E’ il mese di novembre e si ricomincia con il marketing che usa il brand della lotta contro la violenza sulle donne per ricominciare a sparare cifre inaffidabili, teorie ancora più inaffidabili, accuse contro chiunque mostri un po’ di senso critico attorno a quel fenomeno e contro chi vorrebbe innanzitutto un approccio culturale e mai giustizialista a prevenirlo e superarlo. E’ il mese in cui parlare di violenza delle donne suona come una bestemmia e in cui sull’altare del pianto delle sante donne ci sono quelle che parlano di crimini familiari unicamente come crimini di uomini assassini e violenti. Perciò vorrei ricordare, giusto per affrontare la questione con un minimo di obiettività e onestà intellettuale, che è giusto parlare di violenza sulle donne ma non è giusto farla diventare un pretesto per negare altre violenze che pure avvengono. Mesi fa dedicai un post ai bambini uccisi da genitori, donne e uomini. Con il passare dei mesi la cifra dei bambini uccisi è aumentata e a ucciderli sono stati ancora genitori, madri e padri. Si piange spesso un bambino ucciso da un padre. Quel che non si fa tanto spesso è dedicare un ricordo a bambini uccisi da una madre, perché in quel caso si parla di lei, vittima, e molto meno del figlio. Ho così voluto immaginare una lettera scritta da un padre al figlio ucciso dalla moglie. Quel che scrivo è poi così falso o in qualche modo c’è chi si riconosce nel testo della lettera? Perciò ecco:
Caro figlio,
sono io, mi conosci, perché spesso hai sentito il mio calore e io ho ascoltato il tuo respiro, osservandoti con attenzione, talvolta per una notte intera. Così preoccupato di quel che altre persone, a noi estranee, avrebbero potuto farti. Con le difese ridotte al minimo ogni volta che era lei a prendersi cura di te. Quando mi hanno detto della tua morte non potevo crederci. Per un attimo ho pensato ad uno scherzo macabro, poi ho capito che era tutto vero e all’improvviso ho ricollegato ogni cosa, piccoli segnali, quelli che avrebbero dovuto mettermi in allarme, anche se in realtà io li avevo tenuti in considerazione pregando lei di farsi aiutare. Era difficile per me, costretto a lavorare tutto il giorno, sostituirla con la cura del bambino. Le avevo chiesto perfino di farsi aiutare da mia madre ma lei, gran testa dura, non ha voluto saperne. Il figlio è mio e lo gestisco io, così suonava quella strana e cinica parodia dell’altro slogan femminista. Peraltro il mondo intero dice che la mamma non farebbe mai del male al proprio figlio. Questa errata convinzione ha su chiunque, me compreso, un effetto anestetizzante. Perciò la tua morte violenta è stata per tutti una sorpresa.
L’aveva sempre detto, lei, che tu gli appartenevi. Mi minacciava, spesso, quando ero a corto di pazienza, del fatto che, se solo pensavo di lasciarla, lei non mi avrebbe più fatto vedere te, mio figlio. Eppure ero paziente, non ho mai detto nulla che potesse far pensare ad un mio abbandono. La amavo, dopotutto, e cercavo di capirla giacché non mi sarei mai sottratto a obblighi e responsabilità. Non so quale delirio lei stesse inseguendo o quale paranoica idea l’abbia resa così tanto propensa a farsi del male. Non so perché quel male lei poi lo abbia trasferito su di te, così indifeso.
Vedi, mio caro, agli uomini non è permesso piangere in pubblico e non è neppure permesso mostrarsi poco comprensivi nei confronti di una moglie che ha ucciso il suo unico bambino e poi si è uccisa. Quando è un papà a uccidere un figlio la madre sente l’esigenza, ovvia, di gridare al mondo il dolore che deriva da quella grande ingiustizia. Ma ad un padre, invece, non è consentito mostrare altro che totale comprensione. Non può ribellarsi quando i media descrivono quella donna come malata, perfino sola. Non può reagire mentre tutti dicono che lei era tanto una brava mamma. Comunque vuoi metterla la colpa è sempre mia. Mia perché l’ho lasciata sola. Mia perché lei era malata e io non l’ho capito in tempo così da toglierle la possibilità di farti del male. E anche se quel tempo ci fosse stato chi mi avrebbe mai creduto? Chi avrebbe accettato che quel bambino fosse affidato alle mie cure? Nessuno. Sarei stato colpevole se ti avessi ucciso con le mie mani e sono considerato colpevole anche se ad ucciderti è stata lei, tua madre.
