La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, nota come Convenzione di Aarhus, è un trattato internazionale volto a garantire all’opinione pubblica e ai cittadini il diritto alla trasparenza e alla partecipazione in materia ai processi decisionali di governo locale, nazionale e transfrontaliero concernenti l’ambiente. Focalizzata sul rapporto tra il pubblico e le autorità pubbliche, è stata firmata nella città danese di Aarhus, il 25 giugno 1998 ed è entrata in vigore il 30 ottobre 2001. Al maggio 2013, essa è stata ratificata da 45 stati e dall’Unione europea. In particolare in Italia è stata ratificata con la legge n. 108 del 16 marzo 2001.
All’inizio degli anni ’90, su iniziativa di Antonio Iannello, segretario generale di Italia Nostra, di Alda Croce, presidente della Fondazione “Biblioteca Benedetto Croce” e dell’avvocato Gerardo Marotta, fondatore e presidente dell’Istituto Italiano per gli studi filosofici si costituirono per la prima volta le Assise della città di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia, dette di Palazzo Marigliano: un’assemblea pubblica tenuta ogni sabato nel palazzo che sorge in pieno centro storico di Napoli. L’attività delle Assise di Palazzo Marigliano contribuì a dare vita a quel momento magico di “Rinascimento napoletano” durato dal ’93 al ’97.
Da allora, le Assise si sono nuovamente riunite nei momenti più difficili per Napoli e la Campania. La loro attività è ricominciata nel 2005 ed è continuata ininterrottamente fino a oggi, sollevando denunce su temi scottanti quali le finte emergenze sui rifiuti urbani a Napoli periodicamente comparse dal 2004 in poi ma necessarie solo alla copertura del vero problema: lo smaltimento dei rifiuti speciali industriali e tossici a Napoli e in tutta Italia, che oggi costituiscono ufficialmente il vero problema rifiuti in Italia.
Essi infatti costituiscono il 76% dei rifiuti ufficiali prodotti e dovrebbero essere di gestione e responsabilità privata, ma, in notevole parte, (non inferiore al 30% del totale, a seguito della evasione fiscale) diventano prelibato oggetto di guadagno infinito e senza rischio per la malavita organizzata in tutta Italia sovrapposti ai flussi dei rifiuti urbani. Grazie alle Assise di Palazzo Marigliano, cittadini attivi come me, ma vorrei qui ricordare anche giovani oggi divenuti valida classe dirigente, come gli On. Luigi Di Maio e Salvatore Micillo, primo relatore della legge sugli ecoreati, hanno potuto formarsi e prendere coscienza della realtà campana ed iniziare un processo di formazione/informazione che ha portato al meraviglioso movimento civile che ha posto con competenza e decisione il problema reale della cosiddetta “Terra dei Fuochi”, tipica manifestazione non malavitosa ma specificamente economica di produzione e smaltimento di manufatti, come le scarpe e le borse, prodotte in regime di evasione fiscale.
Stiamo oggi chiarendo a tutta Italia che il marchio “Terra dei Fuochi” non è certo un marchio di infamia per la nostra terra e men che meno per le nostre “pummarole”, ma è marchio di vera gloria di cittadini attivi che stanno aprendo gli occhi a tutti i cittadini di Italia, tenuti all’oscuro del reale problema dei rifiuti in Italia, e cioè la tracciabilità ed il corretto smaltimento non già dei rifiuti urbani, (ormai non piu’ del 15% del totale dei rifiuti prodotti), ma dei rifiuti speciali, industriali e tossici, ormai il 76% del totale ufficiale dei rifiuti prodotti, ma non meno dell’ 85% del reale, se consideriamo anche i rifiuti speciali prodotti (e quindi smaltiti illegalmente a danno della salute pubblica di tutti gli italiani, non certo solo campani) in regime di evasione fiscale.
“Campania Trasparente“ è un progetto di valorizzazione del comparto agroalimentare e di tutela del territorio campano. L’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno si prefigge di accompagnare le aziende in un percorso virtuoso che parte dal territorio ed arriva sui mercati del mondo garantendo maggiore trasparenza assicurando la salubrità dei prodotti. Assicurare la tracciabilità del prodotto agroalimentare campano di qualità è ormai una realtà che ci onora del prezioso lavoro di sensibilizzazione civile svolta.
Avere ormai contezza che non più del 3.8% del territorio campano è inquinato a vario titolo (e significa non meno di circa 500 kmq di territorio su un totale di 13595 kmq) è un risultato importante che assicura garanzia di qualità e tutela il nostro prodotto agroalimentare regionale. E’ l’ora delle proposte e non solo delle proteste spesso portate avanti, purtroppo, da politici spesso privi di un minimo di valida formazione e competenza, che danneggiano e non aiutano la necessaria opera di controllo e trasparenza della politica, di governo e di opposizione .
Ci stiamo battendo da anni, innanzitutto in Europa, per avere una legge che assicuri strumenti idonei di tracciabilità non solo dei prodotti del comparto agroalimentare ma soprattutto del comparto manifatturiero e dei suoi scarti di lavorazione: ogni manufatto non tracciato (scarpe, borse, cd, vestiti, ecc.) è di per se stesso un manufatto insalubre per la salute pubblica, non solo per chi lo produce. E’ tale perché subirà lo smaltimento illegale obbligato degli scarti di lavorazione in Campania (Terra dei Fuochi) così come in tutte le altre regioni di Italia a ben maggiore capacità produttiva (e di evasione fiscale) .
Il marchio “Terra dei Fuochi” dovrebbe diventare di gran moda per onorare scarpe, borse, vestiti, prodotti in sicurezza e legalità, con prezzi e qualità pari e/o superiore a quelle dei marchi contraffatti, e contenere al loro interno idonei chips o QR code di tracciabilità del manufatto, in analogia con quanto stanno facendo associazioni come “Libera” per i beni confiscati alla camorra. Nessun cittadino dovrebbe comprare manufatti privi di tracciabilità certificata, non solo per olio di oliva, pomodori e mozzarelle, ma innanzitutto per scarpe, borse e vestiti.
Per assicurare trasparenza ed il rispetto della convenzione di Aarhus, la mia proposta è che istituzioni terze e indipendenti come fu Palazzo Serra a Napoli con le Assise di Palazzo Marigliano, potrebbero aggiornarsi nel terzo millennio sul piano dei social network, garantendo, attraverso anche l’uso di dirette streaming accettate da tutti i partecipanti, finanziate dalle istituzioni pubbliche, idonei programmi di “Agorà Aarhus” in cui si possa consentire il trasparente e preventivo confronto tra tecnici e politici su tutte le leggi ambientali, dai rifiuti all’acqua pubblica. Le “Agorà Aarhus” in luoghi terzi e indipendenti ma accettati e certificati dalle istituzioni e da tutti i partiti politici, garantirebbero quella indispensabile informazione democratica che oggi, in modo caotico e spesso (volutamente?) confusionario, viene esercitata con strumenti assolutamente non idonei come i social network.