"Non ho testimonianza diretta, ma di sicuro ho parlato con Berlusconi dei contorni del patto - ha detto il capogruppo di Forza Italia alla Camera al Corriere della Sera - oltre alla riforma del bicameralismo e alla legge elettorale, c'erano la delega fiscale e la correzione della legge Severino. Ma poi Renzi ha imbrogliato le carte"
Nel patto del Nazareno c’era anche la cosiddetta norma Salva-Berlusconi, quella sulla non punibilità dell’evasione fiscale se le somme sottratte al fisco non superano il 3% dell’imponibile dichiarato. Norma che all’inizio dell’anno causò una pioggia di polemiche sul governo. Parola di Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera. “Non ho testimonianza diretta, ma di sicuro ho parlato con Berlusconi dei contorni del patto – ha detto Brunetta in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera – oltre alla riforma del bicameralismo e alla legge elettorale, c’erano la delega fiscale, con la soglia di non punibilità sotto il 3%, e la correzione della legge Severino”.
E’ il gennaio 2015, quando si scopre che l’articolo 19 bis infilato nel decreto di attuazione della delega fiscale varato il 24 dicembre avrebbe consentito all’ex Cavaliere, condannato a 4 anni e 2 mesi di interdizione dai pubblici uffici nel processo per i diritti tv Mediaset, di chiedere al giudice di far decadere la sentenza perché il reato si sarebbe estinto. “Perdonatemi, ma può succedere di non fare le cose fatte per bene”, faceva mea culpa Matteo Renzi il 7 gennaio, dopo tre giorni di polemiche e accuse durissime non solo da parte del Movimento 5 Stelle, di Scelta civica e della Lega ma anche dall’ala sinistra del Partito democratico. Spiegando che a chiedere di inserire nel decreto attuativo il famigerato articolo 19 bis era stato proprio lui. Salvo poi minimizzare il tutto solo un mese più tardi, il 3 febbraio, dai divanetti di Porta a Porta, quando il premier definiva la norma salva-B una di quelle leggende metropolitane che non recuperi più. Berlusconi non c’entra niente, lui è stato condannato“. E bloccare la norma pochi giorni più tardi, l’11 febbraio.
Brunetta traccia la cronologia della trattativa riguardante la modifica della Severino: “La storia della correzione della legge inizia con il governo Letta quando la delega era ancora aperta. Era novembre del 2013. Ma poi Letta mi disse che non se ne faceva niente. Non c’era alcun segreto. Io parlavo come capogruppo e chiedevo al presidente del Consiglio in carica di correggere in corso d’opera il decreto legislativo della legge Severino. Tecnicamente era possibile perché i termini della delega erano ancora aperti. Con un’interpretazione autentica si poteva chiarire il concetto di non retroattività della misura afflittiva”.
“Le insopportabili contraddizioni del decreto attuativo della Severino non riguardano solo Berlusconi, ma una moltitudine di soggetti colpiti dalla prima applicazione della norma”, aggiunge. Brunetta spiega che all’inizio credeva al patto del Nazareno, che “era di andare avanti condividendo le scelte, fossero riforme o altre leggi, a condizione però che in mancanza di accordo ci si fermava”. E invece “Renzi si è comportato in maniera leonina. Ha applicato quello che in economia si chiama ‘azzardo morale‘, minacciando di allearsi con altri. Renzi ha imbrogliato le carte. E davanti all’impegno degli impegni, convergere su Giuliano Amato per il Quirinale, è andato per la sua strada”.