Mi hanno anche tolto il diritto di sentirmi leso perché in cuor mio ho sempre pensato che anche lei, donna, fragile, vittima, indifesa, fosse una mia responsabilità. Così sono qui a massacrarmi di sensi di colpa. Se io avessi lavorato meno, se solo io avessi fatto una telefonata, quel giorno, per chiederle qualunque cosa, e se avessi chiesto a mia madre di passare a trovarla. Così non è per una donna, una madre, che non si pone mai alcun dubbio. Se fossi stato io a uccidere quel bambino lei avrebbe messo a tacere i suoi sensi di colpa scaricando a me tutta la responsabilità. A me, a mia madre, alla giustizia, allo stato, alla nazione. Avrebbe detto che, no, non ero malato ma solo crudele, perfido, vendicativo nei suoi stessi confronti. Avrebbe detto che un delitto del genere è solo frutto di totale assenza di empatia e ragione. Io non posso dire la stessa cosa. Non posso fare a meno di leggere negli sguardi di chi mi osserva, lungo il percorso che state tracciando tu e tua madre dritti fino al cimitero, un’accusa a me rivolta, insensata, ingiusta, ancor più crudele perché il chiacchiericcio dice che se lei l’ha ucciso devo essere stato io che l’ho portata ad una simile disperazione.
Chissà cosa le ha fatto quel marito che si ritrovava, sento dire a una perfetta sconosciuta. Chissà come la trattava male, forse la rinchiudeva in casa, sola, con quel bambino e lei è impazzita. Sono queste le cose che vorrebbero dirmi alcune persone al seguito delle due bare. E io incasso il pugno e mando giù le lacrime perché un uomo non piange e si assume il doppio delle responsabilità che chiunque altra avrà da assumersi. Tua madre, devo dirlo, è stata irresponsabile, vittimista, e so che è duro sentir parlare così di una che interpretava il santissimo ruolo della madre. Rispetto il dolore della sua famiglia ma l’omertà non aiuta e io so che non ti riavrò indietro, bambino mio, ma voglio prendermi il diritto di piangerti, di fare in modo che il prossimo padre che subirà questa ingiustizia potrà piangere e non sentirsi in obbligo nei confronti di un’assassina. Ecco, l’ho detto. Tua madre è un’assassina e l’unica volta in cui ho sentito altri chiamarla così è stato da parte di un ufficiale che si è occupato di quanto era accaduto. L’ha detto sottovoce, quasi vergognandosi di usare quel termine nei confronti di un’infanticida. L’ha detto mentre la mia vita veniva messa sotto inchiesta perché per un po’ hanno perfino sospettato che fossi stato io ad averti ucciso. Ad aver ucciso te e tua madre.
“Queste sono cose che fanno gli uomini” – mi disse un tale che chiedeva ogni dettaglio su quel che avevo fatto nelle ultime ore. Così ho saputo che c’è chi cerca prove per incolpare il carnefice più plausibile invece che tentare di capire dove sta la verità. Il modo in cui un crimine viene percepito cambia a seconda di chi lo commette, ecco tutto. Io avrei detto che sono orrori dei quali sono responsabili le persone. Non avrei mai detto che si tratta di cose da donna. Ma tu, a quanto pare, saresti stato considerato un po’ più vittima, invece che una specie di effetto collaterale delle azioni di una donna malata, solo se fossi stato io a ucciderti. Non puoi immaginare la rabbia che ho dentro, non immagini quanto io mi senta triste, perché per quanto io non ti abbia avuto per nove mesi dentro l’utero, per quanto io ti abbia allattato solo al tempo del tuo primo biberon, io ci sono sempre stato, per lei e per te, e tu eri mio figlio. Ti lascio queste parole vicino ai fiori e al piccolo cane di peluche che ho portato oggi a rallegrarti. Mi manchi. Tanto.
