Bamako, Mali. Capitale non nuova agli attentati come quello di oggi che ha visto un gruppo di jihadisti assaltare un hotel e prendere in ostaggio 170 persone. L’ultimo è avvenuto lo scorso 8 agosto – sempre con un assalto a un hotel – e lasciò sul terreno 12 morti. Il 7 marzo era stato preso d’assalto un ristorante, 5 i morti. Il giorno seguente una base Onu nel nord. Morto un casco blu. Una situazione tesa da tempo. In Mali è dispiegata la più grande operazione militare francese, denominata Barkhane: 3mila militari, poi aumentati a 3500, e un ingente dispiegamento di mezzi (20 elicotteri, 200 blindati e altri 200 veicoli, 6 aerei da combattimento, 5 droni e 12 aerei da trasporto). Barkhane è stata lanciata il 1 agosto 2014, in partenariato con i paesi del Sahel (Mauritania, Mali, Niger, Ciad e Burkina Faso), riuniti dal febbraio 2014 nel cosiddetto G5 Sahel, per coordinare gli sforzi di sicurezza e di lotta al terrorismo. La missione francese è ufficialmente volta ad “appoggiare le forze armate dei paesi partner nelle loro azioni di lotta ai gruppi armati e terroristi e di impedirne la ricostituzione”, come si legge nel sito ufficiale delle forze armate francesi. Se l’approccio di Barkhane è nuovo dal punto di vista strategico, si inscrive però in un percorso collaudato: è stata infatti preceduta dall’operazione Serval, avviata nel 2013 e preceduta a sua volta dall’operazione Epervier in Ciad, dal lontano 1986. Anche Barkhane ha il quartier generale a N’Djamena, in Ciad.
E proprio a N’Djamena si trovavano questa mattina il ministro degli esteri ed altri cinque ministri, insieme al presidente del Mali, Ibrahim Boubacar Keïta (che sta precipitosamente facendo ritorno), proprio per la seconda riunione ordinaria del G5 del Sahel, nel quale sono in discussione nuove ulteriori misure securitarie e antiterrorismo. Forse non è un caso che l’attacco si sia tenuto proprio mentre mezzo governo era all’estero. Proprio all’indomani delle parole sinistramente profetiche di Hollande. Proprio pochi giorni dopo l’ultimo messaggio di minacce di Iyad Ag Ghali, fondatore di Ansar Eddine, che minaccia di far saltare con tutti i mezzi possibili l’attuazione dell’accordo di pace siglato la scorsa estate. Nel messaggio audio, Iyad Ag Ghali chiede una risposta a “questa offesa”, non perde l’occasione per minacciare la Francia e legittimare gli attacchi nel centro e nel nord del Mali.
Forse non è un caso nemmeno che pochi giorni fa, il 15 novembre, sia stato arrestato il numero due di un gruppo jihadista del centro del Mali, che esplicitamente incitava a combattere la Francia: Allaye Bocari Dia, braccio destro e finanziatore di Amadou Koufa, predicatore radicale e capo del Front de Libération du Macina, una nuova sigla comparsa all’inizio dell’anno con l’ambizione di creare uno stato islamico nel centro del Mali e “un vasto piano per destabilizzare il paese”, secondo quanto ha dichiarato lo stesso arrestato. Forse non è un caso che da un mese sia in corso l’operazione “Vignemale”, nel nord del Mali e del Niger, durante la quale un migliaio di militari francesi dell’operazione Barkhane stanno rastrellando la regione più settentrionale, considerata l’ultimo santuario dei gruppi jihadisti, alla ricerca di persone sospette, armi ed esplosivi.
Forse non è un caso che due giorni fa il ministro maliano della sicurezza, il colonnello Salif Traoré, avesse annunciato nuove misure per rafforzare la sicurezza nel paese: la riorganizzazione e la messa in opera di unità speciali, la presa di coscienza degli agenti che conducono azioni sul terreno. Forse non è un caso che la Francia il 17 novembre abbia invocato la “clausola di difesa reciproca” in base al trattato di Lisbona, chiedendo un’assistenza militare ai membri dell’UE che aveva fatto ipotizzare – tra le altre cose – un dispiegamento di truppe europee (in particolare tedesche e irlandesi) in Africa dell’Ovest a fianco dei francesi.
Forse non è un caso, infine, che in un’intervista messa in onda stamattina da RFI proprio poco prima della notizia dell’assalto all’hotel Radisson Blu, l’ex capo dei servizi maliani, oggi coordinatore del gruppo di esperti di terrorismo dell’Unione Africana, parlasse di “rischio altissimo” anche per la fascia del Sahel e di recrudescenza di gruppi terroristici nella zona, finanziati dai paesi del Golfo. In attesa di una rivendicazione ufficiale, esistono già una serie di elementi che contribuiscono a inquadrare l’assalto di oggi all’hotel Radisson Blu nel contesto dell’ex colonia francese.