Rinviare di qualche mese il Giubileo. Celebrarlo nella prossima primavera o estate quando ci sarà stato tempo e modo per testare un sistema di sicurezza adeguato alla potenza di fuoco che l’Is ha dimostrato di poter scatenare nel cuore dell’Europa. E può anche darsi che, nel frattempo, l’offensiva occidentale cominci a tagliare in modo decisivo i molti tentacoli del Califfato (cosa che ancora non ha fatto e che ha reso possibile l’odierna tragedia).
Oggi non è così. Con la strage di Parigi si è alzato in maniera esponenziale il livello dell’attacco terroristico. In tre settimane, quante ne mancano all’evento religioso, non si possono che rafforzare le difese che già esistono mentre il rischio per Roma e per l’Italia si è fatto concreto e altissimo. Rinviare perciò il Giubileo. L’ordine può darlo una persona soltanto: Papa Francesco. È a lui che ci rivolgiamo per rispondere alla domanda angosciosa che da venerdì notte ci insegue attraverso centinaia di messaggi in Rete e che nei nostri pensieri non ha trovato risposta.
Se non che dalla nube nera delle emozioni e delle paure può aiutarci a uscire il ricorso al buon senso, alla razionalità, alla difesa dei nostri valori e delle nostre libertà e alla consapevolezza dei nostri limiti. Non è un caso che lo Stato islamico annunci come prossimo obiettivo Roma, insieme a Londra e Washington.
Se a Parigi i kamikaze si accaniscono contro uno stadio, un caffè, un ristorante e una sala concerto, simboli dello stile di vita occidentale, di una normalità considerata da questi assassini luoghi di abominio e perversione, la Capitale della cristianità rappresenta l’apogeo della loro delirante Guerra Santa.
Sì, Roma, dove dall’8 dicembre in avanti è previsto l’arrivo di milioni di pellegrini da tutto il mondo: un fiume immenso impossibile da controllare goccia per goccia e dove i portatori di morte potranno facilmente nascondersi, pronti a colpire. A chi gli chiede dell’allarme Giubileo, padre Lombardi portavoce della Santa Sede risponde che “non bisogna farsi dominare dalla paura ma occorre muoversi con attenzione, ragionevolezza, prudenza”. Belle parole degne di rispetto ma che non tengono conto di un aspetto fondamentale: si sta parlando di un grande evento spirituale che può estendere le sue conseguenze, ci auguriamo benefiche, sulla realtà materiale circostante costituita dallo Stato italiano.
Non è stato il governo del nostro Paese ad annunciarlo e a volerlo (e, secondo molti, anche a subirlo). La Misericordia giustamente invocata da padre Lombardi è un sentimento di condivisione per l’infelicità e la sventura altrui che induce a soccorrere e a comprendere. Non a gettarsi stoltamente nelle braccia del nemico.
Il Fatto Quotidiano, 15 novembre 2015