Tuo padre
Eretica
Precari(A)
Società - 12 Novembre 2015
Violenza domestica: lettera al figlio che una madre ha ucciso
E’ il mese di novembre e si ricomincia con il marketing che usa il brand della lotta contro la violenza sulle donne per ricominciare a sparare cifre inaffidabili, teorie ancora più inaffidabili, accuse contro chiunque mostri un po’ di senso critico attorno a quel fenomeno e contro chi vorrebbe innanzitutto un approccio culturale e mai giustizialista a prevenirlo e superarlo. E’ il mese in cui parlare di violenza delle donne suona come una bestemmia e in cui sull’altare del pianto delle sante donne ci sono quelle che parlano di crimini familiari unicamente come crimini di uomini assassini e violenti. Perciò vorrei ricordare, giusto per affrontare la questione con un minimo di obiettività e onestà intellettuale, che è giusto parlare di violenza sulle donne ma non è giusto farla diventare un pretesto per negare altre violenze che pure avvengono. Mesi fa dedicai un post ai bambini uccisi da genitori, donne e uomini. Con il passare dei mesi la cifra dei bambini uccisi è aumentata e a ucciderli sono stati ancora genitori, madri e padri. Si piange spesso un bambino ucciso da un padre. Quel che non si fa tanto spesso è dedicare un ricordo a bambini uccisi da una madre, perché in quel caso si parla di lei, vittima, e molto meno del figlio. Ho così voluto immaginare una lettera scritta da un padre al figlio ucciso dalla moglie. Quel che scrivo è poi così falso o in qualche modo c’è chi si riconosce nel testo della lettera? Perciò ecco:
Caro figlio,
sono io, mi conosci, perché spesso hai sentito il mio calore e io ho ascoltato il tuo respiro, osservandoti con attenzione, talvolta per una notte intera. Così preoccupato di quel che altre persone, a noi estranee, avrebbero potuto farti. Con le difese ridotte al minimo ogni volta che era lei a prendersi cura di te. Quando mi hanno detto della tua morte non potevo crederci. Per un attimo ho pensato ad uno scherzo macabro, poi ho capito che era tutto vero e all’improvviso ho ricollegato ogni cosa, piccoli segnali, quelli che avrebbero dovuto mettermi in allarme, anche se in realtà io li avevo tenuti in considerazione pregando lei di farsi aiutare. Era difficile per me, costretto a lavorare tutto il giorno, sostituirla con la cura del bambino. Le avevo chiesto perfino di farsi aiutare da mia madre ma lei, gran testa dura, non ha voluto saperne. Il figlio è mio e lo gestisco io, così suonava quella strana e cinica parodia dell’altro slogan femminista. Peraltro il mondo intero dice che la mamma non farebbe mai del male al proprio figlio. Questa errata convinzione ha su chiunque, me compreso, un effetto anestetizzante. Perciò la tua morte violenta è stata per tutti una sorpresa.
L’aveva sempre detto, lei, che tu gli appartenevi. Mi minacciava, spesso, quando ero a corto di pazienza, del fatto che, se solo pensavo di lasciarla, lei non mi avrebbe più fatto vedere te, mio figlio. Eppure ero paziente, non ho mai detto nulla che potesse far pensare ad un mio abbandono. La amavo, dopotutto, e cercavo di capirla giacché non mi sarei mai sottratto a obblighi e responsabilità. Non so quale delirio lei stesse inseguendo o quale paranoica idea l’abbia resa così tanto propensa a farsi del male. Non so perché quel male lei poi lo abbia trasferito su di te, così indifeso.
