“La strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni” è una frase spesso attribuita a Karl Marx. Sembra tuttavia che il filosofo tedesco l’abbia formulata a partire da altre e più lontane intuizioni. Oggi però se ne potrebbe ribaltare almeno un po’ il senso: e scrivere che la strada per Parigi (per la Cop 21) è lastricata di buone intenzioni e di atti conseguenti. Basteranno a far sì che dal summit francese nasca un accordo globale ambizioso e vincolante per la salvaguardia del clima? È presto per dirlo, ma certo stiamo assistendo a una serie di decisioni politiche che sembrano voler costruire la strada per un futuro di energie pulite, o almeno voler smantellare la solita “pavimentazione fossile”, con cui stiamo drasticamente alterando il clima.

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Da più parti giungono segnali importanti (e definirli tali è per molti aspetti riduttivo): la decisione dello scorso 6 novembre assunta da Obama, che ha fermato la corsa dei petrolieri al greggio artico e che ha messo una pietra sull’oleodotto XL Keystone; o la presa di posizione del Regno Unito, che ha annunciato per il 2025 la fine in patria dell’era del carbone, preceduta di pochi giorni da una decisione analoga presa dall’Austria; o ancora la prima contrazione globale dei consumi di carbone, con la Cina finalmente parte di questo trend. “Segnali”, appunto, a cui si aggiunge la notizia arrivata poche ore fa dall’Alberta, lo Stato canadese patria delle Tar Sands, che deciso di porre un tetto alla produzione di petrolio da queste riserve non convenzionali.

In termini molto concreti, vuol dire che quella che è potenzialmente la più grande riserva petrolifera mondiale verrà sfruttata, da qui in avanti, solo parzialmente. Si continuerà a produrre petrolio solo con le infrastrutture già esistenti e con quelle in via di costruzione. Queste già oggi emettono 100 milioni di tonnellate di gas serra l’anno; ma tra nuovi progetti già approvati, altri in via di approvazione e riserve certe disponibili che avrebbero potuto essere sfruttate, lo Stato canadese lascerà sotto terra ogni anno il corrispettivo di 154 milioni di tonnellate di carbonio. Come a dire: l’Alberta avrebbe potuto peggiorare il suo impatto sul clima del centocinquanta per cento ma non lo farà.

Nel caso delle sabbie bituminose, a beneficiare di ogni politica di contenimento non sarà solo il clima, ma anche il prezioso ecosistema delle foreste boreali del Canada. Per avere un’idea di cosa questo sporchissimo petrolio (quello a maggiori emissioni di CO2) abbia comportato in termini di distruzione, si può leggere qui o qui. Ma oggi si comincia a voltare pagina.

Andrea Boraschi, Responsabile Campagna Energia e Clima – Greenpeace

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