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Elezioni Argentina, il Berlusconi delle pampas vince di misura

Elezioni presidenziali in Argentina, vince Mauricio Macri

Alla fine Mauricio Macri si è imposto, sia pure di misura. Si tratta di vittoria nettamente inferiore alle aspettative, ma non sarebbe giusto sottovalutare la portata di questo evento. Persona indubbiamente capace, imprenditore di successo, già presidente di una delle principali squadre di calcio del Paese, Macri ha vari punti in comune con Berlusconi. Le politiche che vorrebbe imporre al Paese non sono ancora del tutto chiare, ma recano per molti aspetti il segno negativo della restaurazione. Restaurazione delle politiche imposte dai centri finanziari internazionali e abbandono della politica di repressione dei criminali di Stato che si resero colpevoli negli anni Settanta di orrendi delitti.

In un Paese economicamente dipendente da sempre, come l’Argentina, il quindicennio caratterizzato dal potere presidenziale dei Kirchner ha prodotto molti passi avanti sulla difficile via del recupero di una piena autonomia nazionale. Come scrive oggi Gennaro Carotenuto: “Il kirchnerismo ha molti meriti storici. Ha tirato fuori il paese da una crisi esiziale, recuperato il ruolo dello Stato, stabilito una politica dei diritti umani modello, e avanzato nei diritti civili come in Italia possiamo solo sognare, rilanciato un welfare indispensabile e ridisegnato il futuro del paese… Ancora tre giorni fa il premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz ricordava che: ‘L’Argentina ha molto da insegnare al mondo ed è uno dei pochi casi di successo nella riduzione di povertà e disuguaglianza dopo la crisi’. Sono proprio quelle perfettibili politiche di integrazione che Macri vuole smantellare da domani, rappresentandole – è la visione del gorillismo tradizionale della classe media – come intollerabili sussidi clientelari, che alimentano il parassitismo popolare, ma che hanno permesso per esempio all’Argentina di essere uno dei pochi casi di successo di lotta all’abbandono scolastico del sottoproletariato urbano”.

Peraltro il kirchnerismo ha avuto anche dei lati negativi. Sempre Carotenuto ricorda che sono “stati anche anni di errori, debolezze, inefficienze, corruttele, ipocrisie, sconfitte chiare, come quella ambientale e quella sulla riforma fiscale, ciclicità economiche (l’Argentina è stata una tigre, ora non lo è più), il bombardamento d’odio e menzogne durato 12 anni da parte del mainstream come e peggio che per gli altri governi di centro-sinistra, che non ha scalfito il rispetto che merita Cristina Fernández, che esce dalla casa Rosada con un consenso e un indice di approvazione maggiore di quello dei due rivali di ieri”.

Tali limiti e più in generale una certa immaturità delle istituzioni, non del tutto superata in questi quindici anni, con i conseguenti fenomeni di corruzione e incapacità di sradicare il potere di talune cricche, ha, unitamente alla crisi economica, alimentato la frustrazione della classe media che ha costituito il fattore determinante dell’affermazione di Macri. In quanto espressione di democrazia, tale fenomeno va valutato con equanimità e rispetto, accentuando, per dare una risposta positiva a tali legittime inquietudini, gli elementi dello Stato di diritto e della partecipazione democratica. Occorre però dire che, se il Berlusconi delle pampas vorrà portare avanti il suo programma di restaurazione, svalutando il peso, tagliando la spesa sociale e procedendo a una serie di privatizzazioni indiscriminate, si troverà di fronte a fortissime resistenze, sia di natura istituzionale (nel Parlamento non ha maggioranza chiara) che sociale. Bisogna inoltre sperare che non ceda alla tentazione di liquidare il grande patrimonio politico e istituzionale accumulato in questi anni sul piano regionale.

Per tutti i governi progressisti della regione le elezioni di ieri costituiscono un campanello d’allarme. Essi devono rafforzare le loro radici sociali e popolari e procedere in modo più determinato e coerente nella lotta contro la corruzione e in quella contro la finanza internazionale, che mediante il debito estero riesce ad asservire tutti i Paesi a prescindere da colori e intenti delle varie coalizioni governative. Da questo ultimo punto di vista assume valore importante la risoluzione sui principi giuridici internazionali applicabili al debito estero, votata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 settembre scorso, su forte impulso, fra gli altri, proprio del governo argentino, su cui terrò domani pomeriggio una conferenza all’Ordine degli avvocati di La Plata.