L’autorità di controllo ha scelto di non dare pubblicità alcuna alle irregolarità riscontrate (e sanzionate) dell'istituto, evitandogli danni reputazionali e, soprattutto, mancando di informare i risparmiatori
La trasparenza non è proprio il piatto forte del sistema bancario e del mercato finanziario italiano e le autorità di controllo nostrane sembrano fare ben poco per promuoverla. Prova ne è, ancora una volta, il caso della Banca popolare di Vicenza. Nel luglio dello scorso anno, la Consob ha aperto un procedimento sanzionatorio nei confronti dell’istituto a causa di “carenze di carattere procedurale nonché condotte operative irregolari relative alla valutazione di adeguatezza” della clientela. Non si tratta di cosa da poco: la banca, infatti, pur di piazzare nei portafogli dei clienti le proprie azioni e obbligazioni non si è fatta scrupoli e oggi a patirne le conseguenze sono tantissimi piccoli risparmiatori che si ritrovano impossibilitati a vendere e con il capitale quasi azzerato.
Il procedimento si è concluso con l’irrogazione di una sanzione pecuniaria nei confronti di tutti i componenti del consiglio d’amministrazione e dei membri del collegio sindacale dell’epoca per un totale di 73mila euro, meno di 4mila euro a testa, il minimo “edittale”. Ma il punto non è tanto l’ammontare della sanzione, quanto piuttosto la decisione della Consob di non pubblicarla sul Bollettino. L’autorità di controllo ha cioè scelto di non dare pubblicità alcuna alle irregolarità riscontrate (e sanzionate), evitando così alla banca presieduta da Gianni Zonin danni reputazionali e, soprattutto, mancando di informare i risparmiatori che la Consob dovrebbe invece tutelare.
Proprio in quel periodo, tra l’altro, la banca ha effettuato aumenti di capitale le cui modalità di sottoscrizione hanno suscitato diversi rilievi da parte degli ispettori della Bce in relazione al mancato rispetto della normativa Mifid nel collocamento delle azioni, alle modalità di finanziamento e anche alle gravi anomalie riscontrate nella gestione dei rapporti con alcuni soci. Non a caso, nella semestrale la Popolare di Vicenza ha accantonato 371,1 milioni di euro in vista dei contenziosi che potrebbero nascere con gli azionisti e la clientela in tema di rispetto delle norme sulla tutela degli investitori nel collocamento delle proprie azioni e obbligazioni. Inoltre, è emerso un rischio contenzioso per i finanziamenti erogati per l’acquisto di azioni proprie e per la compravendita delle stesse sul mercato secondario. Contenzioso che espone la banca “a responsabilità le quali – unitamente a eventuali sanzioni delle Autorità di vigilanza – influirebbero negativamente sulla sua reputazione e sulla sua situazione economica, patrimoniale e finanziaria”.
La Consob, che peraltro ha avviato un’ispezione a Vicenza alla fine dello scorso aprile di cui ancora non si conoscono gli esiti, ha preferito mettere la sordina a irregolarità che hanno provocato danni a migliaia di risparmiatori (73mila euro di sanzioni e la non-menzione). Un comportamento che, a fronte di uno scandalo così vasto e grave, fa pensare che nei confronti della Vicenza le autorità di controllo continuino ad avere un incomprensibile occhio di riguardo, al punto che non risulta che sia stato chiesto al presidente Zonin di farsi da parte, nonostante sia da oltre vent’anni il dominus incontrastato della popolare vicentina e sia indagato assieme all’ex direttore generale Samuele Sorato e ad altri consiglieri e manager per le condotte messe in atto e per le gravissime irregolarità riscontrate nei bilanci del gruppo.
Intanto, dall’aggiornamento del prospetto informativo che accompagna le emissioni obbligazionarie della Popolare di Vicenza emerge anche che la Bce ha intenzione di fissare (ma non ancora formalizzato), il requisito patrimoniale minimo in termini di Cet1 al 10,25%. La banca popolare di Vicenza dopo le maxi-perdite, gli accantonameneti prudenziali e le svalutazioni effettuate con la semestrale, dovrà presentare al più presto alla Bce un piano di rafforzamento patrimoniale da attuare entro aprile: allo stato l’istituto vicentino non rispetta nemmeno il livello minimo regolamentare dell’8% in termini di Total Capital ratio e, tra le altre cose, dovrà varare un nuovo aumento di capitale da 1,5 miliardi di euro.