Il presidente ha dato le dimissioni e il consiglio di amministrazione ne ha preso atto ringraziandolo per “dedizione e impegno". Nonostante il bilancio disastroso della sua gestione e l’inchiesta che lo vede tra gli indagati eccellenti. Anche le autorità di controllo gli hanno permesso di giocare fino in fondo la partita della sua stessa successione
Alla fine il passo indietro lo ha fatto, scegliendo i tempi e i modi dell’addio. Dopo 19 anni di regno incontrastato, Gianni Zonin ha lasciato la presidenza della Banca popolare di Vicenza. Dimissioni largamente annunciate e a lungo rimandate, a dispetto del bilancio disastroso della sua gestione e dell’inchiesta della procura di Vicenza che lo vede tra gli indagati eccellenti assieme ad altri consiglieri, ex consiglieri ed ex dirigenti dell’istituto. Singolare che alla luce dei buchi nei conti che hanno portato a perdite e svalutazioni per miliardi di euro e ai gravi reati ipotizzati a suo carico, la vigilanza non abbia fatto ricorso ai suoi poteri (tra cui, da quest’anno, quello di rimuovere anche i singoli amministratori) e abbia tranquillamente lasciato Zonin al vertice della banca a continuare a tessere la sua tela.
Il risultato? Che il consiglio d’amministrazione ha preso atto delle sue dimissioni e ha nominato alla presidenza Stefano Dolcetta, amministratore delegato di Fiamm e vicepresidente di Confindustria, imprenditore vicentino che, per sua stessa ammissione, di banche non capisce un granché. Tuttavia, come ha avuto modo di dichiarare Zonin nel suo messaggio d’addio, “Dolcetta saprà essere il punto di garanzia e di rappresentanza istituzionale per i soci, i clienti e i dipendenti della stessa banca”. Dolcetta è stato cooptato dal consiglio in sostituzione di Giovanna Dossena, dimessasi il 10 novembre e indagata assieme a Zonin e al consigliere Giuseppe Zigliotto (che invece non si è dimesso).
Senza considerazione alcuna per le migliaia di risparmiatori e clienti che in questi anni hanno subito perdite gravissime e si trovano a pagare il conto della malagestio di Zonin e soci, le autorità di controllo hanno permesso all’ormai ex presidente della popolare di Vicenza di giocare fino in fondo la partita della sua stessa successione, mentre gruppi di soci che fanno capo a potentati e interessi locali stanno cercando di coalizzarsi per non perdere la presa sulla banca che rischia di mutare radicalmente pelle con la trasformazione in spa e la quotazione in Borsa che avverrà nei mesi prossimi. Insomma, i giochetti di potere vanno avanti, mentre sul fronte delle indagini ancora tutto tace anche se diversi giorni fa in procura è arrivato il rapporto dell’ultima ispezione condotta dalla Banca centrale europea.
In attesa di sviluppi, vale la pena sottolineare che il consiglio d’amministrazione non si è limitato a prendere atto delle dimissioni di Zonin dalla presidenza e dal consiglio, ma lo ha ringraziato per “la dedizione e l’impegno con cui ha accompagnato la banca negli scorsi venti anni di attività”. Un ringraziamento che alla luce di quanto accaduto ha il sapore della presa in giro verso tutti i risparmiatori che della Vicenza si fidavano e sono rimasti con un pugno di mosche in mano.