Vedi, mio caro, agli uomini non è permesso piangere in pubblico e non è neppure permesso mostrarsi poco comprensivi nei confronti di una moglie che ha ucciso il suo unico bambino e poi si è uccisa. Quando è un papà a uccidere un figlio la madre sente l’esigenza, ovvia, di gridare al mondo il dolore che deriva da quella grande ingiustizia. Ma ad un padre, invece, non è consentito mostrare altro che totale comprensione. Non può ribellarsi quando i media descrivono quella donna come malata, perfino sola. Non può reagire mentre tutti dicono che lei era tanto una brava mamma. Comunque vuoi metterla la colpa è sempre mia. Mia perché l’ho lasciata sola. Mia perché lei era malata e io non l’ho capito in tempo così da toglierle la possibilità di farti del male. E anche se quel tempo ci fosse stato chi mi avrebbe mai creduto? Chi avrebbe accettato che quel bambino fosse affidato alle mie cure? Nessuno. Sarei stato colpevole se ti avessi ucciso con le mie mani e sono considerato colpevole anche se ad ucciderti è stata lei, tua madre.
Mi hanno anche tolto il diritto di sentirmi leso perché in cuor mio ho sempre pensato che anche lei, donna, fragile, vittima, indifesa, fosse una mia responsabilità. Così sono qui a massacrarmi di sensi di colpa. Se io avessi lavorato meno, se solo io avessi fatto una telefonata, quel giorno, per chiederle qualunque cosa, e se avessi chiesto a mia madre di passare a trovarla. Così non è per una donna, una madre, che non si pone mai alcun dubbio. Se fossi stato io a uccidere quel bambino lei avrebbe messo a tacere i suoi sensi di colpa scaricando a me tutta la responsabilità. A me, a mia madre, alla giustizia, allo stato, alla nazione. Avrebbe detto che, no, non ero malato ma solo crudele, perfido, vendicativo nei suoi stessi confronti. Avrebbe detto che un delitto del genere è solo frutto di totale assenza di empatia e ragione. Io non posso dire la stessa cosa. Non posso fare a meno di leggere negli sguardi di chi mi osserva, lungo il percorso che state tracciando tu e tua madre dritti fino al cimitero, un’accusa a me rivolta, insensata, ingiusta, ancor più crudele perché il chiacchiericcio dice che se lei l’ha ucciso devo essere stato io che l’ho portata ad una simile disperazione.
Chissà cosa le ha fatto quel marito che si ritrovava, sento dire a una perfetta sconosciuta. Chissà come la trattava male, forse la rinchiudeva in casa, sola, con quel bambino e lei è impazzita. Sono queste le cose che vorrebbero dirmi alcune persone al seguito delle due bare. E io incasso il pugno e mando giù le lacrime perché un uomo non piange e si assume il doppio delle responsabilità che chiunque altra avrà da assumersi. Tua madre, devo dirlo, è stata irresponsabile, vittimista, e so che è duro sentir parlare così di una che interpretava il santissimo ruolo della madre. Rispetto il dolore della sua famiglia ma l’omertà non aiuta e io so che non ti riavrò indietro, bambino mio, ma voglio prendermi il diritto di piangerti, di fare in modo che il prossimo padre che subirà questa ingiustizia potrà piangere e non sentirsi in obbligo nei confronti di un’assassina. Ecco, l’ho detto. Tua madre è un’assassina e l’unica volta in cui ho sentito altri chiamarla così è stato da parte di un ufficiale che si è occupato di quanto era accaduto. L’ha detto sottovoce, quasi vergognandosi di usare quel termine nei confronti di un’infanticida. L’ha detto mentre la mia vita veniva messa sotto inchiesta perché per un po’ hanno perfino sospettato che fossi stato io ad averti ucciso. Ad aver ucciso te e tua madre.
“Queste sono cose che fanno gli uomini” – mi disse un tale che chiedeva ogni dettaglio su quel che avevo fatto nelle ultime ore. Così ho saputo che c’è chi cerca prove per incolpare il carnefice più plausibile invece che tentare di capire dove sta la verità. Il modo in cui un crimine viene percepito cambia a seconda di chi lo commette, ecco tutto. Io avrei detto che sono orrori dei quali sono responsabili le persone. Non avrei mai detto che si tratta di cose da donna. Ma tu, a quanto pare, saresti stato considerato un po’ più vittima, invece che una specie di effetto collaterale delle azioni di una donna malata, solo se fossi stato io a ucciderti. Non puoi immaginare la rabbia che ho dentro, non immagini quanto io mi senta triste, perché per quanto io non ti abbia avuto per nove mesi dentro l’utero, per quanto io ti abbia allattato solo al tempo del tuo primo biberon, io ci sono sempre stato, per lei e per te, e tu eri mio figlio. Ti lascio queste parole vicino ai fiori e al piccolo cane di peluche che ho portato oggi a rallegrarti. Mi manchi. Tanto.
