No al Ponte sullo Stretto, la lezione di Franco Nisticò
Omicidio colposo:la sentenza arriva in questo novembre 2015 e parla chiaro. Franco Nisticò, un attivista appassionato e coraggioso, è stato abbandonato e lasciato morire, senza il doveroso soccorso, su un palco di una manifestazione pubblica. I fatti sono ormai completamente accertati, ma la notizia di questa decisione non riesce a rasserenarmi.
La memoria torna per forza al 19 dicembre 2009, a quel palco sulla riva calabrese dello Stretto. È la manifestazione nazionale contro il Ponte, e – insieme al mio gruppo – sono stato scelto per esibirmi alla chiusura del corteo: si preannuncia una bellissima festa proprio nel punto in cui il continente e la Sicilia sembrano toccarsi. La giornata non parte bene: nei giorni precedenti le autorità hanno diffuso un clima di terrore totalmente ingiustificato. Dicono che i fantomatici black bloc caleranno in massa su Villa San Giovanni. Ai negozianti viene detto di tenere le serrande abbassate, perfino i panettieri hanno disposizione di produrre il doppio del pane il giorno precedente, in modo da poter contenere l’emergenza. Molte strade vengono bloccate. Alla stazione c’è uno schieramento di forze che non ho visto nemmeno quando a Reggio hanno processato Riina. Ma l’atmosfera si scioglie quando il corteo parte: ci sono canti, colori, bandiere. Affrettiamo il passo ed arriviamo per primi nella piazza dove ci esibiremo, ovviamente c’è da fare il sound check.
Ci tengo moltissimo a questa giornata, è uno dei momenti di lotta più importanti per la mia gente. E, quando mi guardo in giro dall’alto del palco, sento di nuovo la tensione serrarmi la gola. La piazza è totalmente militarizzata. Blindati, decine e decine agenti in assetto antisommossa, ci sono perfino i motoscafi delle forze dell’ordine che fanno su e giù nello specchio di mare dove solitamente si aggirano, lente, solo le barche dei pescatori. Per fortuna il corteo sta arrivando: i mille colori degli striscioni cominciano a rendere più allegra ed umana l’uniformità minacciosa delle divise e delle camionette.
Prima del concerto, come capita in questi casi, sono previsti gli interventi delle varie realtà che hanno aderito al corteo. Noi ascoltiamo con un orecchio solo, mentre ci assicuriamo che le ultime cose siano a posto e che il nostro show possa essere perfetto nonostante il frastuono incessante degli elicotteri. Ma è impossibile distrarsi quando sale sul palco Franco. Dice parole semplici e belle: giovani e vecchi devono lottare insieme per ridare speranza alla nostra terra.
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Si accalora mentre parla, si sente male, si accascia. I presenti invocano un’ambulanza ma – incredibilmente – in tutto quello schieramento di forze non c’è alcun mezzo di soccorso. L’ambulanza, allertata e chiamata d’urgenza, non arriva. Ed è così che, in quel dicembre assurdo e maledetto, il cuore di Franco Nisticò si ferma per sempre.
Il silenzio riempie la piazza. Poi si alzano le urla, “Assassini!”. Una frangia del corteo si stacca, avanza verso i blindati. La carica della Celere è secca, immediata. Torna il silenzio sulla piazza. Il concerto, stasera, non lo faremo. Qualche mese dopo, scriviamo una canzone che si intitola, semplicemente, “No Al Ponte”, e che verrà adottata come inno del movimento. Nei miei versi immagino che Ulisse torni con i suoi guerrieri a difendere Scilla e Cariddi, e che Franco torni a dirci parole di unità e di speranza.
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6 anni sono passati ma la famiglia Nisticò, ovviamente, non si è rassegnata a questa morte inaccettabile. Non crede (come me, del resto…) che un tribunale potrà mai fare giustizia, ma vuole che i fatti siano accertati, e oggi il giudice mette la penna sul foglio e scrive quelle due parole: “omicidio colposo”. La dottoressa, che al momento del malore di Franco si trovava (a bordo dell’unica ambulanza dotata di defibrillatore…) a circa tre chilometri di distanza, è stata condannata a causa della sua negligenza. Negligenza consistente, in particolare, “nel rifiutarsi, benché tempestivamente e ripetutamente richiesta – dal vigile urbano del Comune di Villa San Giovanni (…), ed altresì, del comandante del Corpo di Polizia municipale, (…) – di intervenire urgentemente con la citata ambulanza, in località Cannitello, presso piazza Chiesa, dove vi era una persona colta da malore (Francesco Nisticò, in arresto cardiaco) affermando loro che ‘non intendeva prendere disposizioni dal Comandante della Polizia locale’ e che ‘comunque, non sarebbe intervenuta, perché bisognava chiamare il 118 di Scilla’”, nonché “nel rifiutarsi, con la citata condotta, di eseguire comunque un intervento di pronto soccorso, omettendo di effettuare, pertanto, con urgenza, l’unica manovra rianimatoria efficace per consentire la ripresa dell’attività cardiaca del Nisticò, costituita dalla defibrillazione, ed allontanandosi, successivamente, da Villa San Giovanni, per fare rientro a Reggio Calabria, abbandonandovi il Nisticò”.
