Quando, il 12 giugno 2013, Dom Pietro annunciò la sua decisione, una manciata di parole più delle altre tratteggiarono il peso dell’uomo: “E’ stato un punto di riferimento“, sentenziò Francesco Scalia, senatore del Pd. Un anno prima, dom Pietro era stato colpito da una crisi cardiaca con conseguenze neurologiche che lo aveva costretto a restare per sei mesi lontano dalla sua diocesi. “Ad un anno dall’evento”, scriveva nel suo commiato, lasciava “l’incarico di Abate e Ordinario della Diocesi di Montecassino” perché “la mia salute e le terapie non mi consentono di continuare sui due fronti”. Quel giorno per Pietro Vittorelli, accusato dalla Procura di Roma di aver sottratto 500mila euro destinate alle “opere caritatevoli”, cominciava in maniera non ufficiale un periodo di congedo dalla vita monastica e l’avvicinamento naturale verso un altro mondo: quello della politica. Quello stesso mondo i cui abitanti dal 191° abate dell’abbazia più famosa d’Italia si recavano in pellegrinaggio da anni a chiedere conforto o favori.
“Non posso che sedermi all’ultimo banco”, scriveva in una lettera al cardinale Tarcisio Bertone Piero Marrazzo, che in una stanza al penultimo piano del convento del cassinate aveva cercato rifugio dai giornalisti e dai propri demoni. Era il novembre 2009, mentre infuriava lo scandalo della frequentazione con i transessuali di via Gradoli che cancellava per sempre la carriera politica del giornalista della Rai. “Quest’uomo sta compiendo un delicatissimo iter da cui nascerà una persona nuova”, rivelava Vittorelli a La Repubblica, ringraziato dall’ex governatore della Regione Lazio: “Dom Pietro Vittorelli è un amico e una guida”, spiegava Marrazzo a Mara Venier in una drammatica intervista durante Domenica In.
Un punto di riferimento Vittorelli lo era stato anche per Angelo Balducci. Il presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici era stato arrestato il 10 febbraio 2010 nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti per le grandi opere tra cui il G8 della Maddalena e la ricostruzione in Abruzzo. Nelle intercettazioni compare anche dom Pietro, che viene contattato da Balducci in cerca di sponde nel gruppo L’Espresso che lo sta mettendo in grossa difficoltà. “Ma tu lì in quel gruppo hai qualche riferimento?”, domanda l’ex provveditore delle Opere pubbliche in una delle telefonate intercorse tra i due. “Prima c’era proprio Carlo Caracciolo, e poi adesso… il riferimento ce l’ho. Quando vuoi”, risponde dom Pietro all’ex Gentiluomo della Famiglia Pontificia, onoreficenza vaticana ritirata a Balducci dopo lo scandalo appalti e le rivelazioni sui suoi presunti “incontri occasionali di tipo sessuale” con alcuni “coristi” del Vaticano.
Vittorelli era amico e confidente di molti. Pronto a confortare, ma anche a frequentare i salotti buoni. Come quello della famiglia Elkann, in cui l’abate è stato fotografato in più occasioni mentre stringe mani sotto l’occhio vigli del padrone di casa Alain. Che il 30 ottobre 2009, in pieno scandalo Marrazzo, ospita il Padre Abate nel suo programma L’Intervista, su La7. Nel novembre 2010, poi, in piena riorganizzazione industriale e protesta degli operai, Vittorelli ricambia l’ospitalità accogliendo John Elkann, presidente della Fiat, che conserva uno stabilimento a Cassino, territorio nel quale il padre è in virtù della sua posizione un punto di riferimento anche politico.
Il padre spunta come il prezzemolo negli incontri che contano, spesso al fianco di pezzi da novanta come Gianni Letta. Ogni anni a marzo l’ex braccio destro di Silvio Berlusconi è in prima fila a Montecassino per le celebrazioni della festa di San Benedetto patrono d’Europa. Ma Vittorelli fa in modo di accompagnarsi al sottosegretario alla presidenza del Consiglio anche lontano dall’Abbazia, come il 28 aprile 2010 quando lo affianca mentre assiste l’ex Cavaliere, allora premier, a colloquio con il segretario di Stato vaticano, il Cardinale Tarcisio Bertone, alla nunziatura apostolica di via Po, a Roma, insieme all’interno governo. O come il 6 maggio 2013 alla Biblioteca Nazionale Centrale per salutare Maurizio Fallace, direttore generale al Ministero per le Biblioteche, gli istituti culturali e il diritto d’autore, che andava in pensione.
In comune Letta e Vittorelli hanno le radici cattoliche, il milieu democristiano e quel potere che tanto generoso era stato nel corso dei decenni con Cassino e la Ciociaria tutta: “A Montecassino non c’è muro, o porta o finestra, a Cassino e in Ciociaria non c’è strada o ponte o chiesa che non portino il nome di Giulio Andreotti, a cui va tutta la nostra riconoscenza”, salmodiava Vittorelli nel giorno della scomparsa del Divo.
Un’evoluzione naturale quindi, quello di dom Pietro. Per la prima volta ne aveva parlato durante il periodo trascorso a curarsi nella clinica svizzera, e poi aveva meditato sulla questione nel corso del ritiro nell’abazia di Praglia, dove si era trasferito dopo le dimissioni da abate ordinario: dom Pietro pensava alla politica. Così in pochi si sorpresero quando il 29 ottobre 2014, Vittorelli apparve in abiti civili durante un convegno organizzato nella sede italiana del Parlamento Europeo a Roma, accanto al consigliere regionale del Lazio Mario Abbruzzese e ad Antonio Tajani, primo vicepresidente del Parlamento Europeo.
Un cammino dalla militanza monastica a quella politica che ha raggiunto una nuova tappa l’11 settembre di quest’anno. Il Grand Hotel Palazzo della Fonte a Fiuggi, nel cuore della Ciociaria democristiana, era apparecchiato a festa per la convention di Forza Italia dal titolo “L’Europa che vogliamo“. Il pareterre degli ospiti della due giorni è di altissimo livello: da Silvio Berlusconi al solito Tajani; da Lara Comi, vicepresidente Gruppo PPE al presidente della Regione Liguria Giovanni Toti, a Paolo Romani, presidente del gruppo azzurro in Senato. E poi il suo omologo alla Camera Renato Brunetta, Alessandra Mussolini, Maria Stella Gelmini. Da programma, venerdì alle 16.30 è previsto un intervento di dom Pietro Vittorelli che parlerà per una mezz’ora sulle “Radici cristiane dell’Europa”. Un prezioso punto di riferimento anche a livello filosofico.