Tuo padre
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Milano, 5 gen. (Adnkronos) - Sono in corso le indagini dei carabinieri per fare luce sulla morte di un 28enne marocchino trovato morto ieri sera a Cisliano in provincia di Milano. E' stato un passante ieri a chiamare il 112 dopo aver notato un uomo riverso sul ciglio della strada in via Regina Elena, quasi all'incrocio con una strada provinciale. Sul posto sono intervenuti, insieme al 118, i carabinieri di Bareggio e Magenta che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso. A quanto si apprende si indaga per omicidio perché, da una prima ispezione del medico legale, è emersa sul cadavere una lesione all'addome inferiore compatibile con un'azione violenta. Tuttavia sarà l'autopsia a fare definitivamente chiarezza.
Roma, 5 gen. (Adnkronos) - Visita lampo di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago, dove la premier ha incontrato il presidente eletto degli Usa Donald Trump. Dopo circa 5 ore dal suo arrivo a Palm Beach, la premier è risalita sul volo che la sta riconducendo a Roma.
(Adnkronos) - Il Napoli vince 3-0 in casa della Fiorentina oggi 4 gennaio 2025 nel match valido per la 19esima giornata della Serie A. La formazione di Conte passa al Franchi con i gol di Neres (29'), Lukaku (54' su rigore) e McTominay (68'). Il successo consente al Napoli di salire a 44 punti e di conquistare il primo posto solitario in classifica con 3 punti di vantaggio sull'Atalanta e 4 sull'Inter. Bergamaschi e milanesi hanno una partita in meno.
Il Napoli parte bene e al 15' Olivera va in gol dopo lo scambio con Lukaku, ma l'azione del Napoli è viziata da due posizioni di fuorigioco dei due protagonisti dell'azione. Al 18' altro squillo del Napoli con Spinazzola che impegna De Gea. La Fiorentina non riesce ad essere pericolosa e la squadra di Conte al 26' ci prova con Neres che converge e ci prova con il mancino.
Al 29' Napoli in vantaggio: combinazione tra Neres e Lukaku, con il brasiliano che in area danza sul pallone, salta gli avversari e di destro da posizione laterale infila De Gea sotto la traversa per l'1-0. Immediata la reazione viola che al 35' manda Kean in gol, ma l'attaccante prima del tiro in porta tocca il pallone con una mano e la rete viene annullata dopo il consulto con il Var. Al 39' ancora Fiorentina pericolosa con la conclusione verso la porta di Mandragora, parata in tuffo da Meret.
Ad inizio ripresa ancora Napoli protagonista. Al 53' Neres serve McTominay ma lo scozzese in area non inquadra la porta. Il raddoppio arriva un minuto dopo. Al 54' intervento in ritardo di Moreno su Anguissa e calcio di rigore trasformato da Lukaku, per il 2-0. Palladino cambia faccia alla squadra inserendo Gosens e Colpani e al 61' arriva una clamorosa doppia occasione: prima Meret respinge il tiro da centro area di Mandragora, poi si salva anche sul tentativo di Beltran. Poi sul cross di Dodò, svetta ancora Beltran ma il pallone esce di poco a lato.
I viola riversati in avanti lasciano ampi spazi alle ripartenze del Napoli che al 63' sfiora il tris sull'asse Lukaku-Neres, ma questa volta il brasiliano conclude sull'esterno della rete. Al 68' il Napoli trova il terzo gol: ennesimo errore viola a centrocampo con Anguissa che ruba palla e si invola, sul suo cross in area Comuzzo non riesce a liberare, e McTominay arriva da dietro e mette il pallone alle spalle di De Gea per il 3-0. La Viola non si arrende nonostante il pesante passivo e al 70' arriva il tiro a giro di Sottil dal limite dell'area che esce fuori di poco. Con il passare dei minuti la pressione della Fiorentina si affievolisce con il Napoli che controlla il possesso del pallone senza correre altri rischi.