Ora, cosa sia passato veramente per la testa di quella dottoressa non lo sapremo mai, e probabilmente non interessa molto nemmeno ai figli di Franco ed ai tanti compagni di lotta, che hanno raccolto il suo testimone con lo stesso coraggio ed ostinazione. Non sappiamo se anche lei sia stata effettivamente vittima del terrore collettivo imposto, del clima di tensione provocato da quella militarizzazione esagerata e intimidatoria. Ma l’autopsia ha detto che, con un soccorso tempestivo, Franco sarebbe ancora con la sua famiglia.
Ora non voglio parlare di omicidio politico, non voglio dire che chi ha terrorizzato la mia gente generosa ha le mani sporche di sangue. Non voglio dire che Franco Nisticò è la prima vittima del Ponte sullo Stretto. Voglio anch’io, come sta facendo chi ne tiene viva la memoria, imparare ad essere ostinato, ad essere coraggioso e ad avere una memoria lunga.
“I molti problemi del nostro territorio, come il dissesto idrogeologico, i giovani, il lavoro, non hanno bisogno di divisione, ma hanno bisogno di unità. Dobbiamo lottare con forza e tutti insieme per sconfiggere chi marcia contro. E allora la speranza siamo tutti noi, vecchi e giovani. Per dare insieme una speranza a questa Calabria abbandonata da tutti”.
(Ultime parole di Franco Nisticò, 19 dicembre 2009)
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La Redazione
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Nessun tumore al cervello e nessuna infezione da polmonite batterica, come erroneamente riportato dalla Direzione sanitaria del Mar Rosso. Mattia è morto per un’emorragia causata da un aneurisma cerebrale e si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti. Questo quanto emerge dopo l'esame effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine". Così l'avvocato Maria Virginia Maccari, che assiste i familiari di Mattia Cossettini, morto a 9 anni mentre si trovava in vacanza a Marsa Alam.
"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - A Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, verranno rilasciati tre ostaggi (Omer Shem Tov, Eliya Cohen e Omer Wenkert) rapiti il 7 ottobre, anziché quattro come si pensava in precedenza. Il quarto ostaggio, Hisham al-Sayed, rapito nel 2015, verrà liberato in un altro luogo e senza una cerimonia pubblica. I veicoli della Croce Rossa sono presenti a Nuseirat, ma sembra che ci potrebbe essere ritardo nella consegna.
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Kento
Rapper e scrittore
Giustizia & Impunità - 18 Novembre 2015
No al Ponte sullo Stretto, la lezione di Franco Nisticò
Omicidio colposo: la sentenza arriva in questo novembre 2015 e parla chiaro. Franco Nisticò, un attivista appassionato e coraggioso, è stato abbandonato e lasciato morire, senza il doveroso soccorso, su un palco di una manifestazione pubblica. I fatti sono ormai completamente accertati, ma la notizia di questa decisione non riesce a rasserenarmi.
La memoria torna per forza al 19 dicembre 2009, a quel palco sulla riva calabrese dello Stretto. È la manifestazione nazionale contro il Ponte, e – insieme al mio gruppo – sono stato scelto per esibirmi alla chiusura del corteo: si preannuncia una bellissima festa proprio nel punto in cui il continente e la Sicilia sembrano toccarsi. La giornata non parte bene: nei giorni precedenti le autorità hanno diffuso un clima di terrore totalmente ingiustificato. Dicono che i fantomatici black bloc caleranno in massa su Villa San Giovanni. Ai negozianti viene detto di tenere le serrande abbassate, perfino i panettieri hanno disposizione di produrre il doppio del pane il giorno precedente, in modo da poter contenere l’emergenza. Molte strade vengono bloccate. Alla stazione c’è uno schieramento di forze che non ho visto nemmeno quando a Reggio hanno processato Riina. Ma l’atmosfera si scioglie quando il corteo parte: ci sono canti, colori, bandiere. Affrettiamo il passo ed arriviamo per primi nella piazza dove ci esibiremo, ovviamente c’è da fare il sound check.
Ci tengo moltissimo a questa giornata, è uno dei momenti di lotta più importanti per la mia gente. E, quando mi guardo in giro dall’alto del palco, sento di nuovo la tensione serrarmi la gola. La piazza è totalmente militarizzata. Blindati, decine e decine agenti in assetto antisommossa, ci sono perfino i motoscafi delle forze dell’ordine che fanno su e giù nello specchio di mare dove solitamente si aggirano, lente, solo le barche dei pescatori. Per fortuna il corteo sta arrivando: i mille colori degli striscioni cominciano a rendere più allegra ed umana l’uniformità minacciosa delle divise e delle camionette.
