Si tratta di 20 ettari nel Comune di Vizzolo Predabissi dove sono accumulati, dal 1989 e per almeno 14 anni, tonnellate e tonnellate di rifiuti. Nel marzo del 2015 i tecnici la giudicano “notevolmente compromessa”
Una discarica di rifiuti solidi urbani esaurita, distribuita su 20 ettari, che raccoglieva spazzatura da tutta l’area meridionale milanese, è sotto la lente della magistratura. L’Arpa ha infatti scoperto che rilascia percolato. Siamo a Vizzolo Predabissi, in provincia di Milano. Da lontano l’area appare quasi come un quadretto bucolico: collinette ricoperte di verde e di alberi ad alto fusto, affacciate sul fiume Lambro. Ma lì sotto si sono accumulati, dal 1989 e per almeno 14 anni, tonnellate e tonnellate di rifiuti in arrivo dal Milanese. Dal 1996 al 1999 fu conferito pure, in via straordinaria, il pattume frutto della cosiddetta emergenza rifiuti lombarda, gestita dall’allora commissario, nonché presidente della Regione, Roberto Formigoni.
Il sito è chiuso da almeno 12 anni, ma la discarica non è ancora “mineralizzata”, come si dice in gergo, ovvero inerte e continua a produrre percolato e sino a qualche tempo fa biogas. A inizio 2015 i tecnici del comune di Vizzolo Predabissi scoprono che qualcosa non va e allertano gli ispettori dell’Arpa. I quali, dopo un sopralluogo, redigono una relazione piuttosto allarmata, che trasmettono immediatamente alla Procura della Repubblica competente, ovvero quella di Lodi, che ha da poco iniziato ad indagare per illecito ambientale.
Nel marzo del 2015 l’Arpa giudica la discarica “notevolmente compromessa” in quanto l’impianto di depurazione del percolato risulta fermo, con evidente presenza del liquido inquinante nelle vicinanze degli scoli del “corso idrico superficiale”. Inoltre le vasche di raccolta risultano “piene al colmo”, tant’è che dal fondo delle stesse, attraverso fessure, il percolato fuoriesce e si incanala nella rete delle acque piovane. I tecnici segnalano quindi una particolarità: la tubazione di scarico delle acque meteoriche, che vanno a finire nel fiume Lambro, nonostante l’assenza di precipitazioni al momento del sopralluogo e per almeno le 24 ore precedenti, presentano “un notevole reflusso di refluo liquido di colore marrone scuro e odore putrescente, verosimilmente costituito da percolato di discarica”.
Nel frattempo la partita si gioca anche tra carte bollate. Le istituzioni, Comune di Vizzolo supportato da Città metropolitana di Milano, intimano ai privati ed in particolare a Vizzolo ambiente Srl proprietaria del sito, di riprendere a occuparsi della discarica, ovvero a bonificare il percolato e a pompare il biogas. Di quest’ultimo aspetto se ne occupava Cofely Italia spa, che aveva impiantato una centrale di cogenerazione e ricorre al Tar della Lombardia sostenendo, tra le altre cose, che il “contratto” con la proprietà era scaduto il 31 dicembre 2014. I giudici amministrativi con ordinanza depositata la settimana scorsa, non hanno potuto far altro che optare per una “sospensiva” e prendersi altri 30 giorni per studiare meglio il caso. Non si riesce a capire chi abbia effettivamente ragione e chi torto. Nel frattempo, il percolato è presumibile che continui a colare nel fiume Lambro.
Città metropolitana, nell’atto di resistere alla causa che gli è stata intentata innanzi al Tar, ha evidenziato che “il mancato adempimento delle prescrizioni in oggetto avrebbe aggravato la situazione ambientale, con pericolo per la salute pubblica e l’ambiente”. “In effetti – aggiunge Anna Scavuzzo, Consigliera delegata all’ambiente in Città metropolitana – la situazione è critica ma le istituzioni stanno intervenendo per evitare che la questione si aggravi ulteriormente”.
Il Comune di Vizzolo ha incassato il milione di euro depositato come fideiussione da Vizzolo Ambiente al momento della stipula della convenzione, e sta valutando come spendere quei soldi per intervenire d’urgenza. “Certo non basteranno – dice il sindaco Mario Mazza – ma quel che scoraggia è il dover rimediare a carenze non nostre, con l’amministrazione pubblica che dovrà intervenire usando risorse di tutti”. “Esigiamo provvedimenti concreti e una chiara informazione su eventuali rischi per le comunità” dice la Consigliera comunale del Movimento 5 Stelle di Vizzolo Viola Policriti, che aggiunge: “Chiediamo una caratterizzazione dei rifiuti presenti nel sito, un’indagine geoelettrica per verificare la dispersione del percolato in falda e un piano di monitoraggio dell’aria”.
Il problema è che la discarica, non avendo ancora raggiunto la mineralizzazione, continua ad essere un pericolo ma anche un affare davvero poco interessante per il privato, col biogas in esaurimento e litri e litri di inutile percolato da dover smaltire e depurare. “Quando è nata, ovvero negli anni ’80 – spiega il sindaco Mazza – questa, come altre discariche sorte da ex cave, secondo la legge di allora doveva avere una vita media di 14 anni. L’anno scorso Regione Lombardia ha elevato questo termine a 30 anni, ma già in letteratura scientifica c’è chi dice che un sito del genere deve essere presidiato per almeno 50 anni”.
Ma a chi fa del business coi rifiuti o la bioenergia poco interessa una discarica esaurita e che inquina. “Il fatto è che i piani finanziari delle aziende che si occupano di questi siti dovrebbero essere meglio calcolati e bilanciati con risorse opportune, perché occorrerà fargli da bagli per decenni” spiega l’ingegner Rinaldo Marforio, ex professore del Politecnico di Milano che per il comune di Vizzolo è perito di parte proprio per la discarica del paese. “Tutto si gioca sul fattore tempo” aggiunge Marforio che continua: “In effetti io da scienziato non mi sento di sbilanciarmi, indicando quale possa essere il limite effettivo di vita di un sito del genere, ma del resto le leggi che negli anni si sono succedute lo continuano a posticipare in avanti”. Ci si era illusi che la discarica di Vizzolo avesse vita breve? Purtroppo non è stato così.