“I accuse the oil companies of practising
genocide against the Ogoni”.
Ken Saro Wiwa, scrittore e attivista nigeriano (1941-1995)
Il 10 Novembre 2015 è stato il ventesimo anniversario della morte di Ken Saro Wiwa, lo scrittore ed attivista nigeriano anti-trivelle impiccato per ordine del governo nigeriano. Era stato arrestato nel 1994 assieme ad altri otto attivisti. I cosiddetti Ogoni Nine furono imprigionati tutti senza giusta causa per mesi, torturati e privati del diritto di avere accesso a legali, medici e familiari. Alla fine furono processati sommariamente da una corte militare ed uccisi. Quel giorno di Novembre del 1995 una folla di persone corse al cimitero di Port Harcourt, incredula della morte di un personaggio così amato dalla gente. Le scuole vennero chiuse. La polizia occupò la città. Ci furono tafferugli e incidenti. Morti nella folla, gas lacrimogeni, il caos.
A venti anni di distanza, nessuno dubita del fatto che il processo che portò alla morte di Ken Saro Wiwa fosse fasullo, fatto solo per dare una patina di legittimità all’impiccagione di un cittadino le cui sole armi erano le parole, pacifiche ma ritenute fastidiose dal governo militare nigeriano. E questo lo stabilì l’Onu che mandò un gruppo di esperti giuristi ad indagare.
A suo tempo la notizia della morte di Ken Saro Wiwa fece il giro del mondo. La regina Elisabetta, Bill Clinton e Nelson Mandela ebbero parole di condanna per il modo brutale in cui fu ammazzato un pacifico difensore della sua terra. Il primo ministro britannico John Major disse che il processo era stato fraudolento, e le esecuzioni un “assassinio giudiziario”.
La Shell, la principale ditta occidentale ad estrarre petrolio nella terra degli Ogoni di cui Ken Saro Wiwa era figlio, ha avuto un ruolo non secondario nella sua morte. Anzi, nel 2009 i petrolieri d’Olanda hanno pagato più di 15 milioni di dollari per il proprio coinvolgimento nella faccenda.
Quale la colpa di quest’uomo? Quella di puntare i riflettori sui doppi standard della Shell: da un lato racimolando profitti per gli azionisti, dall’altro regalando alla Nigeria decenni di devastazione ambientale. Ken Saro Wiwa aveva usato la sua visibilità di scrittore e di produttore televisivo per sottolineare che quello che la Shell faceva nella sua terra mai e poi mai sarebbe stato lecito in occidente. Li accusava di razzismo ambientale e di genocidio. E per avere reso i suoi concittadini ed il mondo intero consapevole di questa verità ha perso la vita. La Shell l’accusava di essere “troppo emotivo”. Grazie a lui nel 1993 ci fu la più grande protesta nazionale contro le trivelle, in cui 300,000 persone marciarono pacificamente contro le multinazionali in Nigeria. I tre quinti dell’intera popolazione Ogoni scesero in piazza.
Cosa è cambiato in questi venti anni? La sua morte è stata invano? O c’è stato qualcosa di positivo? Il figlio di Saro Wiwa, che si chiama anche lui Ken Wiwa scrive un editorale su The Guardian in cui si pone esattamente la stessa domanda. La sua risposta è sì e no. Intanto, ufficialmente Ken Saro Wiwa è ancora considerato un criminale nella sua terra, e il figlio si augura che quanto meno la sua memoria possa essere riabilitata anche da un punto di vista legale. Il governo militare dell’epoca non c’è più, ma quello attuale non è meno servile nei confronti dei petrolieri.
La terra degli Ogoni di oggi, all’occhio non è diversa oggi da venti anni fa. La Shell aveva promesso come parte del suo “chiedere scusa” per la morte di Ken Saro Wiwa che la pratica del gas flaring in Nigeria sarebbe finita. E invece le fiamme sono ancora lì che ardono. Il rapporto Onu del 2011 sull’inquinamento di terra, aria, acqua nel Paese testimonia l’enormità dei danni petroliferi, oggi come allora. Ci vorranno trent’anni per ripulire il tutto se mai si inizierà. In alcuni casi i livelli di benzene, un cancerogeno, sono 900 volte superiori alla norma. Non ci sono registri tumore nel Paese. E la Nigeria è ancora povera.
Ma qualcosa, ricorda il figlio, è cambiato. Vari tribunali di Londra e New York hanno riconosciuto che la Shell è stata colpevole di inquinamento e dovrà risarcire i residenti. E il solo fatto che l’Onu abbia presentato un rapporto dettagliato e preciso della condizione ambientale della Nigeria è una piccola vittoria. Nessuno potrà dire che non è vero. La Shell ha promesso che verserà un miliardo di dollari per iniziare. Se veramente lo farà non lo sappiamo, ma il mondo sa che è sua responsabilità farlo. La voce di Ken Saro Wiwa non è stata zittita e anzi il suo messaggio è più forte che mai, con una nuova generazione di attivisti che crescono. Soprattutto il mondo oggi sa della tragedia degli Ogoni e questo è grazie a Ken Saro Wiwa.
Intanto il paradigma mondiale è cambiato. Obama ha rigettato il Keystone pipeline, la Shell è scappata dall’Artico, la Exxon rischia di essere processata per avere mentito sui cambiamenti climatici. Negli scorsi due decenni sono aumentati gli attivisti in tutto il mondo. Tutti sappiamo che i cambiamenti climatici esistano e che è colpa nostra. Tutti sappiamo che l’unico modo per salvarci è di usare tutto quello che la tecnologia e l’ingegno umano ci offrono per accelerare la transizione verso un’economia fatta per il 100% dalle rinnovabili. Tutti sappiamo che non possiamo continuare a spremere petrolio. E in Italia sappiamo che l’Eni-Agip non è una santa e che ne fa di cotte e di crude pure lei in Africa, in Nigeria.
Nessuno ridarà a Yvonne Ndege suo marito, e a Ken Wiwa suo padre, ma se siamo arrivati fin qui, un po’ e anche grazie a Ken Saro Wiwa e al suo sacrificio vent’anni fa.