La guerra è, dispiace dirlo, la prova della verità. Ieri abbiamo così scoperto, per cominciare, che la Presidenza Rai deve essere davvero un ruolo frustrante se la attuale titolare dell’incarico, Monica Maggioni, ha colto al volo l’occasione di riaprire la sua vecchia agenda di contatti, rindossare la mimetica e correre, probabilmente – come opina Lerner – d’intesa col governo che palesemente punta sull’asse Mosca-Damasco, a fare lo scoop presso Assad, il Tyrant siriano che oggi è un po’ meno tyrant perché senza i suoi scarponi di battere il Daesh te lo puoi scordare. L’operazione politica c’è evidentemente tutta, l’ascolto del TG1 è stato quello solito.
A Virus, dove Porro aveva istruito la trasmissione (share del 5,49%, cioè ottimo, sicuramente aiutato dalla astuta trasformazione di Porro in un serial che neanche Mentana) per raccontare una “verità” di prima della guerra, e cioè che “certa magistratura” ha il rilascio facile, che lo Stato è a pezzi, eccetera. Quand’ecco che ti arriva Luttwak, il rude politologo col bollino garantito di destra, a spiegare che in realtà, grazie all’intrico delle leggi e ai grovigli burocratici tipici del nostro Paese, qui è sempre possibile trovare il codicillo, il “timbro mancante”, per dare corso dall’oggi al domani a regimi di sorveglianza, espulsione, respingimento e chissà cos’altro ancora, da fare invidia a Paesi formalmente più efficienti. Insomma, da noi normalmente regna l’arbitrio, ma in guerra fa comodo e conviene tenerselo.
Poi Formigli (5,62%, cioè il migliore finora), che gli scarponi, i suoi, li ha messi in campo per davvero tra le rovine e le mine di Sinjar (appena strappata al Daesh dai battaglioni Yazidi e Curdi, armati e addestrati di tutto punto dagli italiani) mostrando il suo vero talento che gli suggeriremmo di coltivare: quello del testimone partecipe, ma non esaltato dall’odore della polvere da sparo. A proposito, da Sinjar passa la strada che tiene insieme l’ovest e l’est del Daesh. Se oggi finalmente viene interrotta vuol dire che dopo l’intervento russo qualche conclusivo accordo fra le varie potenze circa la sistemazione della zona mediorientale si va effettivamente delineando.
Infine Luigi Di Maio, ospite dal medesimo Formigli, (ascolto in linea con il resto del programma) chiamato alla prova del nove per la “cultura M5S“, dovendo passare dall’interno (corruzione eccetera) all’estero (guerra e consimili). Se sul piano interno l’efficace grido è “scontrini“, qui la parola magica sembra essere “intelligence“, cioè l’appello alle spie, perché prevengano. Ma appellarsi (e chi non si assocerebbe!) alla prevenzione, nulla ovviamente dice sul che fare quando questa fa, come capita, cilecca. Il count down per sentire la risposta è scattato, e c’è poco da svicolare…