Fallout ha sempre messo in scena un’umanità sul punto di estinguersi, fragile, spietata con i suoi simili, causa dello stesso male che ha reso l’esistenza sul pianeta una logorante lotta contro tutto e tutti. La saga, nata nel 1997 come gioco di ruolo in tutto e per tutto, nelle mani di Bethesda si è tramutata in un vero e proprio fenomeno culturale. Il terzo capitolo ufficiale, pubblicato su PlayStation 3 e Xbox 360, ha rivoluzionato approccio e concezione degli open world, evolvendo il gameplay del brand nella direzione degli sparatutto in prima e terza persona.
Pur lontano dalla raffinatezza narrativa esibita in altre avventure interattive, produzioni come Heavy Rain, The Last of Us e L.A. Noire, che fanno di regia e recitazione digitale i loro cardini, Fallout 3 ha saputo creare un immaginario tanto credibile quanto toccante. Rigiocandolo oggi si respira la stessa atmosfera, desolante e disperata, tratteggiata magistralmente nel film The Road, adattamento cinematografico dell’omonimo (e straordinario) romanzo di Cormac McCarthy. Mentre si rovistava tra le macerie in cerca di scorte di cibo e armi con cui difendersi dagli abomini generati dalle radiazioni, si esplorava il pianeta Terra di duecento anni avanti nel futuro, avvolto e soffocato in un persistente inverno nucleare.
Fallout 4, da poco pubblicato su PlayStation 4, Xbox One e PC, ci ripropone, quasi immutata, buona parte di ciò che rese grande il predecessore. Lo fa mettendoci nei panni di un personaggio che l’olocausto nucleare l’ha appena intravisto, poco prima di cadere in un sonno criogenico da cui si è risvegliato “invecchiato” di due secoli, privo di moglie, brutalmente assassinata da feroci predoni, e del figlio, ignobilmente sequestrato per chissà quale motivo. Fuoriuscito dal bunker che lo ha prima preservato alla distruzione di massa e tenuto prigioniero poi, il protagonista, di cui potrete modellarne le fattezze tramite l’apposito editor, si ritroverà in un Commonwealth liberamente esplorabile. La mappa, sconfinata ma non hai livelli di quella di The Witcher 3, è un pullulare di missioni, personaggi secondari e nascondigli in cui reperire armi e nuovo equipaggiamento.
Fallout 4, del resto, è prima di tutto un’intensa avventura da vivere costantemente con il fiato in gola. Tra piogge radioattive, gigantesche creature poco amichevoli e banditi in ogni dove, la sopravvivenza non è affatto scontata. Per avere la meglio in ogni situazione bisogna distribuire saggiamente i punti abilità guadagnati salendo di livello, recuperare quando possibile cibo commestibile, magari costruire un accampamento fortificato utilizzando le risorse trovate. Questa anima del gioco, che strizza un po’ l’occhio a Minecraft e vi pone nel ruolo ideale di capo villaggio, è l’unica vera novità di questa iterazione. Totalmente facoltativa rispetto al ritrovamento del figlio del protagonista, fine ultimo dell’avventura, ha il pregio di acutizzare le smanie di esplorazione che inevitabilmente si manifesteranno nel videogiocatore che intende completare in ogni ambito il gioco.
Longevo, coinvolgente, appassionante: Fallout 4 è un gioco che sa divertire e allo stesso tempo sollevare tematiche tutt’altro che scontate legate alla sopravvivenza della nostra specie. Peccato sia fin troppo simile al predecessore. Si combatte alternando sparatorie in pieno stile FPS ad attacchi in cui il tempo viene sospeso e il successo degli attacchi dipende totalmente dai parametri del personaggio, come in passato; si continua a vagare per lande desolate e radioattive, come in passato; si accettano missioni di difesa ed eliminazione di diversi target, come in passato. Persino il comparto grafico, a ben vedere, non è così evoluto rispetto a una generazione di console fa. E questo è il motivo per cui Fallout 4 è “solo” un bellissimo gioco, ma non capolavoro assoluto come il predecessore.
Lorenzo Fazio