Una notizia buona e una cattiva. Com’è consuetudine, cominciamo da quella cattiva. Sembra sia passato un secolo dalla sera dell’orrore perpetrato a Parigi, invece si tratta solo di una settimana. La terribile notizia ne ha, ovviamente e comprensibilmente, oscurate altre provenienti da tutto il mondo, incluse alcune molto importanti. Una di queste è un disastro ambientale senza precedenti occorso in Brasile.
È successo il 5 novembre scorso che due dighe della compagnia di estrazione mineraria Samarco sono crollate riversando milioni di tonnellate di fanghi tossici nel Rio Doce, importantissima arteria fluviale che collega il Minas Gerais, stato dell’interno, con l’Oceano Atlantico. Il bilancio è apocalittico. Undici i morti, dodici i dispersi, biblica moria di pesci e altri animali selvatici. Ma soprattutto danni incalcolabili alle colture, agli allevamenti, alle foreste, ai campi, ai corsi d’acqua. 250.000 persone sono rimaste senza acqua potabile, potrebbe essere una catastrofe. Gli indios della zona piangono disperati, poiché è letteralmente sparita la loro fonte di sostentamento: il fiume, che considerano un luogo sacro. Lo stesso i pescatori, che si troveranno con le loro famiglie costretti forse a emigrare nelle città a infoltire le file dei senza lavoro, visto che il Brasile sta attraversando un momento di decisa recessione.
La Samarco Mineração potrebbe essere condannata a pagare i danni per un miliardo di reali (circa 250 milioni di euro). La marea di fango probabilmente arriverà fino al largo in Atlantico, dopo aver attraversato lo stato costiero di Espirito Santo. Quello che era il fiume, con parte dei campi e delle foreste circostanti è ormai una crosta di fango che l’azienda mineraria si affretta a sostenere che non è tossica, ma senza alcuna certezza, visto che nelle acque delle dighe venivano riversati gli scarti di lavorazione. Quando la crosta si sarà indurita i danni all’ambiente saranno irreversibili. Sarà molto difficile riprendere con l’agricoltura, l’ecosistema rimarrà sconvolto per decenni. Praticamente, allo stato attuale, si tratta forse del peggior disastro ambientale della storia del paese e forse, del Sudamerica.
“La Samarco è responsabile del disastro – amette ovviamente il governatore – quindi è lei che deve realmente sopportare questo danno, diciamo così…”. Come se il territorio fosse meno importante. Battuta che denuncia il sottile tentativo di alleggerimento della posizione della multinazionale, responsabile di un disastro immane. Per fortuna il governo federale sembra avere coscienza della portata dell’evento e si sta già attivando per far fronte alla situazione. E qui veniamo alla notizia buona.
Il grande fotografo brasiliano Sebastião Salgado, noto per il suo impegno sociale di una vita e per il suo ultimo lavoro sulle aree selvagge del mondo, ha proposto una soluzione. Nel film che ha realizzato con Wim Wenders mostra, tra le altre cose, come sia riuscito a riforestare una vasta area che costituiva il territorio della fazenda di famiglia, proprio nel Minas Gerais, di cui è originario. È riuscito a far diventare nuovamente un paradiso quella che era una crosta pelata vittima della deforestazione. Ha fondato l’istituto “Terra”, con il quale opera su diversi fronti e con numerosi esperti, per studiare e mettere in atto forme di salvaguardia e recupero ambientale. Ebbene Salgado sostiene di poter attivare le competenze, con le migliori eccellenze mondiali, per salvare quello che era il fiume della sua infanzia. Ovviamente occorre reperire le ingenti risorse per l’operazione. Il governo federale, e in particolare il Ministero dell’Ambiente, è già al lavoro per analizzare e valutare la sua proposta.
Speriamo tutti sia possibile, almeno per una volta, non assistere impotenti all’ennesimo sfregio ai danni del pianeta.