Ci ho pensato a lungo.

E per un bel po’ ho inventato scuse. Come quelli che vogliono smettere di fumare dopo l’ultima sigaretta, come quelli che iniziano le diete sempre di lunedì o quelli che promettono di iscriversi in palestra dopo le vacanze.

Poi mi è apparsa sullo schermo la faccia di Obama, sempre più grigio e piatto, e ho capito che se anche @POTUS ha aperto un profilo su Facebook è veramente arrivata l’ora di abbandonare la nave, per non uguagliare il destino di Achab.

Ad ogni buon conto, un motivo per togliersi da Facebook si trova sempre.

Se hai smesso da tempo di sopportare i simposi 2.0 di gente che, solo per aver avuto in famiglia uno zio emigrato in America, s’improvvisa esperta di immigrazione e offre soluzioni ragionate da Nobel per la pace al problema degli sbarchi. Reclute dell’ultima ora a cavallo di ruspe di Salviniana memoria, gli unici nella galassia Italia a lavorare, a pagare le tasse e soprattutto a non abusare con l’aglio in cucina. Se tutto ciò ti risulta di sempre più difficile digestione, ricorda che per ora non esiste l’obbligo di lettura delle sciocchezze altrui. Perché i razzisti del web (se glielo dici si offendono perché loro mica lo sono) hanno uno stomaco di ferro e mangiano spinaci.

Se per te – che sia etero, gay, trans o bisex, che le spose siano due o siano due a presentarsi in cravatta, che un bambino abbia due mamme, due papà o uno per tipo – va tutto bene purché sia l’amore a legiferare, questo è un buon momento per dipartire. Ci vuole un attimo per ritrovarsi in bacheca, postati da qualche ‘amico’, slogan di silenziose manifestazioni in piedi, di famiglie naturali o di biologiche inclinazioni. Perché i bigotti sono duri a morire, e dietro uno schermo anche il più misericordioso diventa una tigre.

Se hai visto tutte le foto di pizze impastate con lievito madre, di nutrienti piatti vegani a base di tofu e seitan, di inquietanti manicaretti che solo a vederli ti vien voglia di un double cheeseburger, se hai visto pure il tuo compagno di Erasmus – quello che a Londra mangiava fagioli Heinz e panelle di Cheddar arancione – proporre ricette alla Cracco, se non ti viene fame manco con l’impepata di cozze sulla terrazza a Positano, è il momento di pagare il conto e andarsene.

Se sei per la salvaguardia della ‘a’ con l’h, e inorridisci ancora, come fosse la prima volta, quando leggi che il figlio di Marco “a mangiato”, sappi che potrà solo peggiorare. E la gente, fra qualche anno, inizierà anche a parlarsi con enunciati non più lunghi di 140 caratteri.

E se in fondo, nun te ne pò fregà de meno dei risultati strabilianti dell’ultima dieta miracolosa, dell’epitaffio al gattino di venticinque anni, del compleanno del nonno di novanta, dell’inglese dei somari partorito da Google Translate, delle vacanze degli altri, della comunione di Filippo e del figlio della tua amica sulla tazza del cesso (lei non lo sa, ma suo figlio gliela farà pagare), ebbene di tutto questo ci si può pure liberare.

Ma farne a meno ha un senso se la qualità di un pensiero, la riflessione su un concetto espresso con giudizio, sensibilità e gentilezza significa per te ancora qualcosa.

Perché è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che uno scemo cambi idea.

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