Multe, la fattura del carrozziere, la laurea a Tirana, i lavori di casa, a Gemonio. In tutto mezzo milione di euro di rimborsi elettorali finiti nelle spese della famiglia Bossi. A riassumere il centro delle accuse al fondatore della Lega Nord Umberto Bossi, al figlio Renzo Bossi e all’ex tesoriere del partito Francesco Belsito è stato il consulente della Procura di Milano che ha deposto come testimone nel processo per appropriazione indebita. La contabilità del Carroccio tra il 2008 e il 2011, ha spiegato il commercialista Stefano Martinazzo, era stata tenuta “in spregio di qualsiasi principio valido nelle aziende e nelle attività commerciali” e in “modo non conforme” alla legge sul finanziamento ai partiti. Contabilità che era anche “assolutamente incompleta”.

Il consulente, davanti al giudice monocratico Luisa Balzarotti ha risposto alle domande del pubblico ministero Paolo Filippini e ha illustrato le analisi fatte sui conti della Lega, parlando di “incompletezza documentale imbarazzante” sulla movimentazione dei conti correnti. Nell’inchiesta era finito anche il primogenito di Bossi, Riccardo, anche lui imputato, la cui posizione è stata stralciata nelle settimane scorse quando ha scelto di essere processato con il rito abbreviato. Il processo al Senatùr e all’altro figlio Renzo, ex consigliere regionale, riprenderà il 15 dicembre.

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