“Non sono un imprenditore, ma per me è una scelta irrazionale”. E’ il giudizio del ministro del Lavoro Giuliano Poletti sulla decisione della cartiera Pigna Envelopes di Tolmezzo (in provincia di Udine) di licenziare tre operai assunti a marzo con il nuovo contratto a tempo indeterminato quando in azienda sono presenti lavoratori con contratto a tempo determinato, quelli che più spesso chiamiamo precari. Secondo il ministro, anche grazie agli sgravi fiscali introdotti dal governo insieme al Jobs Act, il costo orario di un tempo determinato è decisamente più alto di un contratto a tutele crescenti. Eppure, a Tolmezzo l’azienda ha scelto un’altra strada. Possibile che un tempo indeterminato sia più vulnerabile di un precario? “Licenziare gli assunti col Jobs Act costa meno, i tempi determinati vanno comunque pagati fino al termine del contratto”, spiega il segretario Fistel Cisl in Friuli, Massimo Albanese, che segue la vicenda dei tre operai. Se poi l’azienda ha avuto diritto agli sgravi fiscali, licenziare un lavoratore a un anno dall’assunzione potrebbe non costare nulla, o addirittura convenire. “Con il Jobs Act licenziare non conviene”, ribadisce Poletti a margine di una conferenza stampa nella sede del suo ministero a Roma. Ma lo studio della Uil pubblicato a dicembre e duramente contestato dal governo è sopravvissuto al varo della riforma e ai decreti attuativi. “I calcoli purtroppo sono matematici”, spiega Guglielmo Loy, segretario confederale Uil che ha messo a punto lo studio sui costi del licenziamento nell’era del Jobs Act. “Facendo la differenza tra quanto l’azienda risparmia di contribuzione obbligatoria e il costo sostenuto per indennizzare il lavoratore, ci si accorge che interrompere un rapporto di lavoro dopo un anno può essere addirittura ‘conveniente'”. Insomma, la stabilità rischia di rimanere un miraggio e i nuovi contratti a tempo indeterminato non sembrano in grado di garantirla. Un paradosso che non stupisce Ezio Petris, rsu Slc Cgil a Tolmezzo: “Queste persone sono precarie a tempo indeterminato”, attacca. E rilancia: “Provi lei ad andare in banca a chiedere un mutuo con uno contratto così. C’è il rischio che le ricordino la fine fatta dai tre operai friulani, altro che tutele crescenti”. La speranza è che il calo di produzione che ha motivato il licenziamento dei tre inverta la rotta, e che la cartiera li riassuma. “Ma la garanzia che dopo altri otto mesi non vengano licenziati non c’è più”, chiarisce Petris ha collaborato Stefano De Agostini
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