Media & Regime

Mannino e Expo: nuovo giornalismo, plauso incluso

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Forse molti avranno notato una mutazione del giornalismo italiano negli ultimi anni. La lunga stagione berlusconiana dell’innominato conflitto di interessi ha subito una sosta durante i due brevi governi di transizione Monti e Letta. Ma quando Renzi ha debuttato dichiarando nemici o gufi tutti coloro che non avrebbero approvato le sue decisioni, e i suoi progetti col nome in inglese, si è da prima creato l’equivoco di un nuovo Berlusconi, poi si è capito che il fenomeno era un altro: non è il potere che ti impone di approvare, tra seduzione e minaccia. No. È lui che ha ragione.

Il buon senso (che, per un giornalista è anche il posto di lavoro) suggerisce di capirlo e di celebrarlo. E così si è creato il mutamento di cui sto parlando: i giornalisti, se sono autorevoli e sono sicuri che non ci sarà alcuna vera opposizione politica, ti danno insieme la notizia e la celebrazione. Ovvero ti mettono in guardia subito dalla interpretazione sbagliata, che forse girerà in Rete o sarà stata perfino espressa da voci sicuramente competenti (per esempio la Corte dei conti) ma non deve essere assolutamente raccolta. O la ignori o ne parli con i dovuti segnali di rigetto. Se diventi parte dell’onda malefica del “no” per principio, sei fuori e basta. Però attenti, Renzi è, certo, l’interprete principale di questo film. Ma non è necessariamente l’autore. Più che l’inventore, si direbbe il bravo rappresentante di prodotti alternativi elaborati da centri di innovazione. Vale la pena di ripetere il dubbio, pur sapendo che non c’è una risposta.

Certo un legame di necessità ci conduce alla nuova stagione della notizia seguita subito da approvazione incorporata. Chi si azzarda a dare l’interpretazione sbagliata, lo fa a suo rischio e pericolo, ed è bene dirlo subito. Pensate a Calogero Mannino e alla sua giustamente pubblicizzata assoluzione. Il sermone che segue la notizia richiede ai cittadini di credere che “il fatto non sussiste” (perché in tal modo si toglie ogni credibilità al prossimo processo sulla questione dei rapporti mafia-Stato e alle eventuali trattative) e di ignorare che, invece, la sentenza assolve “per non aver commesso il fatto” (solo quello di Mannino, solo in quel particolare processo).

Pensate alle feste non ancora finite per l’Expo. Questo evento è riuscito per miracolo, ma si decreta il trionfo, anche se risulta già adesso come uno dei più irrilevanti nella storia di questo tipo di eventi nel mondo e viene celebrato come la prova del genio italiano, ha richiesto un budget pubblicitario immenso, ci dicono che il popolo è accorso spontaneamente, questo popolo ha fatto cinque ore di coda, ma quell’immensa attesa viene dichiarata un prodigio di perfezione organizzativa, non ha potuto avere organi direttivi e organizzativi normali, svuotati dalle inchieste. Uno stato di necessità, dovuto alla corruzione, per fortuna finito bene (o almeno: finito, e chi non applaude è contro l’Italia) è il nuovo faro del nostro Paese nel mondo. E il laborioso funzionario che ha dovuto colmare il vuoto viene celebrato come l’eroe simbolo di una nuova Italia. Intanto, in altre parti di giornali e Tv passa una curiosa notizia che ci viene dal Congresso americano. Quei deputati e senatori, ricevuta la richiesta italiana di droni armati (ovvero con la capacità e il materiale per bombardare) hanno detto di sì, perché si tratta di vendere un buon prodotto ad altra tecnologia, ovviamente al giusto prezzo.

Il compratore è un Paese dove il governo centrale litiga con il governo delle Regioni per i “necessari” tagli agli “sprechi”, ovvero tac, risonanza magnetica e analisi specialistiche negli ospedali. Ci sarebbe meraviglia, ma è suggerito il compiacimento di commentatori e di pubblico perchè l’Italia, pur senza le Tac, avrà i necessari strumenti di guerra per la sua giusta difesa. Non troverete alcun legame fra il richiesto acquisto di droni armati e la guerra italiana in Libia, di cui si parla e non si parla. A suo tempo ci saranno motivazioni adeguate per gravità e allarme, evidenti e immediati pericoli per tutti noi, e una vera spinta di opinione pubblica a comprare droni. In quel momento chi vorrebbe mettersi contro l’Italia?

Il Fatto Quotidiano, 8 novembre 2015