Il partito di Aung San Suu Kyi, Nobel per la Pace, ha la maggioranza parlamentare per eleggere il nuovo presidente della Birmania ma per la Costituzione non può farlo. E’ questa la contraddizione del post-elezioni nel paese del sud est asiatico. Una disposizione della costituzione vieta infatti l’elezione di politici birmani che hanno parenti stranieri. E San Suu Kyi ha due figli con passaporto britannico.
Già in campagna elettorale la leader del Lega nazionale per la Democrazia (Lnd) aveva affermato che in caso di vittoria il suo partito avrebbe guidato il governo. Nell’elezioni dell’8 novembre dove hanno votato 35 milioni di persone, ha poi ottenuto una vittoria schiacciante contro il Partito della solidarietà e dello sviluppo per l’unione guidata dai militari: secondo l’ultimo aggiornamento dei risultati l’Lnd ha aggiunto altri 21 seggi alla Camera bassa, che gli ha permesso di superare i 329 deputati necessari nell’assemblea legislativa (491 totali), dove i militari hanno per legge un quarto dei seggi. Con questa maggioranza parlamentare, la Lnd può quindi proporre due dei tre candidati alla presidenza, legge sui parenti stranieri permettendo. Il terzo sarà invece proposto dai militari.
Le ultime elezioni generali celebrate in Birmania durante un governo democratico risalgono al 1960, due anni prima che il generale Ne Win prendesse il potere con un colpo di stato. Trent’anni dopo, nel ’90 la Nld vinse le elezioni, ma la giunta militare rimase al potere. Nel 2010, infine, i militari convocarono elezioni che furono accusate di irregolarità e boicottate dal partito di Suu Kyi.