Presidenziali Argentina, è ballottaggio Scioli-Macri

Nell’interessantissimo museo delle scienze naturali di La Plata, capitale della provincia di Buenos Aires, si conservano fra l’altro le spoglie dell’argentinosauro, gigantesco rettile autoctono estintosi al pari dei suoi simili nel giurassico. Non sono invece ancora estinti i dinosauri politici del Paese, che anzi vorrebbero riprenderne le redini con la vittoria di Macri alle elezioni di domenica prossima.

Vari sono gli elementi di contrapposizione tra Macri e il candidato del Fronte della Vittoria, Scioli, che incarna la continuità con le politiche portate avanti con successo dai Kirchner, prima Nestor e poi Cristina, che hanno avuto il merito di guidare il Paese fuori dalla tremenda crisi del 2001, riducendo il debito estero e al tempo stesso ampliando l’accesso degli strati popolari ai diritti economici, sociali e culturali, sostenendo i diritti civili, dall’aborto al matrimonio gay, e rendendo giustizia alle numerose vittime dell’atroce dittatura genocida degli anni Settanta.

Un primo punto di forte discussione riguarda la necessità di abbandonare il progetto nazional popolare del kirchnerismo, fondato sui punti accennati, per tornare alle politiche imposte dall’esterno, in particolare dalle istituzioni finanziarie internazionali, che vogliono svalutazione del peso, privatizzazioni, compressione dei consumi e diritti popolari, taglio della spesa pubblica, sostegno alle esportazioni, insomma la solita ricetta neoliberista che sta fallendo ovunque nel mondo. Su questi punti la posizione di Macri è chiara, anche se la sua posizione è stata eloquentemente reticente durante il dibattito fra i due candidati svoltosi in diretta televisiva domenica scorsa. Un chiaro tentativo di nascondere le proprie intenzioni, nella consapevolezza del fatto che dichiararle equivarrebbe a perdere milioni di consensi.

Un altro punto riguarda esattamente la necessità di fare i conti con i responsabili dei crimini degli anni Settanta. Qui Macri si distingue per un fortemente ambiguo appello all’unità degli argentini” che significa in realtà ritorno dell’impunità mediante una sorta di amnistia del tipo di quelle imposte da Menem negli anni Novanta con leggi “Obedencia debida” e “Punto final”, giustamente spazzate via dal kirchnerismo. Non è un caso che tale posizione gli abbia guadagnato il consenso dei familiari dei torturatori e assassini in divisa che operarono all’epoca. E’ peraltro inconfutabile che ogni vera unità degli argentini passi per un accertamento chiaro delle responsabilità e la punizione dei colpevoli di quei crimini.

Un terzo punto attiene ai diritti civili, altro punto sul quale Macri vorrebbero tornare indietro, a conferma della natura sostanzialmente reazionaria, da tutti i punti di vista, del suo progetto politico di restaurazione dell’Argentina peggiore.

Sul piano dei rapporti internazionali la vittoria di Macri equivarrebbe senza dubbio a un colpo, non irrimediabile ma pesante, ai progetti di integrazione latino-americana in tutti i campi che hanno marcato l’ultimo decennio, con il rigetto del disegno dell’Alca (Area di libero commercio delle americhe) fondato sugli interessi del capitalismo statunitense e l’avanzamento di fenomeni importanti e densi di potenzialità ancora inespresse come Unasur (Unione delle nazioni sudamericane) e Celac (Comunità di stati latinoamericani e dei Caraibi).

Insomma il “cambiamento” promosso da Macri ha un sapore molto antico e sgradevole. Riuscirà il popolo argentino a resistere al  discutibile fascino di questo attempato berlusconoide in salsa tanguera? Il mio amico Aldo Garzia, attento conoscitore dell’area, mi ha invitato di recente in una conversazione che abbiamo avuto, a valutare il peso e le aspirazioni della nuova classe media, paradossalmente proprio frutto, in Argentina e altri paesi latinoamericani, delle nuove politiche economiche e sociali, ma che manifesta una certa insoddisfazione riguardo a taluni elementi come l’insicurezza e la corruzione, che non sono certamente peculiari solo di questi nuovi sistemi ma che vanno affrontati e risolti, anche perché la destra li utilizza per speculazioni politiche contro i governi progressisti.

Coniugare la difesa intransigente delle classi popolari con l’apertura ai bisogni espressi da questa classe media inquieta costituisce oggi un’esigenza per tutti i governi dell’area. Un compito di rinnovamento che deve andare di pari passo con la necessaria e  prioritaria difesa delle conquiste economiche, sociali e politiche del kirchnerismo contro la reazione giurassica incarnata da Macri.

 

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