Nelle loro abitazioni erano stati trovati documenti e filmati che inneggiavano alla jihad. Ma anche manuali che spiegavano come scatenare la guerriglia in città o come confezionare esplosivi. Per questo quattro cittadini marocchini residenti in provincia di Bologna sono stati espulsi dall’Italia. La Digos sta eseguendo il provvedimento firmato dal ministero dell’Interno Angelino Alfano che ha ritenuto sussistente il pericolo per la sicurezza visti i presunti legami che avevano con il terrorismo. Si tratta delle prime espulsioni dopo gli attentati di Parigi. “Ho firmato questo decreto per motivi di sicurezza dello Stato. Si tratta infatti – spiega il ministro – di quattro soggetti che, a vario titolo, hanno aderito e si impegnavano per la diffusione dell’estremismo violento”.
I cittadini marocchini erano al centro di un’indagine partita da una serie di perquisizioni nel 2012. Erano tutti indagati dal pm Enrico Cieri per addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale. Nelle perquisizioni era stato anche trovato del materiale inneggiante alla jihad, che aveva portato alla richiesta al gip dell’emissione di misure cautelari. Le misure erano state chieste prima dell’estate ma erano state rigettate dal giudice per le indagini preliminari Letizio Magliaro a inizio settembre in considerazione del fatto che il materiale era stato scaricato da internet, e quindi non veniva ritenuto provato che fosse finalizzato ad una azione di indottrinamento jihadista.
Dopo il rigetto, però, dalla procura bolognese era partita la richiesta alla polizia giudiziaria, in questo caso la Digos, di individuare ogni modalità possibile per tutelare la sicurezza nel tempo più rapido. Questo perché oltre al materiale di propaganda trovato inizialmente si era poi trovato altro, come un libretto tecnico operativo per la guerriglia in città e indicazioni per la fabbricazioni di esplosivi, e questo è stato ritenuto dagli inquirenti, “un salto di qualità“. I quattro abitavano nella zona di Casalecchio di Reno, nel Bolognese, e frequentavano un centro di preghiera in via Rigola. Uno dei quattro era ritenuto elemento ‘guida’ religioso. Nell’inchiesta c’era anche un quinto indagato, che nel frattempo risulta già partito per l’Iraq per combattere.
“Uno era l’informatico del gruppo, che diramava on line pratiche religiose e proclami ideologici di orientamento jihadista, canti celebrativi di atti di martirio, manuali sulle tecniche di combattimento e per la realizzazione di attentati”, spiega ancora Alfano. “Un altro navigava sul web alla ricerca di contenuti inneggianti all’odio verso l’Occidente e celebrativi della violenza quale strumento di affermazione dell’Islam. Un altro ancora – prosegue il titolare del Vimianle – manifestava la sua adesione all’ideologia più radicale concorrendo alla diffusione di contenuti funzionali alla formazione operativa degli altri sodali. E infine l’ultimo era strettamente legato al primo, l’informatico, con il quale condivideva la visione estremista dell’Islam”. “Ottima notizia. Mi sembra un provvedimento ben fatto, che testimonia che c’è un controllo da parte della nostra intelligence. Quindi bene, una buona notizia”, commenta il sindaco di Virginio Merola.