Barcellona mette nero su bianco la proposta di addio a Madrid. E teoricamente la Moncloa potrebbe attuare provvedimenti d’urgenza su temi economici, giuridici, sociali e politici per paralizzare i "secessionisti"
L’uno si fa forza con il voto popolare e i seggi in Parlamento, l’altro mostra i muscoli e minaccia attraverso la legge. La linea Maginot tra Artur Mas e il premier Mariano Rajoy è stata ormai abbattuta. Indietro non si torna e una mediazione politica è ormai da escludere. Dopo il voto per la costituzione di uno stato indipendente catalano sotto forma di repubblica, promosso dal gruppo politico Junts pel Sì (centrodestra catalano) insieme alla CUP (l’estrema sinistra), i “secessionisti” hanno messo nero su bianco la loro proposta di addio a Madrid. E dalla Moncloa il primo ministro galiziano non ha aspettato un minuto ad impugnare il provvedimento davanti al Tribunale costituzionale. Fin qui nessuna novità.
Se però il capo del centrodestra spagnolo, con il suo comportamento oltranzista, rischia “solo” di perdere voti in vista delle elezioni generali del prossimo 20 dicembre, per Mas e i catalani – indipendentisti e non – gli effetti potrebbero essere più dirompenti. E immediati.
Teoricamente il gabinetto di Mariano Rajoy potrebbe attuare in forma rapida o previo voto del Congresso (a maggioranza PP ma non è da escludere un appoggio dei socialisti di Sanchez) provvedimenti d’urgenza su temi economici, giuridici, sociali e politici.
Il primo aspetto è la sospensione temporanea del Fondo de liquidez autonómica (FLA), una misura fondamentale per Barcellona. Se Madrid decidesse di congelare, in via cautelativa, il trasferimento di finanziamenti alla Catalogna, in poche settimane i fornitori, soprattutto nel settore medico e in quello educativo (leggi alla voce mense scolastiche) smetterebbero di essere pagati. In meno di un mese tutti i funzionari pubblici non riceverebbero il loro stipendio. La Catalogna, senza soldi, smetterebbe anche di versare i contributi a Madrid e diventerebbe morosa nei confronti dello Stato. Secondo l’art.135 e 155 della Costituzione il governo potrebbe inviare i suoi uomini ai posti di comando della Tesoreria regionale. Il ministro dell’Economia Luis De Guindos, interrogato sulla possibilità di paralisi, ha sottolineato che il governo attuerà in forma “prudente, graduale e ferma”, non escludendo a priori il provvedimento.
Il secondo punto è la sospensione dell’Autonomia e il controllo delle forze di polizia. Sempre secondo l’art.155 della Costituzione “se una Comunità non attua in maniera conforme alle leggi dello Stato o mette in pericolo la sovranità nazionale, il governo, dopo voto favorevole del Senato, può dichiarare sospesa l’Autonomia”. La conseguenza immediata è il ritiro delle competenze sulla sicurezza, ovvero i Mossos d’Esquadra (la polizia) passerebbero direttamente sotto il controllo del Ministero dell’Interno. Nel caso in cui ci sia una minaccia concreta o un atto di forza volontario e reiterato contro personalità giuridiche o edifici pubblici, il governo, attraverso la Ley Orgánica 4/1981, potrebbe inviare l’esercito per le strade.
L’ultimo punto riguarda la giustizia. Artur Mas e Carme Forcadell (presidentessa neo eletta del Parlamento) sarebbero accusati di delitti di disobbedienza e ribellione (art. 472 codice penale) da parte del Dipartimento di Giustizia. Nel caso in cui il Tribunale li riconoscesse responsabili, le pene previste vanno dai 15 ai 25 anni di carcere, che arrivano fino a 30 anni nel caso si ricevano contributi in denaro. Le pene per tumulto (art. 544) arrivano fino a 15 anni di carcere, quelle di disobbedienza civile (art. 550 e 560) fino a 3 anni. Sulla carta Mariano Rajoy ha molte frecce al suo arco. Che le voglia usare è tutta un’altra questione.