Sarà la più grande fabbrica produttrice di animali da allevamento clonati e aprirà a Tianjin, il porto a poche centinaia di chilometri da Pechino dove ad agosto l’esplosione di un deposito di prodotti pericolosi ha rilasciato nell’ambiente sostanze chimiche non meglio precisate. Secondo l’agenzia di stampa di stato Xinhua, l’accordo da 30 milioni di euro tra Sinica (l’azienda che produce staminali) e Teda (l’area per lo sviluppo tecnologico di Tianjin) sarebbe già stato firmato e la fabbrica dovrebbe aprire i battenti già a giugno 2016. Sulla linea di produzione cani, vitelli, cavalli e “primati non umani”. Si partirà con 100mila capi all’anno per raggiungere il milione. Sinica, assieme alla sudcoreana Sooam, ha già clonato 550 cani da fiuto che lavorano con la polizia negli aeroporti e alle dogane.

Il primo animale ad essere clonato nei nuovi impianti di Tianjin sarà il vitello giapponese. Non uno sfizio dunque, ma il tentativo scientifico di abbassare i costi del manzo di alta qualità, in Cina così raro e dunque costoso. La notizia rimbalza sui media cinesi assieme all’intervista a Xu Xiaochun, presidente e amministratore delegato di Boyalife il gruppo a cui fa capo Sinica. “Vogliamo migliorare gli allevamenti cinesi iniziando dai bovini e dai cavalli”. L’idea è quella di coprire il 5 per cento del mercato cinese della carne da macello di prima qualità.

“Stiamo per percorre un sentiero mai battuto”. ha dichiarato ancora entusiasta al Guardian. “Stiamo creando qualcosa che non è mai esistito prima”. Vero? In parte. Negli Stati Uniti già lo fanno, ma in scala ridotta. Il Parlamento europeo, invece, ha votato a settembre contro l’utilizzo di animali di allevamento clonati perché spesso soffrono di più malattie rispetto a quelli normali. Questo nonostante proprio in Scozia sia stato clonato il primo mammifero: la pecora Dolly. Era il 1996.

La fabbrica-fattoria-macello in questione occuperà 14mila mq. È il risultato della cooperazione tra sinica e la fondazione sudcoreana di biotecnologie Sooam. Insieme hanno già clonato tre cuccioli di mastini tibetani, razza canina pregiata che può arrivare a valere un milione di euro ad animale. La Sooam, che si è specializzata proprio nella clonazione di cani, offre anche il servizio ai cittadini più abbienti. Con 100mila dollari e un campione dei tessuti dell’animale domestico preferito si può riprodurlo in laboratorio. Il punto è che a parte l’estetica, non c’è nessuna garanzia scientifica che il carattere e le abilità del cane madre vengano trasferiti ai suoi cloni. E la storia della Sooam è già macchiata da uno scandalo. Nel 2004 il suo presidente Hwang Woo-suk aveva dichiarato di essere stato il primo ad essere riuscito a far derivare cellule staminali da un embrione umano clonato. Notizia che fu smentita.

La controparte cinese Boyalife, una conglomerata che dal 2009 opera in 16 regioni cinesi, non lavorerà solo sugli animali da allevamento. Secondo quanto comunicato ai media dallo stesso fondatore, a Tianjin si occuperà anche di produrre “modelli malati” di animali di grossa taglia. Secondo Xu Xiaochun sarà “l’unico istituto di ricerca al mondo” a lavorarci. In verità Bgi, un’azienda di Shenzhen, produce già 500 “modelli malati” di maiali all’anno per sperimentare nuovi farmaci. “In Cina facciamo cose in grande scala, ma non inseguiamo solo il profitto. Vogliamo lasciare un segno nella storia” aveva dichiarato Xu ai media l’anno scorso. Un’altra idea è quella di riprodurre specie in via di estinzione. Ed eccoci qui.

Di fatto la Cina lavora alle tecnologie per la clonazione da circa 15 anni, secondo quanto riportato dal quotidiano di Hong Kong South China Morning Post. La costituzione di un’industria di animali clonati è sicuramente un passo importante per fregiarsi del titolo di leader mondiale. Ma nonostante questo sarà difficile convincere i consumatori di un paese devastato dagli scandali alimentari che mangiare manzo clonato non comporta rischi per la salute. Specie se allevato vicino all’impianto chimico esploso lo scorso agosto che ha provocato la morte di 165 persone e rilasciato nell’ambiente un non meglio precisato numero di sostanze chimiche. “Questa carne verrà venduta in Cina?” si domanda un utente di Weibo, il twitter cinese. “Allora forse sarebbe meglio che la assaggino prima i nostri leader”.

di Cecilia Attanasio Ghezzi da Pechino

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