Per i due giornalisti autori di Via Crucis e Avarizia il reato ipotizzato è concorso nella divulgazione di notizie e documenti riservati. Insieme a loro andranno a processo monsignor Lucio Vallejo Balda, Francesca Immacolata Chaouqui e Nicola Maio, ex collaboratore della Cosea. Questi ultimi tre sono accusati anche di associazione per delinquere. Rischiano da quattro a otto anni
I giornalisti Gianluigi Nuzzi e Emiliano Fittipaldi, autori rispettivamente di Via Crucis e Avarizia, sono stati rinviati a giudizio insieme ad altre tre persone dal magistrato vaticano al termine dell’inchiesta sulla sottrazione e la diffusione dei documenti riservati della Santa Sede. Quella nella quale sono stati arrestati monsignor Lucio Vallejo Balda, ex segretario della Commissione referente sulle strutture economiche e amministrative della Santa sede (Cosea) e Francesca Immacolata Chaouqui. Insieme a loro andrà a processo Nicola Maio, ex collaboratore della Cosea.
Il reato ipotizzato è quello previsto dall’articolo 116 bis del codice penale vaticano, cioè la divulgazione di notizie e documenti riservati. Nuzzi e Fittipaldi sono coinvolti per concorso nel presunto reato. A Vallejo Balda, ancora detenuto nella cella della Gendarmeria vaticana, Chaouqui e Maio è contestato anche il reato di associazione per delinquere. In particolare ai tre si contesta di essersi associati tra loro all’interno della Prefettura per gli affari economici e di Cosea “formando un sodalizio criminale organizzato, dotato di una sua composizione e struttura autonoma (…) allo scopo di commettere più delitti di divulgazione di notizie e documenti concernenti gli interessi fondamentali della Santa Sede e dello Stato”. Fittipaldi e Nuzzi, si legge negli atti della magistratura vaticana, “sollecitavano ed esercitavano pressioni, soprattutto su Vallejo Balda, per ottenere documenti e notizie riservati, che poi in parte hanno utilizzato per la redazione di due libri usciti in Italia nel novembre 2015″.
Il processo si aprirà martedì 24 novembre nel tribunale della Città del Vaticano e gli imputati rischiano da quattro a otto anni di reclusione. Vallejo Balda è ancora detenuto nella cella della Gendarmeria vaticana mentre la Chaouqui è stata immediatamente rilasciata dopo l’arresto all’inizio di novembre per la sua collaborazione alle indagini. Il termine per proporre le prove a difesa, ha detto il direttore della sala stampa vaticana padre Federico Lombardi, è fissato al 28 novembre. Quanto alla difesa, “gli avvocati devono essere iscritti al Foro vaticano”. Alla domanda se è in corso una rogatoria per gli imputati italiani, Lombardi ha spiegato che in questo caso non c’è. “La magistratura vaticana agisce per valutare la responsabilità delle persone”. Se gli imputati non si presenteranno “il processo va avanti lo stesso”.
“Sono incredulo. Non è un processo contro di me, ma contro la libertà d’informazione”, ha commentato Fittipaldi parlando con l’Ansa. “In tutto il mondo i giornalisti hanno il dovere di pubblicare notizie e segreti che il potere, qualunque esso sia, vuole tenere nascosti all’opinione pubblica. Mostrare documenti confidenziali e informare la gente delle malefatte dei potenti è l’essenza del nostro lavoro”. “Capisco – prosegue il giornalista dell’Espresso – che in Vaticano siano in grave imbarazzo per quello che ho raccontato, anche perché non hanno potuto smentire nulla di quanto ho denunciato. Però non mi aspettavo che aprissero un processo penale contro me e Nuzzi. Forse sono ingenuo, ma credevo che indagassero su chi ha commesso gli illeciti che ho denunciato, non su chi li ha svelati”. E ancora: “E’ un fatto che in Vaticano la libertà di stampa non sia sufficientemente tutelata. Nel loro ordinamento non esiste nulla di simile all’articolo 21 della nostra Costituzione. Il promotore di giustizia e gli uomini della gendarmeria mi avevano ventilato la possibilità di finire a processo? No. All’interrogatorio di lunedì scorso sono stati rispettosi e cortesi, ma alle domande ho opposto il segreto professionale. Non ce l’ho con loro, ma con una legge che considero illiberale e inaccettabile. Come ci si può difendere in quel tribunale se in Vaticano non esistono garanzie per il giornalismo libero?”.