Mauricio Macri è il nuovo presidente dell’Argentina. Il leader della coalizione di centro-destra “Cambiemos” ha battuto al ballottaggio il candidato peronista Daniel Scioli con il 51,42% dei voti, contro il 48,58% del governatore uscente della provincia di Buenos Aires.
Macrì prenderà l’incarico il prossimo 10 dicembre, mettendo fine a 12 anni della cosiddetta “era K“, avviata da Nestor Kirchner (presidente dal 2003 al 2007) e proseguita dalla moglie, il presidente uscente Cristina Fernández de Kirchner.
“Oggi è una giornata storica, un cambio d’epoca che ci deve portare al futuro – ha detto Macri nel suo primo discorso – metterò tutta la mia energia per costruire l’Argentina che sogniamo, con una povertà zero”, ha promesso il leader di “Cambiemos”. “Lo dico ai fratelli dell’America Latina, del mondo – ha detto quindi rivolgendosi poi agli altri Paesi, latinoamericani e non – vogliamo avere buone relazioni con tutti, vogliamo lavorare con tutti. Sappiamo che il popolo argentino ha molto da dare al mondo”. Dichiarazioni che fanno presagire un cambiamento nei rapporti con gli altri Stati del continente, migliori relazioni con gli Stati Uniti e un allontanamento dal Venezuela di Nicolas Maduro.
Le dichiarazioni di Macri a 24 ore dall’elezione confermano che con questo voto l’argentina ha scelto di voltare pagina, dopo aver affidato, per due mandati consecutivi, la guida del paese a Cristina Kirchner. La sconfitta di Scioli, delfino della presidenta, segna l’epilogo della parabola discendente dell’amministrazione peronista, che dopo aver portato il Paese fuori dalla crisi del default, ha rimesso l’economia in affanno, concentrandosi solo sulla propria ricetta socialista e abbandonandosi a una grave corruzione.
Nel discorso di Macrì c’è stato spazio anche per il ricordo delle proprie origini: figlio di Franco, originario di Reggio Calabria trasferitosi a Buenos Aires negli anni ’50, il neo presidente ha così reso omaggio al lavoro fatto dagli “immigrati che attraversarono l’Oceano senza Facebook o Twitter“, “giunti fin qui dove si sono radicati costruendo una tappa meravigliosa dell’Argentina. Ora tocca a noi”.
Gli argentini chiamati alle urne erano circa 32 milioni. Le elezioni argentine fin dall’inizio sono state caratterizzate da ritardi e presunte irregolarità: il procuratore elettorale, Jorge Di Lello, ha ricevuto circa 200 denunce di irregolarità di piccola entità e almeno 53 contro la presidente Cristina Fernandez, accusata di non avere rispettato il divieto di rilasciare dichiarazioni nel giorno del voto. Per lo stesso motivo sono stati denunciati anche Scioli e Macri. Il primo turno elettorale del 25 ottobre, era stato invece dominato da incertezza e colpi di scena, con i dati arrivati in modo parziale e molto in ritardo rispetto a quanto promesso dai membri del governo.