Lite a Palazzo Chigi: scintille tra il premier e il suo braccio destro. Da una parte Guerini e Orlando, dall'altra il sottosegretario che (come sempre) difende il presidente della Regione. Alla fine la linea è: "Non possiamo mollarlo"
Come si è arrivati alla candidatura di Vincenzo De Luca alla presidenza della Campania? Lorenzo Guerini ha cercato per dieci volte di farlo ritirare dalle primarie, poi è arrivato Luca Lotti e ci ha fatto l’accordo. La sintesi retrospettiva è di un deputato dei Giovani Turchi. Adesso, il capitolo del film è un altro, ma i pesi sono gli stessi e anche i conflitti. C’è chi racconta che prima di partire per Malta, davanti alla tegola campana, Renzi abbia avuto un vivace scambio di opinioni col suo sottosegretario, l’uomo da sempre a lui più vicino, per capire che margini di azione ci fossero nella gestione del caso. Lotti, ancora una volta, come fa da mesi, si sarebbe posto come garante assoluto del governatore, ribadendo l’impossibilità di mollarlo.
D’altra parte, è lui che aveva stretto gli accordi per portare i voti del potentissimo sindaco sceriffo a Renzi, durante le primarie del 2013. È lui che si è fatto garante della sua candidatura in Campania. È lui che lo protegge. I molti nemici che ha nel partito raccontano che adesso il biondo e potentissimo sottosegretario non lavori solo per conto di Renzi, ma si stia blindando un futuro politico in proprio, anche distinto da quello del capo. E che De Luca gli serve. Con questa motivazione, spiegano il suo attivismo sui territori, un argine all’eventuale espansione di Graziano Delrio e di Guerini, che dal Giglio Magico sono esclusi ormai da mesi. È stato proprio dopo un lungo colloquio con il vice segretario dem e responsabile Organizzazione Pd, Guerini, che Assunta Tartaglione (segretaria regionale campana) ha fatto un comunicato per dire che “la vicenda giudiziaria delle ultime ore richiede la massima trasparenza. Le ipotesi di reato di cui si parla sono gravi ed inquietanti”.
Guerini non ha mai fatto mistero di aver subìto, all’epoca, la scelta di De Luca. Meno che mai lo fa adesso: anzi, è furioso per l’accostamento costante con Mastursi. Certo, in qualità di dirigente Pd, con l’ormai ex capo segreteria di De Luca ci parlava continuamente. Ma con gli amici si sfoga precisando che Mastursi era ben più vicino a Lotti, e che anzi lui è intervenuto per far escludere dalle liste personaggi come Franco Alfieri (Salerno) e Dionigi Magliulo (Caserta), all’epoca imputati rispettivamente di corruzione e voto di scambio.
Il vicesegretario evita uscite pubbliche, ma da parte dei Giovani Turchi è un fuoco di fila. Ieri il guardasigilli Andrea Orlando si è spinto a dire: “Io De Luca non l’avrei votato alle primarie”. In serata ha voluto precisare che si tratta di un “dato storico”, ma detto in un momento come questo è una chiara presa di posizione. Poi, Orlando ha detto di più: “Il Pd ha bisogno di una profonda revisione. Non so se attraverso la strutturazione degli apparati, ma anche rivedendo alcune formule della vecchia organizzazione. Non mi convince neanche più la dicotomia tra primarie e circoli”. Di rinforzo, Matteo Orfini, presidente del Pd: quella di De Luca è una vicenda “ancora oscura”. Ma dopo l’uscita di Stefano Esposito il giorno prima la strategia di arrivare a un chiarimento nel partito e prendere spazio appare evidente.
Intanto, i fedelissimi raccontano che Renzi è “arrabbiatissimo”, che sa benissimo che quella era la candidatura sbagliata, che è lui che De Luca non lo vuole neanche sentire. Anzi, si spingono addirittura più in là: “Sarebbe meglio già da adesso decidere che Roma e Napoli sono perse alle elezioni e occuparsi della crescita economica”.
Il premier però non parla. Aspetta. Vuole studiare le carte. Anche se più passano le ore, più la linea della difesa si affievolisce e la paura sale: Renzi non sa cosa c’è dentro l’inchiesta, teme sviluppi che lo portino a dover scaricare il presidente della Campania. Una mossa che potrebbe costargli carissima. Per la prima volta ieri tra i giovani parlamentari renzianissimi si pronunciavano le parole “fine della legislatura“. Perché i consiglieri di De Luca in Regione certo non si fanno sfiduciare. E anzi, il governatore potrebbero togliere alla maggioranza in Senato i voti dei suoi e quelli dei verdiniani affiliati. Ieri, il vice di De Luca, Fulvio Bonavitacola si è affacciato a un seminario sulle Infrastrutture tenuto al Pd da Delrio. Un modo per farsi presente.
Da Il Fatto Quotidiano del 13 novembre 2015