Approvato in commissione alla Camera il testo per la tutela di chi segnala malversazioni. Rispetto alla proposta grillina spariscono i premi in denaro e la possibilità di valutare input anonimi ma circostanziati. Comunque contrari gli alfaniani: "Pubblica amministrazione e imprese in mano all'Autorità anticorruzione". Protestano Transparency e Riparte il futuro: "Percorso condiviso cancellato all'ultimo"
Scacco matto in due mosse del Pd al M5S sulla legge del whistleblowing, che tutela chi segnala episodi illeciti sul luogo di lavoro. Un provvedimento sollecitato al nostro Paese anche dall’Europa come efficace strumento di lotta alla corruzione. Prima una serie di emendamenti, poi un nuovo testo firmato dalla presidente della Commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti, e nel giro di 48 ore il partito del premier ha di fatto espropriato i 5 Stelle della proposta, nata da un’iniziativa del 2013 della deputata Francesca Businarolo, scatenando la bagarre politica nelle commissioni congiunte di Giustizia e Lavoro alla Camera.
Risultato? Lunedì 23 novembre l’aula di Montecitorio si troverà a lavorare su un nuovo testo di legge edulcorato degli aspetti più dirompenti (e controversi), come la previsione di premi in denaro per chi fa le segnalazioni e la possibilità di denunce anonime. Probabilmente il M5S ritirerà la sua proposta finendo per opporsi ad una legge che per primo ha fortemente voluto e si aprirà la battaglia in aula, già annunciata dal gruppo Ap (Ncd-Udc), per rendere il provvedimento ancora più morbido.
“Non c’è nessuna volontà di distruggere la proposta di legge presentata dai 5 Stelle, ma semmai di migliorarla costruttivamente, soprattutto alla luce dei risultati dell’indagine conoscitiva che abbiamo svolto e dei suggerimenti arrivati da Anac, Autorità della Privacy, Confindustria, Agenzia delle Entrate, Bankitalia, esperti e giuristi”. Con queste parole la presidente della Commissione Giustizia, Ferranti, ha cercato di calmare le acque dello scontro.
Il nuovo testo prevede la tutela del pubblico dipendente che “in buona fede” denuncia gli illeciti di cui è testimone sui luoghi di lavoro. Chi vorrà fare la segnalazione potrà rivolgersi al responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente presso il quale lavora, all’Autorità anticorruzione, all’autorità giudiziaria o contabile e, in ogni caso, sarà tutelato dalle sanzioni o dalle discriminazioni che potrebbero derivare dalla sua segnalazione (anche attraverso una sanzione fino a 30mila euro per chi si rende responsabile di eventuali discriminazioni). La sua identità non potrà essere rivelata fino alla fine delle indagini della procura o della corte dei Conti e, nei casi di procedimento disciplinare, a meno che non sia “assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato”.
Se la segnalazione si rivela infondata o in malafede, il segnalante è sottoposto a procedimento disciplinare, e non è tutelato se viene accertata che la segnalazione è in realtà calunniosa o diffamatoria. Se la segnalazione è invece fondata sono “riconosciute forme di premialità (…) secondo i rispettivi ordinamenti, da definirsi in sede contrattuale”. La tutela è estesa anche al settore privato, ma le eventuali discriminazioni vanno segnalate all’Ispettorato del Lavoro.
Come dicevamo, il testo elimina la previsione di premi in denaro, contempleta per esempio nel sistema statunitense, che nella proposta del M5S riconosceva ai segnalanti reati o irregolarità “che comportano un danno erariale e all’immagine della pubblica amministrazione”, un premio “di importo compreso tra il 5 ed il 15 per cento della somma recuperata a seguito della condanna definitiva della Corte dei Conti”. Scompare anche la possibilità di segnalazioni in forma anonima, che secondo la proposta Businarolo, sarebbero state obbligatoriamente esaminate soltanto se “adeguatamente circostanziate” e rese “in maniera dettagliata”.
Tagli che, secondo il deputato grillino Andrea Colletti, hanno l’effetto di “scoraggiare le segnalazioni stesse, svuotando sostanzialmente il provvedimento dei suoi contenuti più significativi e innovativi”. Non sufficienti, invece, secondo il deputato alfaniano Sergio Pizzolante (Ap), per il quale la proposta grillina “comporterà la destabilizzazione della pubblica amministrazione e delle imprese private, consegnate, di fatto, alla giurisdizione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione”.
Un allarme sull’indebolimento della legge è stato lanciato anche da Transparency Italia, che vede tra i suoi consulenti giuridici Nicoletta Parisi, consigliere dell’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone. Il presidente della ong anticorruzione, Virginio Carnevali, si è detto preoccupato “soprattutto per l’indebolimento delle tutele sull’identità del segnalante e la limitazione per quanto riguarda il settore privato alle sole aziende che possiedono modelli organizzativi volontari”. Preoccupazioni che riguardano anche le dinamiche di modifica del testo: “Comunque vada a finire, che un disegno di legge presentato due anni fa, su cui sono state fatte diverse audizioni – a cui abbiamo anche partecipato – venga così radicalmente modificato a 24 ore dalla votazione, è il segnale di procedure parlamentari pasticciate e poco trasparenti, come abbiamo già avuto modo di sottolineare nel nostro report sul lobbying in Italia”, è l’opinione di Davide Del Monte, Direttore Esecutivo di Transparency Italia.
Molto dura anche la posizione di Riparte il futuro, campagna anticorruzione guidata dall’associazione Libera, impegnata in Europa perché l’istituto del whistleblowing venga tutelato attraverso una direttiva condivisa dai 28 paesi dell’Unione. “Dopo un percorso di condivisione che ha incluso esperti, Anac, sindacati e associazioni… nelle ultime ore si è registrato un atto di forza da parte del Pd difficile da comprendere nelle intenzioni” sono le parole consegnato al sito della campagna dal referente scientifico Leonardo Ferrante. “Probabilmente i democratici hanno deciso di intervenire in Commissione per rendere il testo più ‘digeribile’ all’Aula, considerando che, ad alcuni, il whistleblowing fa tremare le vene ai polsi”.
Secondo Libera nella proposta che verrà presentata alla Camera, come in quella precedente, continuano a mancare alcuni punti “fondamentali”, come la necessità di un accompagnamento per i segnalanti, le massime garanzie per coloro “che possono incorrere, indicando corruzione, anche in soggetti mafiosi” e la creazione di una task force, in capo ad Anac, che “raccolga le migliori forze istituzionali per gestire le segnalazioni”. Lunedì 23 novembre alla Camera il (primo) finale di partita.