Roma, 4 gen. (Adnkronos) - 'TMZ Presents' e 'Nightline' sono stati i primi: nel 2024 si sono affrettati a produrre speciali sulla storia del magnate P.Diddy, ma a quanto pare sono in arrivo altre serie che promettono ulteriori indagini e scoop. Peacock, lo streamer di proprietà della Nbc Universal ha fatto scalpore giovedì pubblicando il trailer del suo prossimo 'Diddy: The Making of a Bad Boy'. Lo speciale documentario di 90 minuti, previsto per il 14 gennaio, promette di scavare in profondità nelle rivelazioni esplosive che Sean 'Diddy' Combs sta affrontando, tracciando l'ascesa al potere del musicista e imprenditore e facendo parlare addetti ai lavori, l'ex marito della fidanzata di lunga data di Comb, Kim Porter, un'ex guardia del corpo, una truccatrice, una stagista, una vincitrice di Making the Band e un'amica d'infanzia.
Il progetto Peacock sarà presto seguito da altri che sicuramente faranno notizia. Il manager del rapper Curtis “50 Cent” Jackson e i produttori del colosso degli ascolti del 2024 'Quiet on Set: The Dark Side of Kids TV', ad esempio, stanno lavorando su progetti separati. E la saga non è ancora finita: Combs resta in carcere a New York in attesa del processo, che è attualmente fissato per maggio. Il magnate si è dichiarato non colpevole delle accuse di traffico sessuale, associazione a delinquere e trasporto per dedicarsi alla prostituzione. Il team legale di Combs ha dichiarato in una nota al The Hollywood Reporter che i documentari già usciti includono “affermazioni non verificate” e “teorie del complotto infondate”. Combs "nega inequivocabilmente queste false accuse, che sono dannose, diffamatorie e supportate da prove credibili", ha affermato il team, aggiungendo che in tribunale prevarranno i fatti.
Palermo, 4 gen. (Adnkronos) - Alla vigilia del 45esimo anniversario dell'omicidio dell'ex Presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella ci potrebbe essere una svolta nell'inchiesta. La Procura di Palermo, come scrive oggi Repubblica, avrebbe iscritto nel registro degli indagati due persone indicate come i sicari del politico democristiano ucciso sotto la sua abitazione il 6 gennaio del 1980, sotto gli occhi della moglie e dei due figli. Anche se gli inquirenti, interpellati dall'Adnkronos, non confermano. Mentre la famiglia, che sulle vicende giudiziarie e sulle indagini, ha sempre mantenuto il massimo riserbo, continua su questa linea e preferisce non commentare le ultime novità.
Un politico, Piersanti Mattarella, fratello del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che alla fine degli anni Settanta aveva provato ad attuare una politica di rinnovamento, lasciando fuori dai palazzi gli intrecci con la mafia. Proprio come scrivevano i giudici nelle sentenze che si sono susseguite negli anni nei processi sugli omicidi politici. L’attività dell'ex presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, "appariva assai pericolosa", "in quanto ispirata a una genuina politica di rinnovamento, anche in virtù del controllo che aveva cominciato ad esercitare nei confronti del Comune" di Palermo. "Fra le iniziative più innovative e rischiose adottate da Piersanti Mattarella vi era stata l’acquisizione dell’elenco dei funzionari regionali nominati collaudatori di opere pubbliche, che gli consentiva di verificare quali gruppi controllassero la materia dei pubblici appalti e di intervenire di conseguenza nel modo più efficace al fine di renderli trasparenti", si legge nella sentenza sulla strage di Bologna, nel capitolo relativo all'omicidio del Presidente "dalle carte in regola".
