Tra contenziosi legali aperti, sentenze dei Tribunali amministrativi (Tar), minore propensione al gioco degli appassionati, il banco di Stato incassa sempre meno. Se n'è accorta anche la Commissione europea
Quanto incasserà di meno l’anno prossimo lo Stato dai giochi? Nel 2014 le entrate tributarie dirette e indirette ottenute con lo sfruttamento statale dell’azzardo ebbero un boom crescendo del 4,7 per cento rispetto all’anno precedente con un introito complessivo di poco inferiore a 12 miliardi di euro. Ora però è assai difficile che nel 2015 e 2016 quell’exploit possa essere ripetuto. Tra contenziosi legali aperti, sentenze dei Tribunali amministrativi (Tar), minore propensione al gioco degli appassionati, la vacca da mungere del gioco statale non è più munifica come un tempo. Il dubbio che il gettito sia in flessione non lo esprimono solo gli addetti ai lavori, interessati magari a dipingere a tinte fosche la situazione. A esprimere perplessità è anche la Commissione europea. Nella opinione ufficiale di valutazione sul bilancio italiano consegnata alle autorità di Roma lunedì 16 novembre, il commissario Pierre Moscovici al punto 9 mette in dubbio le additional revenues from gaming, cioè gli incassi aggiuntivi ottenuti dal gioco.
I motivi di questo scetticismo sono numerosi. Proprio nelle stesse ore in cui Moscovici consegnava il documento, veniva resa ufficialmente pubblica in Italia una notizia che girava da tempo, di certo non gradita ai responsabili delle entrate erariali. Il Tar del Lazio ha in pratica bocciato la tassa di 500 milioni imposta con la legge di Stabilità 2015 ai concessionari delle new slot, le cosiddette macchinette mangiasoldi. Le motivazioni della bocciatura sono serie: secondo i giudici amministrativi quella tassa “presenta dubbi di compatibilità costituzionale con riferimento sia al profilo della disparità di trattamento sia al profilo della ragionevolezza”. In pratica la tassa è stata addossata ai concessionari non in base agli incassi accertati, ma per il numero degli apparecchi gestiti. Inoltre essa grava su uno dei settori del gioco d’azzardo (le macchinette) lasciando indisturbati tutti gli altri.
La partita non è finita, ci saranno strascichi legali, ma il risultato immediato è che quasi sicuramente chi doveva pagare non pagherà. Almeno non subito e ciò aprirà un nuovo buco nei conti pubblici. E dei 500 milioni di incasso preventivati, lo Stato al 31 ottobre ha incassato solo un quinto. A quella data i concessionari avrebbero dovuto versare più di metà della tassa, circa 300 milioni, ma a conti fatti ne hanno sborsati solo 100. A questo punto restano 400 milioni ballerini. Non è finita. All’appello delle entrate mancano anche le molte centinaia di milioni derivanti dal flop della sanatoria dei Ctd (Centri trasmissione dati), dalle incertezze che gravano sulla gara per il rinnovo dei diritti delle scommesse sportive e dagli imprevisti collegati alla gara per il Lotto.
La questione dei Ctd è annosa: si tratta in pratica di quelle agenzie collegate a bookmaker esteri che raccolgono le scommesse in Italia. A lungo i Monopoli hanno messo in discussione la loro legittimità insistendo in sostanza sulla circostanza che sugli incassi ottenuti in Italia, questi soggetti pagano poi le tasse in altri paesi, con aliquote assai più vantaggiose e ottenendo così vantaggi concorrenziali. Dopo un lungo braccio di ferro, alla fine avevano deciso una sanatoria che avrebbe dovuto far incassare allo Stato circa 600 milioni di euro, ma che è stata un mezzo fiasco: hanno aderito solo 2mila Ctd, mentre altri 4/5mila sono rimasti alla finestra.
Altro grosso ammanco è quello che si profila con la gara per le scommesse sportive. Tra corner e negozi, i soggetti interessati sono circa 15mila e il gettito che dovrebbero garantire si aggira sui 400 milioni. Un’entrata che però resta dubbia perché sulla faccenda tira un’aria sfavorevole dal punto di vista dell’erario. Siccome nel frattempo molti comuni e regioni hanno imposto regole assai più stringenti alla raccolta delle scommesse, è molto probabile che gli interessati ritengano più opportuno tenersi ben stretti i diritti posseduti, anche se in scadenza, piuttosto che avventurarsi in una gara costosa da cui si aspettano comunque più svantaggi che opportunità. Quel che si profila, insomma, è un enorme contenzioso il cui risultato immediato sarebbe una flessione delle entrate. Infine il Lotto, gioco ricchissimo, per 22 anni in mano a Lottomatica (Igt) e in scadenza a giugno 2016. I dubbi espressi dal Consiglio di Stato sulla formulazione della gara stanno rallentando tutta la faccenda e hanno fatto slittare il versamento dei primi 350 milioni sui 750 totali pretesi dallo Stato come garanzia fideiussoria per la partecipazione alla gara stessa.