Oggi si celebra il compleanno di Baruch Spinoza (nato ad Amsterdam il 24 novembre 1632), figura tra le più affascinanti e fraintese della storia della filosofia.
Viviamo in tempi in cui i grandi pensatori sono spesso vittime di forzature, più o meno grossolane, in chiave pop: pensiamo alle deformazioni grottesche del pensiero di Nietzsche o Schopenhauer, le cui frasi rimbalzano sui social network, fuori contesto, come citazioni da Bacio Perugina. Un destino a cui il filosofo olandese sembra poter sfuggire, grazie alla vasta complessità delle sue dissertazioni.
Spinoza è divenuto, recentemente, uno dei nomi più popolari del web, a seguito del successo del noto blog satirico a lui intitolato.
Molti si saranno domandati: cosa c’entra il solenne pensatore dell’Etica con l’umorismo corrosivo del sito omonimo? Al di là della surreale spiegazione degli autori (“Spinoza è nostro zio”), si può individuare un omaggio simbolico all’assoluta libertà e al coraggio, pagato a care spese, del filosofo.
Pur essendo profondamente calato nel dibattito, successivo a Cartesio, dei suoi tempi, per molti versi la figura di Spinoza rappresenta un unicum nella storia del pensiero europeo. La sua storia delinea una serie di paradossali e illuminanti contraddizioni: pur essendo tra i massimi conoscitori, del suo tempo, della Torah, Spinoza fu espulso dalla comunità ebraica attraverso il più violento cherem (un anatema di censura religiosa) mai pronunciato da un rabbino fino ad allora, per le sue tesi ritenute blasfeme. Una maledizione violentissima, ancora più paradossale se si pensa che il significato del nome Baruch è proprio “benedetto”.
Inoltre, forse proprio essendo un pensatore sui generis, ha ispirato pensatori in totale contrasto, riuscendo a metterli d’accordo almeno sulla stima che nutrivano nei suoi confronti; da Hegel (“essere spinoziani è l’inizio essenziale del filosofare”) a Schopenhauer (che lo definì “uno spirito indubbiamente grande”) a Nietzsche che si definì “sbalordito e incantato”, scrivendo all’amico Franz Overbeck: “Ho un precursore e quale precursore!”. Non ultima prova della sua singolarità: colui che fu accusato di blasfemia nella tollerante Amsterdam nel 1656, è il pensatore occidentale considerato più affine dagli studiosi di mistica orientale.
Senza avere la presunzione di trattare l’oceanica ricchezza del suo pensiero, ci limiteremo a segnalare tre libri che negli ultimi anni testimoniano la grande attualità di Spinoza.
Il primo è Un libro forgiato all’inferno (Einaudi, 2013) dell’eminente studioso spinoziano Steven Nadler: un racconto erudito e appassionato della rocambolesca pubblicazione del Trattato teologico-politico, il testo spinoziano la cui straordinaria autonomia di pensiero destò scalpore non solo nelle bigotte comunità religiose dell’epoca ma anche in un filosofo spregiudicato come Thomas Hobbes. Un libro che vi farà innamorare dell’ardente ricerca della verità che pervade l’opera incriminata.
Il secondo è Il Problema Spinoza (Neri Pozza, 2012) dello psichiatra americano Irvin D.Yalom, che attraverso un montaggio biografico alternato, racconta la vita controcorrente del filosofo e quella di Alfred Rosenberg, il principale teorico nazista della soluzione finale: il più grande antisemita ossessionato per tutta la vita dal genio di una mente ebraica. Un profondo omaggio alla coerenza intellettuale del pensatore e una sorprendente esplorazione delle possibilità d’interpretazione della sua opera.
Per ultimo, La Felicità Possibile (La Cultura della Madre, 2014) del filosofo e studioso di filosofia orientale Duilio Cartocci, brillante testo sulla meditazione, in cui si trovano interessanti spunti per accostare il pensiero spinoziano alla filosofica classica indiana (l’Advaita Vedanta di Shankara) e alle ultime scoperte delle neuroscienze, alla luce degli insegnamenti di Shri Mataji Nirmala Devi.
Tre libri completamente diversi, che ugualmente rivelano l’urgente attualità di un autore universale.