Il gruppo Rcs, editore del Corriere della Sera, ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con ricavi in calo a 743 milioni di euro (-3,7%) e un rosso di 126,4 milioni, in aumento rispetto alla perdita di 93 milioni dello stesso periodo del 2014. L’indebitamento è sceso a 500 milioni dai 515 del 30 settembre 2014, ma la riduzione, nonostante la vendita della divisione Libri a Mondadori e le cessioni di altre attività, non è sufficiente per garantire il rispetto degli impegni presi con le banche creditrici. In base ai quali a fine anno il debito non deve superare quota 400 milioni.
Se il gruppo non starà dentro i paletti, gli istituti potranno chiedere il rimborso delle linee di credito erogate e a quel punto Rcs dovrà chiamare la seconda tranche di aumento di capitale prevista dal piano del 2013. E ad oggi, ammette il gruppo nel comunicato, è “prevedibile il mancato rispetto degli impegni finanziari al 31 dicembre 2015”. Di qui la decisione, presa giovedì dal consiglio di amministrazione, di chiedere agli azionisti una nuova delega per una ricapitalizzazione fino a 200 milioni di euro da mandare il porto entro il 30 giugno 2017. Questo garantirebbe i grandi creditori, da Mediobanca a Unicredit a Intesa Sanpaolo che è anche un grande azionista, e consentirebbe di rinviare di qualche mese il primo rimborso. I soci voteranno sulla richiesta il 16 dicembre, quando è convocata l’assemblea. Questo, si legge nel comunicato, consentirebbe al consiglio di amministrazione di “finalizzare il nuovo piano industriale e di ridefinire, sulla base di tale piano, le migliori condizioni e termini del contratto di finanziamento con le banche, riservandosi l’eventuale esercizio della delega entro un arco temporale”. Entro il 22 dicembre il nuovo amministratore delegato Laura Cioli, che in ottobre ha sostituito Pietro Jovane, presenterà la revisione del piano approvato lo scorso 30 luglio.
Nel frattempo il gruppo segnala “il mancato raggiungimento, allo stato, di un accordo con le banche finanziatrici”. Che si sono sì rese disponibili a valutare un accordo di “stand still” (cioè sospensione della richiesta di rimborso) fino al 30 aprile 2016, ma solo se i soci diranno sì all’estensione della delega sulla ricapitalizzazione, se il nuovo piano industriale non presenterà aspetti per loro “sostanzialmente pregiudizievoli”, se non si verificheranno “ulteriori inadempimenti ai sensi del contratto di finanziamento” e se si troverà un accordo “circa l’ammontare dei proventi della vendita delle partecipazioni in Rcs Libri a Mondadori da destinare a rimborso delle linee di credito“.
Dal comunicato risulta che i ricavi diffusionali sono scesi a 323,8 milioni, 10,6 milioni in meno rispetto ai primi nove mesi 2014, mentre quelli pubblicitari sono calati di 14 milioni, a 327,5. Il risultato operativo è negativo per 75,4 milioni, principalmente per effetto delle maggiori svalutazioni. Il totale delle attività cedute da Rcs nel periodo 2013-2015 per fare cassa “ha superato i 191 milioni di euro“, cui andranno aggiunti i proventi della cessione di Rcs Libri. Dopo il palazzo di via Solferino, storica sede del Corriere, è stato venduto anche un immobile del Gruppo Unidad Editorial in Spagna. E non è finita: a valle della cessione della partecipazione nel gruppo Finelco “sono in essere ulteriori trattative per la cessione di altri asset no core”. Nella nota sui risultati trimestrali, il gruppo spiega come “pur considerando le rilevanti incertezze meglio descritte a seguire, che possono far sorgere dubbi significativi sulla capacità del Gruppo di continuare ad operare sulla base del presupposto della continuità aziendale“, gli amministratori ritengono “ragionevole l’aspettativa che il gruppo possa disporre di adeguate risorse per continuare l’esistenza operativa“. Le azioni del gruppo, dopo la diffusione del comunicato, sono scese ai minimi storici. Il titolo ha perso il 5,9% e in chiusura di seduta quotava 0,62 euro, il 33 per cento in meno rispetto a inizio anno.
L’assemblea dei soci convocata a metà dicembre è chiamata anche a “integrare la copertura assicurativa” a fronte della responsabilità civile verso terzi per “comportamenti non dolosi” dei componenti degli organi sociali e dei dirigenti del gruppo.