Diritti

Attentati Parigi e la violenza del linguaggio di casa nostra

Place de la République, Parigi

Adesso che la quotidianità prova a farsi spazio dopo i tragici fatti di Parigi, sarà utile capire l’atteggiamento delle frange estremiste del nostro Paese, rispetto ad alcune questioni che hanno sensibilizzato l’opinione pubblica nei mesi precedenti, riguardo a migrazione, diritti delle minoranze, ecc. Si è già parlato dei commenti di Salvini, Meloni ed altri personaggi della destra, più o meno estrema ma sicuramente radicale e populista. Ciò che si rimprovera a costoro non è solo l’aver portato avanti la propria propaganda, tuffandosi nella tragedia ancora in corso, ma anche di aver approfittato degli attentati per ottenerne un vantaggio in termini elettorali.

Emerge, nel comportamento adottato, un vero e proprio processo di generalizzazione: “L’islam festeggia i nostri morti” tuonava Daniela Santanchè su Facebook e, sempre dal mondo dei social, si pretendeva una presa di distanza dal cosiddetto “Islam moderato”, facendo confusione tra appartenenza a una fede e atti delittuosi e suggerendo a chi legge che essere musulmano è un crimine. Per altro, si inventa il concetto di “musulmano per bene” da opporre a quella più generica di “appartenente all’Islam” che, in tale costruzione linguistica, diventa in automatico un potenziale attentatore. E così non è. Per capire l’enormità della cosa, è come se ogniqualvolta si ha notizia di un sacerdote coinvolto in atti di pedofilia, si chiedesse ai “cattolici moderati” di prendere le distanze dalla cosa. Ma appartenere alla religione cristiana espone naturalmente a reati di un certo tipo? Con i seguaci di Allah, tuttavia, si fa questo tipo di semplificazione. E chiedere a persone che mai hanno impugnato un’arma di prendere le distanze da certi atteggiamenti, significa reputarli capaci de facto di tali atrocità. Atteggiamento che se venisse riservato a noi, in un qualsiasi contesto, non ci farebbe piacere.

Le destre xenofobe nostrane, intanto, se la prendono con migranti (regolari o no) e rifugiati politici. Ma anche qui, il discorso appare più propriamente politico-elettorale invece che di gestione dell’emergenza. I nostri accordi internazionali impongono l’accettazione di chi, nel proprio paese, è a rischio. Può accadere che vi siano degli infiltrati che utilizzano il diritto d’asilo per entrare nel nostro Paese, ma in tali casi la soluzione del problema non sarebbe certo impedire l’accoglienza: i terroristi troverebbero ugualmente il modo di infiltrarsi in occidente e otterremmo il solo risultato di non aiutare chi ha davvero bisogno. Il sospetto dello slogan a fini elettorali, dunque, ci sta tutto. E forse sarebbe stato più opportuno osservare un più rispettoso silenzio nel momento del clamore, delle urla e del sangue, così come ha fatto la stessa leader del Front National a cui per altro Salvini e Meloni dicono di ispirarsi.

Chiude questa carrellata di estremismo politico il movimento antigay nostrano. La Manif pour tous di Terni – denuncia il sito Lezpop – ha pubblicato una vignetta in cui l’Isis sbarca indisturbato in un Occidente “corrotto” dai diritti delle persone Lgbt. “Il gender, insieme alla perdita del senso religioso e alla mercificazione dell’essere umano, è il segno più evidente del degrado della nostra società…”. Quale sia il nesso tra gender theory, che veicola un messaggio egualitario nel rispetto delle differenze, e le atrocità dei fatti che ci hanno atterrito venerdì notte è un mistero. Anche in questo caso si opera una generalizzazione per cui si prende il diverso (il gay nel caso specifico) e lo si lega strumentalmente agli attentati e alla paura scaturita. Poi, pazienza che nei territori occupati dal Califfato gli omosessuali vengano uccisi lanciandoli dal punto più alto della città e terminandoli con la lapidazione, se ancora in vita. Per non parlare del fatto che le donne del “nemico” vengano catturate e schiavizzate. Odio del diverso, sfruttamento dell’elemento femminile (altro oggetto di studio dei gender studies), violenze… tutto ciò che, se si sapesse di cosa si sta parlando, sta all’opposto delle acquisizioni di quegli studi che tanto spaventano le frange omofobe.

Adesso, soffermandosi un attimo su cosa l’Isis fa davvero, potremmo dire che questa organizzazione funziona grosso modo così: occidentali “a casa loro”, “ruspa” su monumenti e quanto visto come diverso e la fede verso l’unico Dio possibile a determinare cosa è giusto e cosa non lo è nella società. Chissà chi ci ricorda… E non so voi, ma credo sia preoccupante sapere che nel mondo occidentale, che ha conosciuto l’Illuminismo e ha creato la democrazia moderna, ci siano personaggi il cui metodo di pensiero non si discosta poi tanto da quel fanatismo da cui tanto vorrebbero prendere le distanze. Forse, prima di pretendere da chi vediamo come diverso un comportamento esemplare, dovremmo capire quanto dentro casa nostra saremmo uguali a chi disprezziamo, se le parti fossero invertite.