Prima del concerto, come capita in questi casi, sono previsti gli interventi delle varie realtà che hanno aderito al corteo. Noi ascoltiamo con un orecchio solo, mentre ci assicuriamo che le ultime cose siano a posto e che il nostro show possa essere perfetto nonostante il frastuono incessante degli elicotteri. Ma è impossibile distrarsi quando sale sul palco Franco. Dice parole semplici e belle: giovani e vecchi devono lottare insieme per ridare speranza alla nostra terra.
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Si accalora mentre parla, si sente male, si accascia. I presenti invocano un’ambulanza ma – incredibilmente – in tutto quello schieramento di forze non c’è alcun mezzo di soccorso. L’ambulanza, allertata e chiamata d’urgenza, non arriva. Ed è così che, in quel dicembre assurdo e maledetto, il cuore di Franco Nisticò si ferma per sempre.
Il silenzio riempie la piazza. Poi si alzano le urla, “Assassini!”. Una frangia del corteo si stacca, avanza verso i blindati. La carica della Celere è secca, immediata. Torna il silenzio sulla piazza. Il concerto, stasera, non lo faremo. Qualche mese dopo, scriviamo una canzone che si intitola, semplicemente, “No Al Ponte”, e che verrà adottata come inno del movimento. Nei miei versi immagino che Ulisse torni con i suoi guerrieri a difendere Scilla e Cariddi, e che Franco torni a dirci parole di unità e di speranza.
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6 anni sono passati ma la famiglia Nisticò, ovviamente, non si è rassegnata a questa morte inaccettabile. Non crede (come me, del resto…) che un tribunale potrà mai fare giustizia, ma vuole che i fatti siano accertati, e oggi il giudice mette la penna sul foglio e scrive quelle due parole: “omicidio colposo”. La dottoressa, che al momento del malore di Franco si trovava (a bordo dell’unica ambulanza dotata di defibrillatore…) a circa tre chilometri di distanza, è stata condannata a causa della sua negligenza. Negligenza consistente, in particolare, “nel rifiutarsi, benché tempestivamente e ripetutamente richiesta – dal vigile urbano del Comune di Villa San Giovanni (…), ed altresì, del comandante del Corpo di Polizia municipale, (…) – di intervenire urgentemente con la citata ambulanza, in località Cannitello, presso piazza Chiesa, dove vi era una persona colta da malore (Francesco Nisticò, in arresto cardiaco) affermando loro che ‘non intendeva prendere disposizioni dal Comandante della Polizia locale’ e che ‘comunque, non sarebbe intervenuta, perché bisognava chiamare il 118 di Scilla’”, nonché “nel rifiutarsi, con la citata condotta, di eseguire comunque un intervento di pronto soccorso, omettendo di effettuare, pertanto, con urgenza, l’unica manovra rianimatoria efficace per consentire la ripresa dell’attività cardiaca del Nisticò, costituita dalla defibrillazione, ed allontanandosi, successivamente, da Villa San Giovanni, per fare rientro a Reggio Calabria, abbandonandovi il Nisticò”.
Ora, cosa sia passato veramente per la testa di quella dottoressa non lo sapremo mai, e probabilmente non interessa molto nemmeno ai figli di Franco ed ai tanti compagni di lotta, che hanno raccolto il suo testimone con lo stesso coraggio ed ostinazione. Non sappiamo se anche lei sia stata effettivamente vittima del terrore collettivo imposto, del clima di tensione provocato da quella militarizzazione esagerata e intimidatoria. Ma l’autopsia ha detto che, con un soccorso tempestivo, Franco sarebbe ancora con la sua famiglia.
Ora non voglio parlare di omicidio politico, non voglio dire che chi ha terrorizzato la mia gente generosa ha le mani sporche di sangue. Non voglio dire che Franco Nisticò è la prima vittima del Ponte sullo Stretto. Voglio anch’io, come sta facendo chi ne tiene viva la memoria, imparare ad essere ostinato, ad essere coraggioso e ad avere una memoria lunga.
“I molti problemi del nostro territorio, come il dissesto idrogeologico, i giovani, il lavoro, non hanno bisogno di divisione, ma hanno bisogno di unità. Dobbiamo lottare con forza e tutti insieme per sconfiggere chi marcia contro. E allora la speranza siamo tutti noi, vecchi e giovani. Per dare insieme una speranza a questa Calabria abbandonata da tutti”.
(Ultime parole di Franco Nisticò, 19 dicembre 2009)
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"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - A Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, verranno rilasciati tre ostaggi (Omer Shem Tov, Eliya Cohen e Omer Wenkert) rapiti il 7 ottobre, anziché quattro come si pensava in precedenza. Il quarto ostaggio, Hisham al-Sayed, rapito nel 2015, verrà liberato in un altro luogo e senza una cerimonia pubblica. I veicoli della Croce Rossa sono presenti a Nuseirat, ma sembra che ci potrebbe essere ritardo nella consegna.