E ancora: con l’avvento di Piersanti Mattarella alla presidenza della Regione siciliana, "per la prima volta gli interessi affaristico-mafiosi, che col tempo si erano consolidati in seno al potere politico in sede comunale e regionale, erano stati messi in discussione (ed erano a rischio), e proprio ad opera di un esponente della Democrazia Cristiana, il partito che fino ad allora aveva detenuto il potere in Sicilia in forma indiscussa e aveva assicurato alla mafia, in un regime di sostanziale egemonia, la gestione di tutti i più importanti affari della vita economica siciliana, a cominciare dagli appalti delle opere pubbliche". In questo contesto, "la assoluta indisponibilità di Mattarella a qualsiasi tipo di compromesso poneva a repentaglio quegli equilibri tra le amministrazioni pubbliche e gli interessi mafiosi che attraverso altri soggetti era stato ormai da tempo possibile creare e mantenere".
Era la mattina del 6 gennaio 1980, quando l’onorevole Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana, in occasione dell'Epifania, uscì di casa con la famiglia per recarsi a messa. Come d’abitudine, ogni volta che usciva per ragioni di carattere privato, non aveva (in quanto non voleva) la scorta. Alle 12.45, insieme al figlio Bernardo, di vent’anni, scendeva nel garage della propria abitazione, posto in fondo a uno scivolo che dava su via Libertà, distante da casa circa quindici metri, per prelevare la propria auto Fiat 132. In retromarcia si portava sul passo carraio per far salire la moglie Irma Chiazzese sul sedile anteriore e la suocera sui sedili posteriori. Il figlio stava chiudendo le porte del garage e del cancello che dallo scivolo immetteva sulla pubblica via.
"All’improvviso un giovane dell’età apparente di 20-25 anni, che indossava un piumino azzurro o blu ed era a volto scoperto, si accostava al lato sinistro della vettura e, dopo avere invano tentato di aprire la portiera anteriore, esplodeva alcuni colpi d’arma da fuoco contro l’on. Mattarella, che, seduto alla guida, si accasciava verso destra e veniva parzialmente coperto dalla moglie, che si era piegata su di lui poggiandogli le mani sul capo al fine di fargli da scudo", si legge nelle carte. "Il giovane si dirigeva verso una Fiat 127 bianca sulla quale si trovava un complice armato, con il quale parlava in modo concitato e dal quale riceveva un’altra arma, indi tornava a sparare sull’on. Mattarella dal finestrino posteriore destro della Fiat 132- si legge ancora con il freddo linguaggio burocratico - I due assassini si davano quindi alla fuga e la Fiat 127 veniva ritrovata alle successive ore 14:00, distante poche centinaia di metri dal luogo del delitto. Risultava rubata verso le ore 19:30 del giorno precedente".
Per l’omicidio fu usato, per primo, un revolver calibro 38, la cui rigatura era basata su otto righe destrorse (di possibile provenienza americana o tedesca o spagnola), e per secondo un revolver cal. 38 Special Colt, con sei impronte di rigatura sinistrorse. Come dà atto anche la sentenza di primo grado sugli omicidi politici, Mattarella era "riuscito inoltre a far varare la legge sulla programmazione regionale della spesa pubblica, attraverso la quale poteva razionalizzare e rendere costanti, ancorandoli a criteri oggettivi e di carattere generale, i vari flussi di spesa". "Tutto questo (e altro), se da un lato impediva arbitrarie attribuzioni di spesa, dall’altro andava a ledere interessi consolidati in seno alla mafia e al contesto che intorno ad essa gravitava- si legge -Posto che l’eliminazione di Mattarella era nell’interesse comune di tutte le famiglie mafiose a causa della politica che egli perseguiva, di rinnovata trasparenza nell’assegnazione degli appalti".
Negli anni, dopo l'assoluzione di Gilberto Cavallini e Valerio 'Giusva' Fioravanti, era stato fatto da alcuni collaboratori di giustizia anche il nome di un boss mafioso, Nino Madonia. Oggi ergastolano.
