Soffiate in cambio di contanti, cibo e altri benefit. L'indagine della procura partita dalla denuncia di un imprenditore costretto a pagare somme sempre più alte per entrare in possesso delle informazioni utili a eludere i controlli e sversare nei campi il materiale di risulta
Duemila euro, mozzarelle, olio e ricariche telefoniche: è il prezzo della corruzione a Brindisi, il prezzo del lasciapassare per inquinare i campi, per smaltire illecitamente rifiuti speciali e bruciarli. Dopo la Sicilia, la bufera tangenti travolge uomini del Corpo Forestale anche in Puglia: cinque agenti e un imprenditore edile sono stati arrestati in mattinata dai carabinieri. Ci si vende per poco: questa è la fotografia consegnata dalle indagini, coordinate dal pm Milto Stefano De Nozza. L’ordinanza di custodia cautelare è firmata dal gip Paola Liaci: in carcere sono finiti l’agente Gianfranco Asciano, 41 anni, di Brindisi, e l’imprenditore Vittorio Greco, 55 anni, nato a Bitonto e residente nel capoluogo. A loro sono contestati i reati di corruzione e concorso del privato in corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio; rivelazione di segreto di ufficio; concorso in abbandono incontrollato di rifiuti. Per gli stessi motivi, oltre che per la combustione illecita di rifiuti, è indagato a piede libero il titolare di un’altra impresa edile, Giuseppe Caputo, 75 anni, di Tuturano.
Non solo mazzette, però. Dagli atti emerge anche l’uso allegro del cellulare del Corpo e la falsificazione dei “brogliacci di servizio” relativi ai turni ordinari e agli straordinari, per gonfiare lo stipendio. Ecco perché con le accuse di concorso in peculato, abuso d’ufficio, truffa aggravata ai danni dello Stato e false attestazioni o certificazioni sono finiti ai domiciliari altri quattro agenti forestali. Due sono leccesi: Domenico Galati, 40 anni, e Giovanni Bray, 37 anni; gli altri due entrambi di Ostuni: Massimo Rosselli, 41 anni, e Giovanni Rosselli, di 45. A dare il via alle indagini, nell’autunno di due anni fa, sono state le dichiarazioni rese ai carabinieri da Giuseppe Caputo: le somme richieste da Asciano per ottenere in cambio delle soffiate diventavano via via più alte. Alla fine, l’imprenditore si è deciso a parlare. Si è rifiutato, però, di far verbalizzare la sua denuncia. Ecco perché si è deciso di procedere tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, che hanno appurato “non soltanto la verità di quanto riferito dal Caputo”, ma che andavano “ben oltre, nel senso di porre in evidenza il pessimo funzionamento del Comando del Corpo Forestale dello Stato di Brindisi e il coinvolgimento di quasi tutti i componenti dello stesso nelle attività delittuose”, come scritto dal gip nell’ordinanza.
“L’intera attività di indagine – continua – offre un quadro indiziario di estrema gravità”. Figura di spicco, secondo gli inquirenti, è quella di Asciano, dipinto come “colui che del delicato ruolo ricoperto ha fatto uso per soli ed esclusivi fini personali”. I colleghi, però, sapevano tutto, tanto da fare commenti in sua assenza, come confermato dalle intercettazioni. Stando al contenuto dell’atto cautelare, era proprio l’agente Asciano a rivelare in anticipo sia a Caputo che a Greco, in più occasioni, notizie riservate sui turni di servizio delle pattuglie, i loro orari di uscita e di rientro: il disco verde, insomma, per rendere possibile il trasporto illecito e l’abbandono incontrollato dei rifiuti, materiali di risulta di lavori edili, finiti nelle campagne intorno alla città, come documentato dalle fotografie dei carabinieri. Il tutto in cambio di soldi, buoni benzina e generi alimentari.