Società

Scrittura e emarginazione: la voce dei senza voce

La pagina è bianca. Sono le sei del mattino, e ormai non riesco a dormire. Perché queste sono le uniche ore in cui posso scrivere, e non posso non farlo. Pare ormai,  che sia una mia necessità viscerale. E allora, questo mio primo articolo di apertura del blog sarà un preambolo, un foglio bianco che vuole riempirsi di intenti, di obbiettivi, e del senso che voglio dare ad ogni singolo tasto picchiato con forza sulla tastiera del mio pc. Che è vecchio, ma ancora efficiente. Ho pensato spesso ai possibili motivi che mi portano ad alzarmi presto (o andare a dormire tardi la sera) per scrivere, e ritrovarmi qui. Seduta alla scrivania, pronta a gustarmi il rumore lieve ma deciso di ogni singola parola e spazio, punto, o virgola. Credo sia la stessa emozione che prova un musicista mentre produce le sue note migliori, o del pittore che trasforma la tela imprimendo attraverso i colori e le sfumature, ciò che vuole esprimere.

Ho pensato al mio perché. Al perché ho questo bisogno urgente, e perché non riesco proprio a farne a meno. Credo di avere un dono. Io. Che sono stata una “tossica di merda”, persa per strada come fossi strangolata dalla sensazione di non far parte di questo mondo assurdo. Fatto di cose e gente senza senso, di ipocrisie, moralismi, indifferenza, e tanta ignoranza. Non quella dettata dalla mancanza di un diploma, ma dall’ottusità culturale. Che è un’altra roba. Io, che mi sono autoesclusa da un mondo fatto di ingiustizie incomprensibili, soprusi inaccettabili, complicazioni burocratiche, compromessi, disuguaglianza sociale, discriminazioni; un mondo banale e allo stesso tempo imprevedibile nei suoi risvolti acidi e opportunisti. Egoisti. Dove la legge del più forte diventa una prassi scontata, e non ci si stupisce più di nulla. Chi non tiene botta, viene abbattuto. È così che gira. Chi non ce la fa, chi non è all’“altezza”, perde. E che fine fa, non è cosa che tiene svegli la notte.

Io invece spesso non dormo. Ho dormito per troppo tempo, e ho lasciato scivolare via i miei anni migliori come abbandonata dalla speranza, abbandonata all’idea di non essere capace in niente. Ho pensato per anni di non avere nemmeno uno strumento per contrastare tutto ciò che mi faceva incazzare, che umiliava il mio sentirmi umana tra gli umani, donna tra le donne, figlia tra i figli. Studentessa senza un futuro, intelligente ma poco scaltra, troppo idealista e poco pratica. Non abbastanza “efficiente”, per niente materialista o affarista. Schiacciata dalla prepotenza degli altri, che come dice Vasco in una sua canzone, sembravano “tutti più furbi di me”.

Allora, non aspettatevi da me i nozionismi, le elucubrazioni politiche o le analisi tecniche. Non sono una giornalista, anche se a volte mi diverte farlo. Anche se non per dare degli scoop. Piuttosto per raccontare, e far parlare qualcuno che ha diritto di esprimersi ma che non se lo caga nessuno. Non aspettatevi il “politically correct”. Mi piace rompere gli schemi, oltre ai coglioni di chi non ama ascoltare ragionamenti poco convenzionali. Sono una scrittrice, e in verità nemmeno quello. In realtà sono una commessa, e il mio lavoro lo so fare bene. Timbro il cartellino, vengo pagata, e finisce lì. Quello è il mio lavoro. La scrittura è una passione. Forse iniziassi a guadagnarci sopra, come in tanti mi invitano a fare, non mi piacerebbe più. Ecco. Non ho un grande senso degli affari, mettiamola così. Quindi non lo so esattamente cosa dovete aspettarvi da me.

Ma questa attitudine alla scrittura, che mi porto dietro da quando sono una ragazzina, oggi trova il suo senso quando affronta argomenti scomodi, storie inabissate tra la frenesia, quella che ci limita ogni giorno e ci rende sempre più indifferenti. Ho capito che questa mia capacità, ho bisogno che sia utile ad altri come me, e non fosse finalizzata al solo raccontarmi (come per anni è accaduto quando scrivevo in forma poetica e troppo intimista). Io ero una voce senza voce. Oggi ho il mio strumento. E ho persone intorno, che mi danno la possibilità di esprimerlo. E di urlare forte. Ecco. LA VOCE DEI SENZA VOCE. Vorrei che il mio blog avesse questo intento. Perché la mia voglia di scrivere, vive attraverso questo stimolo, questo input. E mi tiene sveglia la notte. Ora si può iniziare. Il dado è tratto. Il preambolo è scritto. Resto sveglia e non dormo più.