Il collaborante Francesco Di Carlo, sentito in sede di riapertura dell’istruzione dibattimentale, ha rivelato di avere appreso da Bernardo Brusca "che il killer che aveva esploso i colpi di arma da fuoco all’indirizzo del Mattarella si identificava nella persona di Nino Madonia… Non bisogna dimenticare che tutti i collaboranti che hanno reso dichiarazioni sugli esecutori materiali del delitto sono concordi nell’indicare il Nino Madonia come uno dei killer del Presidente della Regione siciliana. Ma quel che è più rilevante è il fatto che il Di Carlo ha riferito di avere, vedendo la fotografia sui giornali di Valerio Fioravanti, commentato con lo stesso Brusca il fatto, rilevando come il Nino Madonia somigliasse moltissimo al terrorista nero", dice la sentenza.
E oggi, a distanza di 45 anni dal terribile omicidio, si potrebbe essere a una svolta. Anche se il condizionale è d'obbligo. (di Elvira Terranova)
Washington, 3 gen. (Adnkronos/Afp) - Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, condannato in primavera da un tribunale penale di New York per aver effettuato pagamenti occulti alla pornostar Stormy Daniels, conoscerà la sua pena il 10 gennaio, ossia 10 giorni prima del suo insediamento alla Casa Bianca (previsto per il 20 gennaio). Lo ha deciso il giudice della Corte suprema statale, Juan Merchan, il quale ha dichiarato che non intende condannare Trump al carcere.
Trump dovrà "comparire in aula il 10 gennaio 2025", ha ordinato Merchan in un'ordinanza nella quale ha specificato di non essere "propenso a imporre una sentenza di incarcerazione" all'uomo che diventerà il 47esimo presidente degli Stati Uniti.
La decisione del giudice di New York "è un attacco all'immunità presidenziale", ha affermato un portavoce del tycoon repubblicano, Steven Cheung.
Palermo, 4 gen. (Adnkronos) - “Grazie per il vostro affetto e per quello che fate tutti i giorni per noi cittadini”. Sono le parole di ringraziamento che la signora Aurora ha rivolto agli agenti della Polizia di Stato di Catania al termine di un incontro, tra ricordi e racconti condivisi, per iniziare in modo diverso il nuovo anno. Per non trascorrere da sola il giorno di Capodanno, l’anziana di Adrano ha chiamato, nel primo pomeriggio, i poliziotti del locale Commissariato per chiedere un supporto morale e per avere un po' di compagnia a casa sua. Al telefono la donna ha raccontato di trovarsi in uno stato di particolare sconforto per aver trascorso le giornate di festa senza incontrare persone, dal momento che, per la sua età e per qualche problema di salute, preferisce non uscire di casa, pur avendo qualche parente residente nei comuni vicini.
L’accorato appello della signora non è rimasto inascoltato e, in pochi minuti, due agenti del Commissariato di Adrano hanno raggiunto la sua abitazione per verificare, prioritariamente, le sue effettive condizioni di salute. Alla vista dei poliziotti, la donna non ha nascosto la sua felicità per la gradita sorpresa e ha subito spalancato le porte di casa, chiedendo loro di accomodarsi in salone per poter parlare insieme per qualche minuto, rivolgendo, in più momenti, parole di sincera e profonda gratitudine agli agenti del Commissariato.
La donna è apparsa in forma, con un progressivo mutamento del suo stato d’animo, caratterizzato da un evidente entusiasmo e da una contagiosa solarità. La signora Aurora, insegnante in pensione, spegnerà tra qualche settimana le ottanta candeline e ai poliziotti ha raccontato diversi aneddoti della sua vita, rivivendo, così, alcuni episodi piacevoli della sua giovinezza. Inoltre, ha mostrato alcune foto del periodo dei suoi studi e poi della sua carriera tra le aule scolastiche, sottolineando di avvertire molto la mancanza dell’affetto e del calore che, per anni, le hanno dimostrato diverse generazioni di alunni. Dopo circa un’ora di ricordi e sorrisi, i due agenti del Commissariato di Adrano si sono congedati con la promessa di un nuovo incontro nelle prossime settimane, non prima di esaudire la richiesta della signora Aurora di una foto insieme per ricordare questo momento così importante del nuovo anno.